facebook rss

Ceriscioli vuole fare il commissario
Ci vuole coraggio…

IL COMMENTO di Fabrizio Cambriani - Il governatore delle Marche chiede pieni poteri per la ricostruzione al "Conte due". Dove è stato in tutto questo tempo? Si è chiesto perché né Renzi né Gentiloni, presidenti del Consiglio del suo stesso partito, non lo avevano ritenuto all'altezza?

 

 

di Fabrizio Cambriani

Molto probabilmente, il presidente della Regione Marche, Luca Ceriscioli, in questi giorni deve essere venuto a conoscenza del fatto che, circa tre anni fa, nel cuore dei Sibillini c’è stata una spaventosa crisi sismica con numerosi e notevoli movimenti tellurici che hanno prodotto danni ingentissimi a persone e cose. Molto probabilmente, esso presidente, deve aver scoperto pure di essere il governatore della Regione Marche fin dalla primavera del 2015. La combinazione di questi due elementi tuttavia, deve aver provocato una particolare reazione chimica che ha generato nel governatore ridens uno stato di iperattivismo che Mandrake scansati…
In un momento di particolare ispirazione, Ceriscioli, appellandosi al presidente del Consiglio Giuseppe Conte (però il Conte due, che il Conte primo, si sa, era un noto incapace…) lo ha omaggiato dei sui pregiati consigli riguardo alla ricostruzione. Come Salvini al Papeetee Beach, Ceriscioli ha chiesto subito pieni poteri, pretendendo per sé medesimo la carica di commissario straordinario alla ricostruzione. Quindi, ha enumerato, estraendo come il mago Silvan dal cilindro, ben cinque punti magici per la riedificazione, in men che non si dica, di tutto il centro Italia, isole comprese: a) l’assegnazione agli Uffici speciali per la ricostruzione del personale necessario b) la semplificazione delle procedure per l’edilizia privata e produttiva; c) la tutela dei lavoratori; d) le modifiche delle procedure per le opere pubbliche; e) la costituzione di un tavolo istituzionale per lo sviluppo delle aree terremotate.

Luca Ceriscioli

Ora se uno volesse fare il pignolo domanderebbe al presidente Ceriscioli dove egli sia stato per tutto questo tempo. Stiamo parlando di oltre mille giorni – mica due settimane – dalla prima, mortale scossa del 24 agosto 2016. Se si volesse buttarla in improduttiva polemica, chiunque si chiederebbe come mai questo preziosissimo contributo di idee non sia emerso subito dopo la crisi sismica e soprattutto perché non sia stato immediatamente tradotto in leggi, decreti e ordinanze così come si conviene in circostanze come questa. Volendo andare ancora a fondo qualcuno potrebbe pure rilevare che il governatore delle Marche, la regione più colpita dai numerosi terremoti, avrebbe avuto tutta l’autorevolezza – ma anche l’autorità – per imporre sui tavoli decisionali le sue idee. Le sue esigenze. Le sue legittime richieste. Che, in fondo, erano quelle della sua comunità, quindi le nostre. All’opposto non ha mosso un sopracciglio. Nemmeno all’indomani dell’approvazione del decreto sulla ricostruzione, l’ormai famigerato 189. Un coacervo inestricabile di norme a dir poco cervellotiche, criticato nell’impianto e nei contenuti da tutti gli amministratori locali interessati. Invece, a fronte delle numerose proteste e sollecitazioni, niente, neanche una parola. Quando ci sarebbe voluto un operoso lavoro di rielaborazione e riedizione dell’intero decreto da parte dell’ufficio legislativo regionale. Con il coordinamento dei parlamentari che invece non sono mai stati nemmeno contattati come si doveva. Parimenti, Ceriscioli non ha proferito sillaba quando il suo pupillo (pro tempore, si intende), Matteo Renzi, nominava come commissario alla ricostruzione Vasco Errani, non per chissà quali particolari meriti riedificatori, ma solo per compensare e vieppiù sedare la minoranza interna del suo partito.

Il commssario Vasco Errani con il presidente Luca Ceriscioli e (al centro) il sindaco di Castelsantanagelo Mauro Falcucci

«Sono convinto che Errani sia una persona in grado di accompagnare bene questo percorso con piena dedizione, grande esperienza e vicinanza al territorio. Lo conosco bene, è una persona molto capace e questo mi sembra uno dei requisiti principali che un commissario debba avere. Errani ha una cultura del territorio che non è banalmente legata al fatto di essersi occupati di enti locali, ma al fatto di saper cogliere tutti gli elementi di cui una realtà ha bisogno per poter ripartire: certamente parliamo delle case per chi non ce l’ha più, ma anche di un tessuto economico che va ripristinato». Così ebbe a dichiarare all’urbe e all’orbe, il governatore Ceriscioli, il dì 2 settembre dell’anno del Signore 2016. Il giudizio di Errani sull’operato del governo delle Marche è racchiuso in una registrazione di una riunione a porte chiuse, con i sindaci datata 26 febbraio 2017.
«Bisogna darsi una governance totalmente differente (…) non riusciamo ad andare avanti su alcune cose: macerie, stalle, casette. Questa non è ricostruzione, questa è la gestione dell’emergenza. Bisogna cambiare, sennò non ce la faremo. Non esiste il fatto che per cominciare a fare le casette – che non è quello che devo fare io – sia attende il fabbisogno di tutte le casette. Non esiste che per fare le stalle bisogna metterci tutto questo tempo. Non esiste!»
Oggi, a distanza di tre anni, il governatore Ceriscioli chiede al presidente Conte di poter ricoprire l’incarico di commissario straordinario alla ricostruzione. Omettendo di domandarsi perché sia Renzi quanto Gentiloni, due ex presidenti del Consiglio, peraltro del suo stesso partito, il Pd, non lo hanno ritenuto all’altezza di questo ruolo.
Non so perché, ma a me viene in mente il titolo del famoso settimanale “Cuore” dell’8 aprile 1991.

Ceriscioli, auto-candidatura a Conte: «Nominare i governatori commissari alla ricostruzione»

</

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page




X