Ritorno dell’attivista anconetana
in missione con la Flotilla:
«Silenzio dalle istituzioni locali»

ANCONA - Il Coordinamento Marche per la Palestina lamenta «l’inaccettabile vuoto di parole» per Silvia Severini che ha agito «in nome della solidarietà, della pace e della coscienza civile»

 

Silvia Severini, cittadina di Ancona e attivista della missione Global Sumud Flotilla, è rientrata in Italia dopo oltre un mese trascorso a bordo della flottiglia che ha tentato di rompere l’assedio imposto da Israele alla Striscia di Gaza, con l’obiettivo di aprire un corridoio umanitario e denunciare il genocidio in corso contro la popolazione palestinese. «La missione, di chiaro carattere umanitario e pacifista, si è conclusa con il sequestro illegale in acque internazionali delle imbarcazioni da parte delle autorità israeliane e dei partecipanti – scrive in un nota il Coordinamento Marche per la Palestina – Silvia è stata detenuta per due giorni nelle carceri israeliane, sottoposta a vessazioni e violenze psicologiche. Dopo essere finalmente tornata in Italia, nella tarda notte di sabato 4 ottobre, in queste ultime ore, nessuna istituzione del territorio – né il sindaco di Ancona, né il prefetto, né tantomeno il presidente della Regione Marche – ha ritenuto opportuno esprimere pubblicamente solidarietà o vicinanza a Silvia».

Un silenzio istituzionale ritenuto «grave» dal Coordinamento Marche per la Palestina «che non può essere ignorato. A prescindere dal colore politico delle amministrazioni locali o regionali, riteniamo che esista un dovere morale e istituzionale di riconoscere e sostenere chi ha messo a rischio la propria incolumità per difendere i diritti umani, la giustizia e la dignità dei popoli. Il silenzio delle istituzioni non è solo un vuoto di parole: è assenza di umanità, è complicità passiva di fronte a un genocidio. Silvia Severini ha agito in nome della solidarietà, della pace e della coscienza civile. La sua esperienza e testimonianza meritano ascolto, rispetto e visibilità. Chiediamo che le istituzioni regionali e locali rompano il silenzio e si esprimano con chiarezza: da che parte stanno?»

Il Coordinamento Marche per la Palestina invita cittadine e cittadini marchigiani, associazioni, realtà sociali e collettivi «a far sentire la propria voce e a costruire insieme una risposta collettiva all’indifferenza e all’ingiustizia. La solidarietà non si arresta. Il silenzio uccide».

 

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