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Ancona 1905 al bivio: salvare la società
o salvare la serie D

CALCIO – Entro un mese l’iscrizione ai dilettanti, altrimenti va formata una nuova società e ripartire dalla Eccellenza. Per continuare servono 1,2 milioni. La Curva Nord si schiera contro la nascita di una Ancona-bis. Fumata nera al primo summit degli imprenditori interessati

di Giuseppe Giannini

Ancona di nuovo ad un bivio. Ripartire con una società tutta nuova dell’Eccellenza o la Serie D con l’attuale proprietà. Entrambe le ipotesi sono viste come un ritorno all’inferno dalla piazza già mortificata da una stagione da record in negativo. A tutti i livelli. E sono due strade che partono già in salita. Perché dopo il mezzo flop dell’incontro di lunedì sera al Hotel Touring di Falconara che ha ribadito la latitanza dell’imprenditoria locale è arrivato anche il doppio deferimento da parte del procuratore federale a seguito delle segnalazioni Covisoc. Deferiti l’Ancona 1905 e David Miani, amministratore delegato e legale rappresentante del club, per non aver rispettato le scadenze del 16 aprile scorso per il pagamento degli stipendi di gennaio e febbraio e per le relative ritenute e contributi. Che in soldoni sta a significare che l’Ancona, dopo aver già scontato un punto di penalizzazione nell’ultimo campionato, partirà da -2 in classifica qualora riuscisse ad iscriversi alla serie D. In forte dubbio la stessa iscrizione al campionato che dovrà essere ottemperata entro il 12 luglio. Ma coi soldi di chi? Le dichiarazioni di Miani e di Ettore Di Nicola, ormai uscito prepotentemente allo scoperto, sullo stato finanziario del club fanno presagire infatti un percorso più che accidentato. Sono inoltre uscite dai radar (se mai ci sono state) le cordate che stando ai comunicati dell’ultimo mese di Miani erano interessate al club. E quello che appare ormai chiaro è che nell’eventualità che Sergio Schiavoni riesca a coagulare attorno a se un pool di imprenditori locali da affiancare alla Soleko dei romani Massimo Balducci e Paolo Pomponio non sarà comunque aperta nessuna trattativa con l’attuale proprietà. Innanzitutto perché le cifre uscite dall’incontro di inizio settimana fotografano una situazione più che compromessa. Un milione e duecentomila euro di debiti (800 mila per i pagamenti dei tesserati e altri 400 di passività con fornitori ed erario), ma potrebbero essere anche di più. Dubbio che si collega a doppio filo ai nomi di Miani e Di Nicola, le cui dichiarazioni, non sono più considerate attendibili da chi vorrebbe lanciare un salvagente al calcio anconetano. Il progetto di salvataggio prevede infatti la nascita di un nuovo soggetto, col coinvolgimento importante del brand romano (che dopo l’interesse palesato la scorsa estate non ha mai interrotto i contatti con mister Imesa) affiancato dall’imprenditoria anconetana. Ma all’oggi tolto Schiavoni nessun altro nome di un certo calibro è uscito allo scoperto. Chi invece ha voluto esprimere la propria posizione e la Curva Nord, che dopo il blitz all’incontro del Touring, ha diramato anche un comunicato nel quale ribadisce che l’Ancona è solo una. “Basta, non si può pensare che ogni volta che le cose vanno male o non secondo i loro piani si faccia una nuova società da zero…. salvare questa società, per noi unica e la sola esistente, non sarà compito facile e richiederà sacrifici; sacrifici che già la tifoseria dorica ha largamente affrontato nello sprofondare nel dilettantismo, per 4 anni e subendo umiliazioni non consoni ad una tifoseria di un capoluogo di regione”. Una posizione che fa tornare in auge un’altra ipotesi, quella di Sebastiano Vecchiola, che con Schiavoni voleva tentare di salvare la categoria ma non l’attuale società. Forse è l’unico compromesso a cui si piegherebbe la tifoseria. Ma in ogni caso manca meno di un mese al verdetto sul futuro dell’Ancona che questa volta rischia davvero di chiudere i battenti e scomparire dal calcio.

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