Cambia la misura cautelare per Claudio Pinti: potrà lasciare il carcere di Rebibbia e scontare, a casa dei genitori, gli arresti domiciliari con tanto di braccialetto elettronico. La decisione è stata presa dai giudici della Corte di Appello di Ancona dopo aver esaminato l’ennesima istanza di scarcerazione presentata dal difensore del 38enne jesino, condannato fino al secondo grado a 16 anni e 8 mesi di reclusione per aver trasmesso dolosamente a due ex compagne (una, Giovanna Gorini, è morta nel 2017, l’altra è la donna che l’ha denunciato nel 2018, Romina Scaloni) il virus dell’Hiv. L’udienza in Cassazione si deve ancora tenere. La Corte d’Appello ha rilevato come «il cospicuo lasso di tempo trascorso in custodia carceraria, unito al definitivo abbandono degli atteggiamenti negazionisti da parte dell’imputato, oggi disposto ad assumere le terapie previste per la sua patologia, tanto da essere sensibilmente migliorate le sue condizioni di salute generali, compongano un quadro tale da potersi considerare ridimensionato il pericolo di reiterazione delle condotte illecite che hanno portato la Corte ad emettere la sentenza di condanna, a conferma della decisione di primo grado». Secondo la Corte, particolare attenzione va dedicata «all’abbandono degli atteggiamenti oppositivi, culminata nella protesta attuata pochi mesi fa quando il Pinti aveva interrotto l’assunzione di farmaci necessari per fronteggiare la sua patologia, giungendo anche a una forma di sciopero della fame». Pinti dovrà stare ai domiciliari e non comunicare in alcun modo con il mondo esterno: potrà uscire solamente per recarsi alla visite di controllo in ospedale necessarie a tenere sotto controllo le sue condizioni di salute.
(fe.ser)
«Gravi condizioni di salute» Claudio Pinti verso la scarcerazione
Donne infettate dall’Hiv, Pinti condannato anche in appello: «Chiedo scusa a Romina» (Foto)
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