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Al bar senza smarcare il cartellino:
impiegato assolto dall’accusa
di assenteismo

ANCONA – Per il giudice non c’è stato reato. Il 56enne accusato di giocare la schedina durante l'orario di lavoro si è difeso sostenendo che le uscite dall'ufficio fossero brevi pause caffè. L’avvocato Scaloni: “Per lui è la fine di un incubo, non si è mai risparmiato al lavoro”

Il tribunale

di Federica Serfilippi

Assolto perché il fatto non costituisce reato. Non c’è stato nessun episodio di assenteismo legato al dipendente comunale che, secondo le accuse, nell’autunno 2015 si era allontanato dalla postazione lavorativa per andare al tabacchi e giocare la schedina. A deciderlo questa mattina è stato il gup Paola Moscaroli al termine del processo che ha portato il 56enne, impiegato negli uffici del Viale della Vittoria, sul banco degli imputati per truffa ai danni dell’ente pubblico e violazione della legge Brunetta. Il pm Serena Bizzarri aveva chiesto una condanna a 10 mesi di reclusione, tenendo conto del rito alternativo deciso dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Alessandro Scaloni. A bocca asciutta anche il Comune dorico che, tramite il legale Gianni Fraticelli, aveva chiesto un risarcimento di 368,68 euro, pari ai presunti danni patrimoniali connessi alle ore di assenza contestate dalla procura. In udienza, era presente il dipendente. Quando il giudice ha letto la sentenza di assoluzione, ha stretto in un abbraccio commosso il suo avvocato. «Per lui – ha detto Scaloni – è la fine di un incubo. È una persona che al lavoro ha sempre dato il massimo, non risparmiandosi mai per il bene degli utenti». Con l’assoluzione, possibile cada anche l’indagine interna avviata dall’Amministrazione in concomitanza degli accertamenti effettuati dalla procura tramite gli agenti della Polizia Municipale. Nell’autunno 2015, dopo una segnalazione anonima arrivata al comando di via dell’Industria, erano stati loro a pedinare per un paio di mesi il presunto assenteista, dall’entrata negli uffici del Viale della Vittoria, fino alle uscite senza smarcare il cartellino per raggiungere il bar e una ricevitoria. Il materiale raccolto dagli agenti aveva spinto il pm a chiedere prima il rinvio a giudizio, poi la condanna. Il giudice ha evidentemente abbracciato la tesi difensiva, secondo cui quelle capatine al bar altro non erano che semplici pause caffè. Quanto al tabacchi, le soste erano dovute a mere esigenze lavorative.

 

 

 

 

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