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«Tromba d’aria? No, è il downburst
e sarà sempre più comune»

MALTEMPO – Il climatologo dell'Università di Camerino, Massimiliano Fazzini, spiega il fenomeno meteorologico che si è è abbattuto martedì sulle Marche, provocando molti danni

 

 

Una tromba d’aria? Una tempesta? Una bomba d’acqua? No, nessuna di queste definizioni è quella giusta per descrivere il fenomeno meteorologico che si è è abbattuto martedì sulle Marche, provocando ingenti danni. Il termine tecnico è downburst, e si tratta di una caduta rapida di aria molto fredda dalla parte alta del cumulonembo fino al suolo, con una velocità intorno ai 100 km/h. A dare le coordinate scientifiche è il climatologo dell’Università di Camerino, Massimiliano Fazzini, che spiega come, «a differenza della tromba d’aria, il downburst non ruota e ha un’intensità inferiore: se una tromba d’aria di media intensità può alzare una struttura in muratura, il downburst di martedì no. Il fatto è che il patrimonio infrastrutturale ed arboreo italiano è messo male e, di conseguenza, ci sono danni ingenti. Quello di martedì è stato un fenomeno estremo, ma non eccezionale, che con ogni probabilità si verificherà sempre più frequentemente nei prossimi anni». Il fenomeno del downburst infatti, come puntualizza Fazzini, potrebbe verificarsi ogni volta che c’è un contrasto termico forte tra la temperatura calda della terra e del mare e l’aria fredda in quota. «L’anticiclone Africano ha portato le temperature molto sopra la media per una ventina di giorni e ha prodotto alta umidità – prosegue il climatologo –. L’arrivo dell’aria fredda dalla Norvegia ha fatto il resto. Se dovessero tornare queste condizioni, il fenomeno potrebbe ripetersi anche quest’estate e, in generale, la tendenza futura è questa». La ragione per cui il downburst sarà sempre più comune è legata alla crescente energia termodinamica che caratterizza il sistema (aumento della temperatura della terra e del mare). «Sono troppo pochi gli elementi scientifici evidenti per dire che fenomeni come questo siano legati ai cambiamenti climatici – specifica Fazzini –. Il global warming non è alla base, ma di certo amplifica gli effetti di queste ondulazioni atmosferiche».

(M.m)

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