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La ricostruzione del delitto:
Pamela colpita con coltellate
I telefoni decisivi nel giallo

ORRORE A MACERATA - Dalla perizia preliminare del medico legale emerge che le ferite al fegato e alla testa sono prova che la giovane è stata uccisa. I cellulari legano i tre fermati alla casa di via Spalato 124. Due di loro hanno comprato la candeggina la mattina successiva alla morte della 18enne. Il legale di Desmond Lucky: «Hanno tratto conclusioni definitive da una perizia non ancora depositata»

Da sinistra in senso orario: Desmond Lucky e Lucky Awelima, il procuratore Giovanni Giorgio e Pamela Mastropietro

 

di Gianluca Ginella

Due ferite al fegato e una alla testa sono gli elementi che provano, per il medico legale, che Pamela Mastropietro è stata uccisa. Coinvolti, presunti complici del delitto, tre nigeriani che certamente, secondo gli inquirenti, si conoscevano. A incastrarli come le tre persone presenti all’interno della casa dove la 18enne è morta ed è stata fatta a pezzi ci sono le celle telefoniche, i contatti tra loro, il fatto che due degli indagati la mattina del 31 gennaio sono andati ad acquistare della candeggina. E poi c’è il fatto che uno di loro, secondo alcune fonti il giorno successivo ai fatti, si è allontanato da Macerata. Per i carabinieri è una fuga. Le indagini comunque proseguono anche per individuare il movente del delitto, tra le ipotesi c’è quella della violenza sessuale.

La Scientifica sul luogo dove è stata ritrovata la valigia con il cadavere

E’ un mattina insolitamente calda nel cuore dell’inverno quando qualcuno nota due trolley gettati a lato di una strada che lascia la zona industriale di Casette Verdini di Pollenza e tira dritto verso la campagna già verde. Lì, in via Dell’Industria, c’è sulla destra una cancellata che, percorso un viale che sale in cima ad una collinetta, porta ad una grande villa. È di fianco alla cancellata che un automobilista nota i trolley e pensando a qualche furto chiama la polizia locale di Pollenza. Quando gli agenti aprono le due valigie scoprono un corpo fatto a pezzi. I carabinieri intervengono (indaga il Nucleo investigativo del Reparto operativo) e chiudono la strada dando il via ai rilievi. Acquisiscono anche le telecamere della zona che però non hanno ripreso nulla. Le indagini si concentrano subito sulle persone scomparse e c’è quella ragazza romana di 18 anni che lunedì 29 gennaio, quindi due giorni prima, ha lasciato la comunità Pars dove era ospite dal 18 ottobre 2017 e, tirandosi dietro un trolley rosso e blu, si è allontanata facendo perdere le tracce.

Pamela Mastropietro

Con sé la giovane, Pamela Mastropietro, non ha nemmeno il cellulare e non ha soldi. A questo punto sono decisive due testimonianze per indirizzare le indagini dei carabinieri, comandati dal colonnello Michele Roberti. Una è quella di una farmacista che dice di aver visto la ragazza in compagnia di un uomo: era nella sua farmacia e ha comprato una siringa da cinque millilitri. La seconda è quella di un camerunense che, sentite le notizie di quello che c’era nel trolley, va in questura a dire che la sera prima, alle 22, è stato contattato telefonicamente da un nigeriano che conosce, Innocent Oseghale. Dice anche di essere passato a prenderlo sotto una palazzina di Macerata, in via Spalato 124 e di averlo accompagnato in via Dell’Industria dove poi Oseghale ha scaricato due trolley. L’uomo viene rintracciato mentre viene ricostruito il tragitto fatto dalla ragazza per arrivare da Corridonia a Macerata. Iniziano le perquisizioni in casa di Oseghale, un uomo di 29 anni, con il permesso di soggiorno scaduto, una figlia piccola e una moglie, italiana, che non vive con lui.

Innocent Oseghale

L’uomo alle spalle ha anche un arresto per spaccio ai Giardini Diaz di Macerata. Oseghale viene fermato e portato in carcere. L’accusa è omicidio volontario, vilipendio e occultamento di cadavere. Nell’indagine entra anche Desmond Lucky, 22 anni, che viene chiamato in causa da Oseghale che dice che Pamela gli aveva chiesto della droga, eroina, sostanza che lui non spaccia. Dice di aver contattato Lucky che poi aveva raggiunto lui e la ragazza allo stadio dei Pini e lì gli aveva ceduto la droga. A questo punto però non se ne sarebbe andato ma sarebbe salito in casa con la 18enne e Oseghale. La posizione di Lucky si aggrava fino al fermo, ieri, per concorso in omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere. Emerge poi un dettaglio: Oseghale e Desmond Lucky la mattina del 31 gennaio sono andati in un negozio per acquistare diversi litri di candeggina. Vengono svolte analisi tecniche sui telefoni in uso ai due nigeriani, ai contatti avuti il 30 gennaio, e a quali telefoni avessero agganciato la cella che copre la zona di via Spalato 124. Sui cellulari di entrambi salta fuori un numero, salvato con due nomignoli diversi: in uno è Isha boy, nell’altro è Lucky 10. Dietro quei soprannomi, secondo i carabinieri, si nasconde Lucky Awelima. Un 27enne che, da quanto emerge, il giorno dopo i fatti parte in direzione della Lombardia dove, a Cremona, ha la moglie. Awelima, che in Nigeria faceva il piastrellista, ieri viene rintracciato alla stazione di Milano, sta insieme alla moglie, estranea ai fatti, ed è pronto a lasciare l’Italia in direzione della Svizzera.

I medici legali Mariano Cingolani (a destra) e Roberto Scendoni

Tre uomini che sarebbero, per la procura, gli autori del delitto e del modo efferatissimo usato per far sparire il cadavere. L’autopsia bis svolta dal medico legale Mariano Cingolani ha chiarito, con una relazione preliminare giunta ieri sera nelle mani degli inquirenti, che la ragazza è stata uccisa: ci sono a provarlo due fendenti all’altezza del fegato, e una ferita alla testa, sulla tempia, questa non mortale. I contatti tra i tre nigeriani, il fatto che le celle telefoniche li collochino nella zona di via Spalato in un orario che, da quanto emerge, sarebbe compatibile con il delitto, porta gli inquirenti a ritenere, insieme anche ad alcune testimonianze (alcune di connazionali dei tre fermati), che siano tutti e tre legati nella terribile fine di Pamela. Sul movente gli esami sui reperti biologici potranno dire se sia legato ad una violenza sessuale. I ruoli avuti dai tre uomini sono da definire. In particolare chi abbia tra loro le conoscenze per fare a pezzi il corpo della ragazza nel modo in cui è avvenuto, una operazione che qualcuno ha svolto in una maniera definita «scientifica» dagli inquirenti. Altro aspetto sarà stabilire quale sia stata l’arma usata per uccidere la giovane e se possa trattarsi di quel coltellaccio di 20 centimetri di lama trovato, insieme ad una mannaia, nella casa di Oseghale. I tre fermati non ammettono niente, anzi negano con forza. Il legale di Desmond Lucky, l’avvocato Gianfranco Borgani: «Hanno tratto conclusioni definitive da una perizia non ancora depositata, non si sa la causa della morte né che sia stato in quell’appartamento perché i Ris devono ancora dare l’esito degli esami. C’è ancora molto da fare nell’indagine». Una indagine che si è mossa velocemente, quella coordinata dal procuratore Giovanni Giorgio, che ha consentito di far luce su di un episodio dell’orrore ma che proseguirà ora con i risultati attesi dai laboratori, sia quelli relativi ai tanti campioni prelevati, sia quelle informatiche e telefoniche, sia quelle dell’autopsia.

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