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Diritto al riposo,
cresce la protesta
degli infermieri di Torrette

SANITA' - Il personale del blocco operatorio dell'ospedale regionale scrive una lettera di solidarietà al collega che rischia una sanzione per essersi rifiutato di lavorare dopo tre turni consecutivi e 14 ore di servizio. Giovedì la decisione del dirigente

Ingresso dell’ospedale di Torrette, foto d’archivio

 

Sono una cinquantina, in pratica tutti gli infermieri del blocco operatorio di Torrette, e hanno firmato una lettera di solidarietà per il loro collegha che si è visto aprire un procedimento disciplinare dall’azienda Ospedali Riuniti perché si è opposto al terzo turno consecutivo dopo aver lavorato 14 ore (leggi l’articolo). Giovedì è previsto il colloquio davanti al dirigente, chiamato a decidere la sanzione per l’infermiere che si è rifiutato di prendere servizio. Ma non macherà la solidarietà del sindacato di categoria Nursind, che ha sollevato il caso, e di tutto il personale infermieristico, che intanto ha sottoscritto una lettera per denunciare le dure condizioni di lavoro.

“Noi siamo gli infermieri di quel blocco operatorio e quell’infermiere è un nostro collega – si legge nella lettera -. Siamo rimasti senza parole quando abbiamo saputo del procedimento disciplinare. Siamo sempre stati estremamente collaborativi fino a rinunciare, nei fatti, a molti nostri minimi diritti contrattuali. L’azienda conosce molto bene il sacrificio a cui ci sottopone. Gli orari di lavoro sono gestiti, senza entrare in particolari troppo dettagliati, sia per i turnisti che per i diurnisti con metodologie contabili che, in caso di qualunque assenza, fanno generare “debito orario”. Un giorno di malattia o di ferie, per fare un esempio, genera 33 minuti di orario da “rendere” all’azienda. Ecco che siamo costretti a fare ulteriori turni aggiuntivi o, comunque prestazioni di lavoro straordinario per recuperare l’orario solo contabilmente non svolto. Quando la pronta disponibilità cade nel giorno festivo, nonostante le pronunce giurisprudenziali ben note ai suoi lettori, non ci viene concesso il riposo compensativo dovuto costringendoci a lavorare per due settimana continuative senza un giorno libero. E’ difficile conciliare la vita privata con simili pressanti orari. Quando chiediamo un giorno di ferie non programmato la risposta ci viene comunicata solo il giorno prima nonostante l’ampio preavviso vanificando spesso la richiesta – continuano gli infermieri -. Tutto, nei nostri confronti, è rigido. Siamo l’unico personale a cui non viene riconosciuto un minimo di flessibilità di orario. Sui nostri diritti si pretende rigidità di applicazione, sui nostri doveri si pretende, invece, ampia flessibilità: equipe operatorie spesso sotto i minimi quantitativi, cambi sala su specialità chirurgiche non proprie (quindi con personale non sempre all’altezza), prolungamenti frequenti degli orari di lavoro oltre il programmato ecc. Le nostre lamentele potrebbero continuare ma ci fermiamo qui. L’ottanta per cento di noi ha chiesto il trasferimento dalla sala operatoria a qualunque altra unità operativa dell’ospedale. A fronte di questo disagio e di questo “clima organizzativo” ci saremmo attesi politiche aziendali mirate a migliorare lo stato di cose esistente. La realtà invece ci consegna il fatto di un nostro collega che, preavvertendo non si presenta dopo quattordici ore di lavoro, di cui otto notturne, al turno pomeridiano con l’azienda che risponde con un procedimento disciplinare. Siamo amareggiati dell’apertura del procedimento disciplinare verso un nostro collega per avere soltanto chiesto di riposare dopo aver lavorato tutta la notte in un contesto delicato come una sala operatoria di una grande azienda ospedaliera” conclude la nota, firmata “gli infermieri della sala operatoria dell’Azienda ospedaliera”.

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