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Comune senza personale:
uffici in affanno e
sempre più servizi all’esterno

ANCONA - L'assemblea della Fp Cgil in vista del congresso porta a galla le difficoltà della macchina amministrativa di Palazzo del Popolo, tra riorganizzazioni annunciate e mai compiute realmente e vincoli nazionali che hanno portato al taglio dei trasferimenti ed al blocco del turn over. Conseguenza: uffici oberati e sempre più servizi in appalto con scarso controllo sulle condizioni dei lavoratori e la qualità delle prestazioni

Andrea Raschia

 

Turn over bloccato, servizi sempre più a rischio esternalizzazioni ed uffici oberati di lavoro. È la situazione in cui si trova il Comune di Ancona, che in circa vent’anni, ha visto scendere del 35% i suoi dipendenti, attualmente sopra quota 700. Ad accendere i riflettori sulla macchina amministrativa di Palazzo del Popolo, l’assemblea della Fp Cgil di Ancona in vista del congresso.

Il lento declino dell’organico, causato da una progressiva riduzione ai trasferimenti di risorse; pesanti limiti e impedimenti alle assunzioni, che hanno determinato tagli dolorosi con effetti sui servizi indispensabili; e processi di privatizzazione. Una condizione che accomuna molti municipi italiani e tra questi Ancona sembra pagare anche lo scotto di una riorganizzazione della struttura, sempre invocata, ma mai effettivamente compiuta. Libera la scrivania del direttore generale, posto rimasto vacante dopo la scadenza dell’incarico di Giancarlo Gasparini. Decimati i dirigenti (erano circa 40 negli anni dei fasti), ora sono 8 ai quali si aggiunge il segretario generale, Giuseppina Cruso. «L’inizio del problema deriva certamente da un disegno nazionale, che io definisco scellerato, che ha finito per smantellare lo spazio pubblico piegandolo a vantaggio di interessi privati, attraverso la mercificazione dei beni comuni giunta a mettere a repentaglio sicurezza sociale e la stessa vita dei cittadini − premette il sindacalista della Cgil Andrea Raschia −. Disegno che è imputabile tanto alle politiche di Centrodestra quanto a quelle di Centrosinistra e che ha prodotto effetti devastanti anche nel capoluogo dorico. Manutenzioni, cura del verde pubblico, risentono della mancanza di personale. Il sociale con gli operatori letteralmente presi d’assalto causa il disagio crescente in strati sempre più grandi della popolazione che vive un malessere diffuso e profondo».

I servizi in difficoltà. Tra i servizi più sotto pressione, a quanto emerso dall’assemblea, oltre al Sociale, anche il Demografico che nel periodo estivo è sottoposto a elevati ritmi per domande di servizi. Sguarniti anche i settori tecnici, a causa dell’assenza di turn over, di professionalità infungibili per rispondere adeguatamente a esigenze quotidiane, tra le quali il facilitare e sostenere il “fare impresa” che, invece, rischia di divenire assai problematico. Condizione sempre più insopportabile anche per gli stessi operatori, costretti a continui cambi di mansioni, non sempre gestibili senza adeguata formazione. Così, spesso, dietro l’accusa della “mala burocrazia”, che tanto crea scontento tra i cittadini, si cela l’impossibilità effettiva, per la mancanza di personale, a rispondere alle esigenze degli utenti. Il rimedio, negli anni e per alcuni servizi, è stato quello di esternalizzare. In particolare nel settore educativo, per la gestione degli asili nido con 8 strutture convenzionate e gestite da cooperative, che di certo assicurano meno tutele e salari più bassi rispetto ai dipendenti pubblici affidati ai medesimi servizi. Gli asili nido gestiti direttamente dal Comune sono 5, ai quali si aggiungono una sezione primavera e due strutture per “Tempo per le famiglie”. Ma il rapporto tra pubblico e privato potrebbe a breve sbilanciarsi a favore del secondo. Per il prossimo anno sono previsti tre pensionamenti tra le 29 educatrici comunali. L’impegno assunto dal Comune con i sindacati per la pubblicazione di bandi di concorso per la sostituzione del personale non è ancora stato rispettato, e visti i tempi ridotti è probabile si vada incontro ad altre soluzioni per la copertura del servizio. Così anche per il servizio mensa, dove il pensionamento di una unità mette a rischio la gestione diretta di uno dei centri di cottura comunali: tre attualmente quelli gestiti dal Comune, due quelli in appalto. E tra i servizi affidati all’esterno anche la gestione dei musei civici e dell’Informagiovani. Così sotto alla bandiera del risparmio e della semplificazione burocratica, si va verso lo smantellamento di alcuni settori.

Il commento. «È vero che di fronte ai sempre più ridotti trasferimenti ed ai vincoli di bilancio le amministrazioni locali cercano di correre ai ripari − riprende Raschia −, ma non sempre lo fanno in modo adeguato. Ad Ancona si sono rincorse ipotesi di riorganizzazione: negli ultimi anni ne abbiamo contate a iosa. Nessuna delle quali, però, capace di produrre effetti. Tanto più in ragione delle modalità seguite, negando incomprensibilmente confronto e contrattazione. Lavoratori e rappresentanze visti come ostacolo piuttosto che come opportunità e risorse. Anche in questo caso i risultati sono evidenti quanto magri, conseguenza di disastrose politiche nazionali di disinvestimento con l’aggiunta di colpevole disinteresse organizzativo a livello locale. Generalizzato. Alcuni studiosi hanno di recente correttamente posto la questione – tutt’altro che banale – dello scarto tra pubblico-privato a proposito delle scarse iniziative messe in atto per migliorare qualità di “prodotto”, sicurezza del lavoro, innovazione e incremento di produttività, che non sembrano essere prioritarie, finendo in tal modo per scaricare costi e inefficienze sul sistema e sui cittadini.
Che dire? Non può che far piacere sapere di non esser soli nel rappresentare la reale condizione delle amministrazioni pubbliche in senso lato chiamate a garantire servizi essenziali, dalla sicurezza all’istruzione, dalla cura della salute pubblica alla presa in carico della persona. Poniamo insieme il vero problema − conclude Raschia −. Deve crescere la consapevolezza che stiamo parlando di servizi strategici per tutti, per i cittadini, le imprese, condizione indispensabile per uno sviluppo sostenibile ed equilibrato del Paese. Come Cgil, dal canto nostro, dobbiamo essere capaci di aprire una prospettiva diversa, coerente con le aspirazioni di un sindacato come il nostro che si definisce “soggetto di trasformazione”».

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