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L’arte oltre la paura del Covid:
i murales di via Miglioli
«Torniamo alla bellezza della vita»

ANCONA - Le creazioni di Lorenzo Niccoletti e Michele Morbidoni sul muro del Q2. In una, c'è una donna il cui volto è coperto da una mascherina. Ma sopra c'è una rossa rossa: «Sta lì a dirci che è arrivato il momento di concentraci di nuovo sulla gioia di vivere»

Il murale di via Miglioli (Skugio-Lorenzo Niccoletti)

di Giampaolo Milzi (foto di Giusy Marinelli)

Una specie di grintoso, vivace ma anche cerebralmente stimolante sberleffo alla pandemia da Covd. E come se l’arte di strada, davvero speciale, avesse idealmente detronizzato, tolto la corona al virus killer. Quel Covid che ha fatto e continua a fare vittime. Non c’è dunque che stropicciarsi gli oggi dalla meraviglia e battere le mani, per l’ennesima ondata creativa e visionaria che ha reso ancora più seducente la lunga murata che segna al Q2 il limite tra il parco e la di poco sovrastante via Miglioli. Da segnalare, tra i writers “scesi in campo” due artisti anconetani di calibro superiore – entrambi reduci con un’altra dozzina, anche di fuori città, dall’interminabile festival di Street art “AnconaCrea”, ambientato a Capodimonte, patrocinato dal Comune – che, armati di pennelli, bombolette spray e tanto estro hanno impresso sulla mega-parete coloratissime figure e immagini. Capaci da un lato di far riflettere sul dramma dell’emergenza sanitaria e sulle relative restrizioni, ma soprattutto di lanciare messaggi di speranza, di irrefrenabile voglia di tornare ad una normalità esistenziale magari migliore di quella antecedente al lockdown della primavera 2020.

Murale di Mandarino (Michele Morbidoni)

Nel bellissimo volto di donna realizzato da Lorenzo Nicoletti, in arte Skugio, coperto in buona parte dalla classica mascherina di tipo ospedaliero (un po’ il simbolo del Covid) le ciglia sembrano regalare emozionanti battiti, pare che gli occhi dallo sguardo un po’ triste parlino al posto della bocca celata. E poi quello “strappo verticale” bianco, che divide verticalmente l’opera, sul quale campeggia una rosa rossa, talmente ben definita da sembrare tridimensionale. «Già, quello strappo è importante. – commenta Skugio, di professione tatuatore, 36 anni, di cui 15 spesi nel tempo libero, ma anche per lavoro, “on the road” a creare murales -. Si riferisce alle tantissime vite strappate in questo brutto periodo che definirei storico, alle ferite apportate dal virus, in particolare ai giovani». Ma c’è di più: «La rosa sta lì a dirci che è arrivato il momento di concentraci di nuovo sulla bellezza della vita, la gioia di vivere. E che, paradossalmente, restrizioni, chiusure in casa, distanziamento sociale hanno spinto molti di noi a fare attenzione ad altro, a valori importanti, come quello della eco-sostenibilità, della difesa della natura». Insomma, «eravamo in zona rossa, di ore da riempire ne avevo anche troppe, era da tanto tempo che non mi cimentavo in un murale ad Ancona (Skugio ne ha realizzati tantissimi, a Chiaravalle, Roma, Milano, Londra, Bruxelles, in Grecia, per fare degli esempi, ndr) ho deciso di fare questo regalo al quartiere, un regalo che ognuno può interpretare a modo suo».

Murale di Mandarino

E circa un paio di mesi fa la vena artistica di Skugio si è incrociata, sulla stessa striscia originariamente cementizia, con quella di Mandarino, all’anagrafe Michele Morbidoni, 44 anni, barman, anche lui, dal 1992, uno dei più brillanti componenti di una scena, quella della street art anconetana, precoce nella sua nascita, fin dalla seconda metà degli anni ’80, affollatissima, e di rilievo in alcuni casi internazionale. “Wall painting” di cuore, speranza, voglia di libertà, anche quelli di Mandarino (il quale si è fatto apprezzare anche per aver dipinto gli interni di alcuni negozi). C’è un cuoricino rosso sullo zainetto che porta in spalla un bambino, ma ciò che risalta è l’enorme gelato che ha in pugno vicino alla firma dell’autore, “Manda”.

Murale di Mandarino

«Vero, quel gelato esprime tanta voglia di libertà, di andare a spasso, muoversi all’aperto, giocare» osserva Mandarino. Quel bambino rappresenta – secondo la maggior parte di chi capita in quella zona del parco – le tante privazioni subite da una marea di suoi coetanei in tutto il mondo, ai quali è stata negata non solo la gioia di divertirsi insieme, ma anche quella di rinunciare al contatto anche fisico col compagno di banco a scuola. Ecco, il desiderio del contatto fisico, uno dei tanti umanissimi piaceri negatici dalla pandemia, è una delle suggestioni emanate da un altro dei vari murales di “Manda”. Un pupazzetto sventola una bandierina arcobaleno della pace, l’ennesimo cuore rosso campeggia nel fumetto bianco, quel piccoletto sembra venire incontro festoso al passante per dirgli «torniamo alla normalità, abbracciamoci, amiamoci». Leggermente più criptica un’altra creazione di “Manda”. In una “selva” di cactus, «che rappresenta la società», ce n’è uno più grande che “esclama” un cuore. «La pandemia, purtroppo, ha portato troppe persone a inaridirsi, ad essere scontrose» e quel cactus sta lì ad invitare la gente ad aprirsi col prossimo, dialogare, essere socievoli in una città, un mondo post Covid migliore possibile.

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