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Collezionista di treni d’epoca
sistema un fabbricato dismesso:
«Sarà il museo del trasporto ferroviario»

FALCONARA - L'anconetano Giorgio Moreschi sta concretizzando il suo sogno a Rocca Priora. Ebbe la prima locomotiva in regalo per la maturità. Burocrazia permettendo, l'esposizione potrebbe essere aperta nel 2020. Appello per alcuni mezzi conservati in un sito nel rione Villanova, chiuso da anni dopo l'acquistato dall'Api. L'assessore Rossi disposto a fare da tramite

Uno dei treni di Moreschi

di Giampaolo Milzi

Dai piccoli trenini di latta o di plastica dura degli anni ‘50 che faceva girare fantasticando nella sua cameretta, a quelli veri, grandi, in legno, ferro e acciaio, da salvare dai “binari morti” e mostrare al pubblico. E’ un parabolico, virtuoso sogno, quello che l’anconetano Giorgio Moreschi sta concretizzando, sempre con la stessa immutata grinta e passione: la nascita del Museo del Trasporto Ferroviario, uno dei pochissimi in Italia, capace di raccontare po’ della storia della movimentazione di passeggeri e merci su rotaia nel nostro Paese. Una storia di cui l’importante polo FS di Falconara Marittima rappresenta un capitolo importante. E dunque, coerentemente, con lo stesso spirito ludico che lo caratterizzava da bambino, Moreschi, che ha superato da un po’ i 65 anni, “gioca seriamente in casa”, per realizzare il suo mega progetto. Dopo aver fondato da anni una Fondazione (costituita da una trentina di soci) e collezionato da una vita decine di “pezzi d’epoca pregiati” da esposizione, tra cui una locomotiva col fumaiolo, sta lavorando per sistemare e attrezzare un fabbricato dismesso proprio nel territorio municipale di Falconara.

Nell’hinterland alle spalle di Rocca Priora, a margine della via Clementina, che s’interna nella pianura verdeggiante incontaminata dove spunta a sorpresa il vecchio mulino “Santinelli” del XVII secolo, intersecata da piste ciclabili, vicino al parco pubblico del Cormorano e a un campo da rugby. «Una localizzazione ideale, col museo capace di valorizzare una zona già di per sé bellissima, e di attrarre migliaia di cittadini, studenti e turisti anche dall’estero, specialmente dall’Inghilterra», sottolinea Moreschi. Taglio del nastro fissato entro il 2020, forse un’apertura-anteprima per qualche giorno già il prossimo autunno. Per allora dovrebbero essere pronti e luccicanti una ventina di mezzi – tra locomotive a vapore, elettriche, diesel; vagoni merci, passeggeri ed ad uso speciale – e anche divise da capostazione e capi d’abbigliamento dei ferrovieri, oltre a strumenti da lavoro come palette, fischietti, biglietti, e poi foto d’epoca di stazioni, caselli, passaggi a livello, cartine topografiche, documenti progettuali. Un gioco serio, va ribadito. Tant’è che nel capannone (affittato dalla ditta “Lucchetti”, che vendeva articoli per la casa all’ingrosso) si inizia già a respirare aria d’altri tempi. Vi sono già stati sistemati una motrice a tre assi con rimorchio (tipo carro), modello Fiat 693NIZ, popolarmente ribattezzata “Coccodrillo”, e tre rimorchi autonomi del 1969 e 1970, tutti perfettamente lustri e funzionanti.
Un’impresa di livello nazionale. Già, ma un’impresa mica facile. C’è tanta, troppa burocrazia di mezzo, c’è da finire di riassestare il capannone, servono quattrini, più di 10mila euro. E in quel capannone vanno trasportati e posizionati, in parte restaurati, gran parte degli affascinanti macchinoni un tempo sferraglianti che prima Moreschi e poi la Fondazione hanno acquistato in giro e salvato dalla rottamazione. «Il capannone l’abbiamo già quasi tutto ristrutturato, ora inizieremo a rimettere a posto la bellissima area esterna e ad organizzare il trasferimento dei mezzi ferroviari. Contiamo sull’appoggio del Comune di Falconara, in particolare dell’assessore Clemente Rossi, e di qualche sponsor», spiega Moreschi. Molte “perle” del futuro museo sono da tempo “in stallo” nel piazzale antistante e retrostante il negozio “Duca Gomme” (proprietà Contini), lungo la strada statale 16, vicino al petrolchimico Api. A cominciare da quella che forse è la perla più bella, che fa tornare Moreschi un po’ bambino. «Quando ottenni la maturità classica, mio padre mi chiese se per regalo desiderassi un’automobile. – racconta – Io, con suo grande stupore, gli chiesi una locomotiva. Trovammo una Maffei del 1909. Era in uso negli zuccherifici di Parma, Rovigo e Crevalcore. Dismessa da anni, mio padre la pagò a peso: 750mila lire per 14 tonnellate».
Alcuni esempi degli altri mezzi in giacenza in area Duca Gomme-Contini – parte della mega-collezione Della Fondazione di Moreschi – un po’ tutti da riaggiustare (in parte visibili dalla strada), ma per alcuni basteranno solo un lifting, una mano di vernice e una bella ripulita: una locomotiva del 1904 acquistata dalle FS, che per 15 anni è stata una vera attrazione al parco Kennedy di Falconara; almeno altre cinque locomotive di varia datazione e tipo, un carrello (un tempo tutti in sosta presso la vecchia ex Officina compartimentale impianti elettrici delle Ferrovie, ai margini del quartiere falconarese di Villanova).
Infine Moreschi deve recuperare una ulteriore locomotiva antica, sua da un pezzo: forgiata nel 1924, pesa 120 tonnellate ed è ferma da troppi anni ad Ancona, su un binario morto vicino all’Ufficio manutenzioni rotabili FS in via Mattei.
Tutti i mezzi fino ad ora citati sono vincolati dalla Soprintendenza unica delle Marche, come beni di valore storico, e quindi vanno tutelati per legge. «E’ quello che abbiamo sempre fatto, noi li abbiamo segnalati tutti alla Soprintendenza, di cui sono ispettore onorario – spiega l’avvocato jesino Marco Cercaci, consulente scientifico del progetto espositivo – e proprio per proteggerli meglio li sposteremo nel nuovo Museo della Fondazione»”. L’ambizioso progetto espositivo prevede la realizzazione di un percorso che affianca in parallelo la storia dei treni a tre significativi momenti della storia nazionale e locale: l’Unità d’Italia, la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Di più. Moreschi è intenzionato ad inauguravi una sezione speciale dedicata a mezzi d’epoca dei vigili del fuoco: «E’ una vera mania per me questo tipo di collezionismo, ne ho tanti anche di quelli, tra cui un’autopompa Fiat modello 515 del 1931 conservata in un garage ad Ancona”. E non finirebbe qui. Moreschi o la Fondazione sono proprietari di altri mezzi ferroviari – locomotive, vagoni e carrozze “da cartolina”, databili dal 1900 al 1950 circa – fermi nella quasi “mitica” ex Officina FS Squadra Rialzo, in un sito nel rione Villanova confinante col petrolchimico Api. Un bell’edificio in muratura e mattoncini rossi dove fino al 2006, oltre a visite guidate, si sono tenuti una trentina di spettacoli, teatrali e alcuni musicali. Poi, dal 2007, quando l’Api ha acquistato tutto il sito, la festa è finita. L’ultima vera visita guidata tre o quattro anni fa, organizzata da Fai. Poi l’acceso consentito solo in una occasione a poche decine di fortunati. Perché? “Ottenere autorizzazioni all’Api per eventi e visite è diventato sempre più difficile. Problemi burocratici, di sicurezza per il pubblico, risposte un po’ vaghe, tipo vedremo, forse in futuro. Tanto che il Fai ha rinunciato. – risponde Clemente Rossi, assessore all’Urbanistica del Comune di Falconara – Ma prometto che entro questa estate, in collaborazione con Moreschi, tornerò formalmente alla carica affinché l’ex Rialzo torni ad essere almeno qualche volta un polo museale, sarebbe una fenomenale occasione di attrazione turistica».
Moreschi: «Certo, una volta concretizzato il sogno del nostro Museo del Trasporto Ferroviario a Rocca Priora, ho anche la speranza, un domani, di convincere la dirigenza Api a creare con noi un circuito di visite ancora più attrattivo, grazie all’apertura al pubblico, magari con la nostra piena collaborazione, del secolare edificio dell’ex Rialzo».

 

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