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Bronco in 3D costruito nelle Marche
salva la vita a un bambino

A REALIZZARE la protesi è stata l'azienda Prosilas di Civitanova che ha utilizzato un materiale innovativo e comprato un macchinario ad hoc. La titolare: «E’ stata necessaria una lunga preparazione e sperimentazione. Una sfida che siamo contenti di aver vinto». L'intervento realizzato all'ospedale Bambin Gesù di Roma

 

Il bronco artificiale

di Laura Boccanera

Un bronco artificiale realizzato a Civitanova, in materiale biocompatibile e riassorbibile salva la vita ad un bambino di 5 anni. Il miracolo di Natale arriva proprio da qui e dall’ospedale Bambin Gesù di Roma e racconta una storia fatta di speranza, di ricerca e di grande capacità. E’ andato a buon fine l’impianto di un dispositivo in grado di curare la tracheomalacia, una malattia rara caratterizzata da una condizione di eccessivo collasso delle vie aeree durante la respirazione che può portare ad arresti cardiopolmonari potenzialmente letali.

Vanna Menco titolare di Prosilas rapid prototyping

Ne era affetto un bambino di 5 anni per il quale i medici stavano cercando, tramite ricerca e innovazioni tecnologiche un modo per salvargli la vita risparmiandogli di rimanere attaccato ad un respiratore. La scienza applicata però non era allo stesso passo della ricerca sui materiale e non esisteva uno “stent” in grado di agevolare la respirazione e far superare la criticità. I ricercatori però non si danno per vinti e inviano a 30 aziende che si occupano di stampaggio 3D una richiesta per la realizzazione di un bronco artificiale mediante un materiale biocompatibile, in grado di crescere col corpo del bambino senza spezzarsi e provocare emorragie e riassorbile senza danni. Inviano la richiesta in tutta Europa, ma nessuna realtà industriale è attrezzata per realizzare un dispositivo del genere. Fino a quando da Civitanova risponde la Prosilas. A capo dell’azienda Vanna Menco, 36 anni che decide, nonostante il progetto sia complesso e richieda ore di ricerca e accuratissimi test che dovevano essere validati anche dal Ministero della Salute di provarci comunque: «ci rendevamo conto che eravamo di fronte ad una cosa talmente straordinaria che valeva comunque la pena provare – spiega l’imprenditrice – Nel 2017 ricevemmo la prima richiesta di realizzazione di uno stent in policaprolattone da parte di un ricercatore dell’ospedale Bambin Gesù di Roma. Fino a quel momento non avevamo mai sentito parlare di policaprolattone. Credendo nel progetto, decidemmo di investire in ricerca e sviluppo lavorando sulle proprietà del materiale ed acquistando un nuovo macchinario interamente dedicato al progetto, poi dall’idea al dispositivo sono passati sei mesi. L’intervento è stato eseguito lo scorso 14 ottobre da Adriano Carotti, responsabile dell’Unità di Funzione di Cardiochirurgia Complessa con Tecniche Innovative dell’ospedale romano, in collaborazione con i chirurghi delle vie aeree del Laryngo-Tracheal Team, diretto da Sergio Bottero. Dopo 10 giorni il bambino è tornato a casa e ora ha superato anche il periodo di un possibile rigetto. Lo stent è stato realizzato utilizzando tecnologie di stampa 3D partendo proprio da questo materiale innovativo, già noto, ma che ancora nessuno aveva stampato in 3D: «è stata necessaria una lunga preparazione e sperimentazione soprattutto per ottenere risultati in termini di sterilizzazione – continua l’imprenditrice – abbiamo fatto test di tenuta, è stata una bella sfida che siamo contenti di aver vinto per quello che c’era in gioco: la vita di un bambino». Un intervento sperimentale, primo in Europa e che apre la strada ad altre applicazioni in campo biomedicale di straordinaria rilevanza per il mondo scientifico e clinico. Al progetto hanno collaborato moltissime realtà: in primis la Prosilas con Giulio e Vanna Menco, rispettivamente Direttore Tecnico e amministratore di Prosilas, ma il progetto ha coinvolto il  dipartimento di Diagnostica per Immagini di Aurelio Secinaro e l’unità di innovazione e percorsi clinici, l’Università di Modena e Reggio Emilia per i test di resistenza e ovviamente i chirurghi del Bambin Gesù.

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