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«Salvini all’Hotel House rievoca le ruspe,
invece che agli slogan
pensi a soluzioni efficaci»

IL COMMENTO - Il sindacalista Fp Cgil, Andrea Raschia interviene sulla presenza del ministro dell'Interno al maxi grattacielo di Porto Recanati

Andrea Raschia

 

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini in visita nelle Marche fa tappa all’Hotel House di Porto Recanati, dal sindacalista Fp-Cgil, Andrea Raschia, riceviamo e pubblichiamo.

«Salvini in gita nelle Marche. Le cronache lo descrivono impegnato in una visita a Porto Recanati. Non poteva mancare un salto all’Hotel House. Lui stesso racconta che in precedenza per salire all’ultimo piano si era dovuto travestire da imbianchino. Stavolta, invece, l’impresa è addirittura raccontata in diretta, in pompa magna. Come cambiano le situazioni: l’imbianchino diviene ministro. Del resto il leghista ha saputo tener duro, con coerenza. “Qui ci vogliono le ruspe”. Non è chiaro se debbano essere azionate senza preoccupazione del contenuto, masserizie di poco pregio.

Se da un lato non si può che esprimere rispetto e meraviglia per l’ascesa – non all’ultimo piano dell’Hotel – ai vertici delle Istituzioni, un successo politico senza precedenti per un movimento importante finora relegato ad alcune aree territoriali del nord in particolare; dall’altro suscita comprensibile preoccupazione. A colpire, infatti, non sono tanto le proporzioni di un vasto e crescente consenso nei confronti di una forza politica, ma le ragioni per le quali ciò si determina. Ragioni che confermano il bisogno da parte di una società sempre più inquieta e smarrita dell’uomo “solo al comando”, meglio se forte, maleducato e incivile quanto basta, capace di menar schiaffi e di averne per tutti. Anzi, più ne dice e maggiore sembra l’entusiasmo che si scatena tra ali di folla festante. Almeno a giudizio dei sondaggi.

C’è tempo per verificare. Ma il Paese reale, le famiglie, i cittadini, quanto ancora potranno resistere ancora? Poveri tutti, verrebbe da dire. Il Ministro no. Egli sa il fatto suo: consigliato dalla nutrita squadra di esperti in comunicazione di cui si circonda, interpreta con maestria un sentimento diffuso. Disagio, esasperazione, e malessere che si tagliano a fette sono il brodo di coltura per atteggiamenti del genere. Mentre intanto povertà e diseguaglianze esplodono in modo esponenziale, insieme a ponti che cadono, strutture materiali che congiungono luoghi crollate mietendo vittime, e virtuali che mettono in contatto l’umanità favorendo processi di integrazione indispensabile in un mondo globalizzato. Ci vorrebbe buon senso, moderazione nei comportamenti e soprattutto radicalità nella ricerca delle soluzioni più efficaci. Non di meno, competenze, sensibilità, serietà e tanta concretezza. Non sembra essere così, purtroppo.

La sensazione che si ricava è che il problema di governare questo Paese, affrontando i problemi attuali senza perdere di vista il domani, rimanga intonso, sullo sfondo. Anziché rappresentare, come sarebbe giusto, un’ansia cui dover rispondere con passione e disinteresse. Così come una malattia non debellata finisce per indebolire e corrodere il corpo sano che da segni di fibrillazione, così la condizione delle Istituzioni, e della nostra democrazia, è seriamente a rischio di corto circuito. Ci riguarda? E in tal caso come si deve rispondere: un dilemma che chiama in causa ognuno di noi in una fase resa ancor più complicata dalla debolezza dei soggetti tradizionali della rappresentanza politica che sembrano oramai aver perso la bussola. A giudicare dai comportamenti in atto, ci si interroga se i responsabili di questa situazione siano preoccupati davvero delle sorti del Paese – e allora, di grazia, perché rendersi conto soltanto ora della deriva? – o di personali destini».

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