di Francesca Marsili
Volpi che a passo felpato si sono avvicinate alla porta d’ingresso di alcuni ristoranti dell’entroterra maceratese, cinghiali che in fila indiana sembrano aver preso la “residenza cittadina”, lupi e caprioli avvistati nelle campagne a ridosso della costa e persino, lo scorso aprile, un cerbiatto nelle acque del mare di Civitanova. Ce ne siamo accorti tutti, sempre più spesso gli animali selvatici arrivano dai boschi dei Monti Sibillini sino alle porte delle nostre città e le foto sui social raccontano di un fenomeno sempre più frequente e indubbiamente dall’alto impatto emotivo. Da un lato c’è tutta la meraviglia che desta la visione ravvicinata del mondo animale, dall’altra le difficoltà degli allevatori, ma quali sono le cause all’origine di questo ingresso della fauna selvatica nel contesto urbano? Con il professor Francesco Petretti, biologo, naturalista, docente all’Università di Camerino oltre che volto televisivo di “Geo & Geo” e presidente della Fondazione Bioparco di Roma, proviamo a capire cosa spinge gli animali selvatici oltre il loro ambiente di origine.
Professor Petretti, perché sempre più animali selvatici si avvicinano alle nostre città?
«Ci sono due elementi da considerare: il primo riguarda il generale aumento demografico della fauna selvatica , a seguito dell’introduzione di cervi, cinghiali, caprioli allo scopo di ripristinare la catena alimentare. Il secondo motivo è l’adattamento “culturale” ad un ambiente nuovo, che offre nuove possibilità. Parliamo, infatti, di animali intelligenti, adattabili che hanno compreso che c’è minore ostilità da parte dell’uomo nei loro confronti e maggiore tolleranza. Se una volpe scopre che può mangiare croccantini lo insegna ai suoi cuccioli, memorizza le informazioni, le scoperte, le novità e le trasmette, comunica che gli uomini non sono cattivi e che presso di loro si mangia bene. Ecco che il gabbiano può passare dalla scogliera del Conero ai tetti delle città e le volpi avvicinarsi alle zone antropizzate».
Quindi professore, ci sta dicendo che questo atteggiamento – richiamato anche dal tam tam dei social – di dare da mangiare agli animali selvatici è qualcosa che all’apparenza potrebbe sembrare innocuo mentre invece non lo è?
« E’ un comportamento che va assolutamente evitato, per due motivi. Il primo è che non fa bene all’animale perché in ogni caso lo distoglie dal suo ciclo biologico e dalla sua posizione nella catena alimentare. La volpe caccia ratti e altri roditori; se si nutre di cibo portato dall’uomo smette di fare questa attività e il ciclo ecologico, la cosiddetta catena alimentare viene in qualche modo alterata. E non è detto che saremo sempre li a dare loro da mangiare: verrà un giorno in cui questa volpe non sarà più in grado di andare a caccia e provvedere ai propri cuccioli. Quindi è bene non instaurare abitudini pericolose anche per gli animali stessi. Inoltre gli animali selvatici sono bellissimi, buoni e cari, la vista di una volpe che si avvicina è indubbiamente emozionante; ma se questa volpe per prendere il cibo dalle nostre mani dovesse involontariamente mordere un dito di un bambino – con la probabilità di contrarre qualche malattia o infezione – il fatto ci riporterebbe indietro di decine di anni, a un rapporto conflittuale con la fauna selvatica. Lasciamole a distanza, fotografiamole, osserviamole, ma non ci venga mai in mente di dargli un biscotto o un panino».
Il cambiamento climatico ha influito in questo processo di avvicinamento alle città ?
«Il clima in questo caso c’entra poco, giusto la scarsità d’acqua può aver spinto alcuni animali nelle zone abitate dall’uomo».
Per quanto riguarda il moltiplicarsi dei cinghiali in città cosa ci dice?
«Hanno capito che nei rifiuti è facile trovare cibo, il problema dei cinghiali si risolve semplicemente limitando il loro interesse a venire da noi. Non lasciando a loro disposizione il cibo. I cinghiali allora perderanno la motivazione a spingersi in città. Dopotutto per un animale è un ambiente insolito quello urbano, in mezzo alle automobili, sull’asfalto e con il frastuono. Da parte nostra dobbiamo essere veloci e precisi nella rimozione dei rifiuti. In questo modo possiamo convincerli a tornare nel loro ambiente».
Un’ultima domanda professore legata all’atavico conflitto tra gli allevatori del nostro territorio e il lupo. E’ notizia di qualche giorno fa di due capi di bestiame sbranati nella zona di Bolognola, non sappiamo se ad opera di lupi o cani inselvatichiti. Quale potrebbe essere secondo la lei la soluzione a questo problema? Quanti esemplari popolano la nostra regione?
«I lupi sono aumentati, nelle Marche se ne contano diversi nuclei e probabilmente in totale superano i 100 esemplari. Il loro impatto sul bestiame può essere mitigato assistendo gli allevatori nell’adottare sistemi di prevenzione e dissuasione: cani da guardia, recinzioni elettrificate ad esempio. Poi gli indennizzi devono essere congrui e rapidi».
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