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Interessi da usura,
banca condannata al risarcimento:
oltre 100mila euro a marito e moglie

SENTENZA - Una coppia pagava tassi troppo alti e ha fatto causa alla ex Popolare di Ancona. Il tribunale di Macerata ha dato ragione ai coniugi

Il legale Filippo Ciconte

 

Interessi troppo alti con tassi anatocistici e usurari: Banca Popolare di Ancona (oggi Ubi) condannata a risarcire marito e moglie per oltre 100mila euro. E’ l’esito di due diverse sentenze emesse dal giudice Maika Marini del Tribunale di Macerata. Le cause erano state intentate da una coppia di San Severino, ognuno con una ditta individuale di autotrasporti ed entrambi difesi dall’avvocato Filippo Ciconte. Sia il marito che la moglie avevano alla Popolare di Ancona due conti ciascuno con le stesse caratteristiche: un conto corrente e un conto anticipo con fidi aperti. Insomma, essendo due aziende avevano linee di credito. Nel 2012 le ditte sono andate in difficoltà, anche per via della crisi, e hanno incaricato un perito di parte per analizzare gli interessi pagati fino ad un certo punto alla banca. Dall’accertamento tecnico-contabile è emerso che gli interessi erano troppo alti e così sono state presentate due cause. Anche il tribunale ha poi disposto una consulenza tecnica, che ha sostanzialmente confermato le conclusioni del perito di parte, andando ad analizzare trimestre per trimestre fino a 10 anni prima. E così l’otto marzo sono arrivate le due sentenze di condanna: per quanto riguarda il marito la banca è stata condannata a risarcire 64.800 euro, per la moglie il risarcimento ammonta 50.685 euro. Diverso il discorso dal punto di vista penale, per entrambi i casi infatti sono state presentate anche querele per usura. Nel caso del marito il pm Claudio Rastrelli ha chiesto l’archiviazione per la banca, a cui è stata presentata opposizione, non accolta dal gip Claudio Bonifazi. In sostanza per il giudice è mancato l’elemento soggettivo, cioè il dolo per contestare il reato di usura. «Ha considerato tre trimestri una casistica esigua – spiega l’avvocato Ciconte – e in più ha ritenuto di non dover computare nel calcolo dell’usura la commissione di massimo scoperto, così come stabilito dalla normativa fino al 2009. Il punto è che dal 2009, dopo una sentenza della Cassazione, anche Bankitalia ha recepito il fatto che la commissione di massimo scoperto andasse calcolata e i tre trimestri in questione sono tutti dopo il 2009. Quindi la banca non poteva non sapere».  Anche nel caso della seconda azienda, quasi identico alla prima, il pm Rastrelli ha chiesto l’archiviazione. Ma qui il gip Domenico Potetti, dopo l’opposizione, ha deciso per altri sei mesi di indagini. Che sono ancora in corso. «Ci suona strano – conclude Ciconte – che in un caso siano state prorogate le indagini dopo l’opposizione e nell’altro sia stata confermata la richiesta di archiviazione, visto che il reato di usura si è integrato in entrambi i casi».

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