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Claudio Pinti ai domiciliari,
la procura generale fa ricorso:
«Non va scarcerato»

ANCONA - Gli uffici diretti dal dottor Sergio Sottani contro il cambiamento della misura cautelare disposto dalla Corte d'Appello per il 38enne condannato fino al secondo grado a 16 anni e 8 mesi per aver infettato con l'Hiv l'ex compagna Romina e Giovanna Gorini, madre di sua figlia

Claudio Pinti

 

Claudio Pinti verso i domiciliari: la procura generale fa ricorso per farlo tornare in carcere. E’ stato impugnato questa mattina il provvedimento emesso sei giorni fa dalla Corte d’Appello di Ancona per attenuare la misura cautelare nei confronti del 38enne jesino condannato fino al secondo grado a 16 anni e 8 mesi di reclusione per aver trasmesso l’Hiv all’ex compagna Romina Scaloni e alla madre di sua figlia, Giovanna Gorini. Ora, la palla passerà al Tribunale della Libertà: dovrà fissare un’udienza per discutere la legittimità dei motivi che hanno dato l’ok per la scarcerazione da Rebibbia. I giudici della Corte d’Appello, tra le motivazioni, avevano addotto  il definitivo abbandono degli atteggiamenti negazionisti» di Pinti nutriti verso l’esistenza del virus dell’Hiv e la sua apertura alla cure mediche, nonchè il ridimensionato pericolo della reiterazione dei reati. L’impugnazione del provvedimento della Corte d’Appello era stato chiesto, attraverso due istanze separate, dagli avvocati delle parti civili: Alessandro Scaloni (per Romina), Elena Martini e Cristina Bolognini (per i familiari di Giovanna, morta nel giugno del 2017 per una patologia tumorale connessa all’Hiv). La scarcerazione del 38enne sarà esecutiva entro il 10 maggio: Pinti potrà andare ai domiciliari con il braccialetto elettronico ma non dovrà comunicare con il mondo esterno. Vietato anche l’utilizzo dei dispositivi informatici. Potrà recarsi all’ospedale di Torrette per eseguire controlli medici.

(fe.ser)

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