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Animali dal passato difficile:
abbandonati o vittime di incidenti,
c’è un’oasi per tutti loro

OSIMO - La onlus di Anna Rita Lascala accoglie cento esemplari di diverse specie. Alcuni sono stati trovati per strada feriti o gravemente malati, altri sono stati accolti dopo anni di maltrattamenti. «Qui con noi sono al sicuro»

Anna Rita Lascala

 

di Giampaolo Milzi

Gli ultimi arrivati? Una gazza e una taccola ferite, salvate da due ragazze. E un pollo, davvero malconcio, ritrovato per strada da un’altra ragazza: era caduto da un camion che trasportava suoi simili. Molto festeggiato il nuovo pollo, perché in pratica ha dato il cambio a Samuel, stessa vicenda, ruzzolato sull’asfalto, raccolto da mani pietose, e messo in salvo. Dove? Al rifugio Le Chichine, comune di Osimo, oasi di verde, dove serenità e benessere interagiscono virtuosamente tra animali ed esseri umani, i primi vivono nella natura la loro esistenza, accuditi, curati e coccolati, fino all’ultimo respiro. Samuel ha campato felice per quasi un anno, un mezzo miracolo, con gravi problemi di salute: la previsione di vita media per il pollame da allevamento intensivo è di 40 giorni, prima di essere destinato al consumo gastronomico. Un po’ rifugio un po’ ospedale, l’ex agriturismo Le Chichine, nel verde delle campagne tra le frazioni di Rustico di Polverigi e Monti di Santa Maria Nova. Un luogo eccezionale, con almeno un centinaio di ospiti, di varie specie: di terra e acquatici, volatili compresi, adottati con amore viscerale da Anna Rita Lascala e dal suo team di volontari. Tutti reduci da un passato di sofferenze, maltrattamenti, abbandono, incidenti, fughe. Si va dal gattino Joffrey, trovato in una via con lesioni alla testolina, al cavallo Turi, rinchiuso per anni in un box senza poter uscire, fino a Varg, l’agnello neonato dimenticato dal suo gregge. Storie da fiaba, coronate da un realissimo lieto fine. E Anna Rita è una sorta di Zia Tobia – per parafrasare il noto personaggio della fattoria da favola – con l’animo da crocerossina per quelli che l’uomo dovrebbe considerare il più possibilmente amici. Fa bene al cuore raccontare questa favola reale.

Il cavallo Turi

Quando siamo arrivati al civico 408 di via di Jesi, ci è parso di essere catapultati in un’altra magica eco-dimensione. Con Anna Rita, quattro cani ad accoglierci festosamente, ad accompagnarci lungo il vialetto di ghiaia che divide in due la parte principale del rifugio per animali, di circa 4 ettari. Da un lato la zona del laghetto artificiale, circondata da una striscia di terreno e recintata. Nell’acqua dolce sguazzano circa 20 tartarughe, 13 oche, 15 anatre mute e 11 germani reali; dall’altro uno spazio verde per le galline ovaiole, una voliera a cielo aperto per piccioni – che hanno difficoltà a volare – e il paddock di Turiddu detto Turi (il cavallo), che divide il suo ampio spazio con una pecorella; e che dire dei 4 gabbiani che ti sgambettano attorno per darti il benvenuto? Nel recinto razzolano le galline, che verso sera vanno a riposare in casette di legno, o si addormentano adagiate sui grossi rami degli alberi. Sedici pavoni, 5 gatti, 1 tacchino, 1 quaglia e alcuni galli scorrazzano invece liberi. Anna Rita cura pure un uliveto e coltiva un orto vicino alla casa colonica ristrutturata nel 1995 e riconvertita nell’agriturismo Le Chichine nel 2007. Poi, via via, la decisione presa il primo gennaio 2017 del passaggio dall’attività imprenditoriale dell’agriturismo a quella di onlus rifugio e volontariato. «Quando gestivo l’agriturismo – spiega Anna Rita –  allevavo pollame e oche, che finivano nei piatti dei clienti. Mia figlia Alessia mi ha parlato dell’animalismo e della cultura vegana. Ho capito che gli animali soffrono come gli esseri umani, spesso a causa loro. E in famiglia siamo diventati tutti vegani e abbiamo sposato la causa, facendo del nostro meglio per farli vivere il più dignitosamente possibile». Ogni “residente” di questo rifugio si è lasciato alle spalle vicende da incubo. Turi è stato segregato nel box di una stalla per 3 anni, ha contratto una malattia alle vie respiratorie, a 20 anni un giovane l’ha portato a Le Chichine, ora ne ha 35 e sta benone. Anna Rita: «I gabbiani erano rimasti feriti gravemente alle ali perché incagliatisi in reti e lenze da pesca. Uno era stato investito da un’auto. Erano condannati a morte. Il Centro recupero animali selvatici di Jesi (Cras) li ha affidati a noi. Non possono volare, ma sono salvi e al sicuro».  Il viso di Anna Rita si riempie di luce: «Sai quanto sono intelligenti gli uccelli? I galli ad esempio, se li ascolti bene, riesci a distinguere i diversi suoni e significati dei loro chicchirichì. Li senti chiamare le galline, dir loro ‘abbiamo qualcosa per voi’, e a volte hanno davvero qualcosa da beccare in condivisione».

Lo staff dei soci operativi di Anna Rita: Alessia, suo fratello Alessandro, 17enne, Roberto e Alice, due amici di famiglia. Si occupano, dividendosi in tre turni, di portare cibo e acqua agli animali: «All’alba siamo già in piedi, per poi ripassare da loro a metà giornata e di sera; d’estate si fanno più controlli, soprattutto per l’acqua». In caso di necessità, assicurato l’intervento di veterinari, «in alcuni casi glieli portiamo noi in studio», precisa Anna Rita. Ma quanto costa il cibo per gli animali? «Circa 400 euro al mese, escluse le spese mediche». E come vi finanziate? «Beh, con le quote dei quasi 400 soci non operativi, con qualche donazione di privati. Ora stiamo vendendo qui magliette a 15 euro l’una, realizzate in modo etico ed ecosostenibile, col logo del rifugio, con l’anatra maschio muta Carolino e la pecora Angela disegnate da mia figlia. Quasi tutti i soldi vanno a loro, agli ospiti del rifugio».

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