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Baristi e ristoratori:
«Non accettiamo più di essere
lo specchietto per le allodole di nessuno»

LA POSIZIONE del mondo della ristorazione in merito alle zone arancioni innescate in provincia: «Non possiamo più permetterci ulteriori perdite dovute all’acquisto di merci reperibili che poi vanno gettate»

Piazza del Papa nel primo giorno di coprifuoco

 

«Siamo da sempre sostenitori di una differenziazione territoriale con lockdown localizzati e mirati laddove esistano serie e concrete situazioni di rischio epidemiologico. Simili misure possono essere adottate solo qualora riescano a contrastare la pandemia da un lato e a permettere una convivenza con il virus e la sopravvivenza economica delle nostre imprese dall’altro. Il buon senso vorrebbe però che qualora si verifichino situazioni del genere (sono giorni che i dati pubblicati ci parlano del pericolo), ci si organizzi in maniera tale da non sbandierare prima la permanenza in zona gialla dell’intera regione per poi – a distanza di poche ore – mettere mano a chiusure particolareggiate. Sono mesi che subiamo decisioni dall’alto che ci danneggiano. Oggi che c’è la possibilità di avere un maggior controllo del territorio e un maggiore coinvolgimento degli enti locali, pretendiamo che ci sia la massima trasparenza e la giusta tempestività su ogni comunicazione data». Così i “baristi e i ristoratori uniti delle Marche” in merito alle zone arancioni innescate nella provincia di Ancona. Venti città hanno subito restrizioni, anche il capoluogo Ancona.  «Non possiamo più permetterci ulteriori perdite dovute all’acquisto di merci reperibili che poi vanno gettate – hanno detto gli imprenditori -. Suggeriamo l’utilizzo di una figura istituzionale regionale di raccordo che possa provvedere nel miglior modo possibile alla cura della comunicazione e alla elaborazione delle informazioni. Chiediamo inoltre, dove fossero necessarie, misure più severe per il contenimento del contagio, compresa la zona rossa. La zona arancione penalizza solo le attività ristorative. Se responsabilità e sacrificio si vogliono chiedere allora che vengano chieste e distribuite su tutti, dalle attività lavorative ai singoli cittadini. Non accettiamo più di essere lo specchietto per le allodole di nessuno e tanto meno il capro espiatorio, con l’aggravante dei ristori promessi alle nostre imprese, fermi invece al palo ormai da dicembre».

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