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Sorpresa nel magazzino comunale:
ritrovata la carrozza del conte Ricotti

ANCONA - Si tratta di un esemplare di Berlina della prima metà del XIX secolo, appartenuta al casato di Luigi Raimondo, morto il 22 ottobre del 1897 a causa delle piogge torrenziali che lo sorpresero mentre era in viaggio. Celebre la sua frase "Avanti si Vada!", detta al cocchiere che stava rallentando la marcia a causa della tempesta

La carrozza rinvenuta in magazzino

 

di Giampaolo Milzi

“Avanti si vada!”, succeda quel che succeda, a tutti i costi, anche a rischio di morire soffocati dall’acqua. Una frase famosa ad Ancona, quella attribuita al conte Luigi Raimondo Ricotti. Pronunciata dal nobile, anche se ai confini della leggenda. Ma ora sarebbe possibile per tutti toccare con gli occhi, per credere fino in fondo, perché una delle carrozze usate dal conte Luigi Raimondo, forse proprio quella dell’incidente che gli costò la vita, si trova in una sorta di cronico oblio, dimenticata da tutti, o quasi, nel magazzino municipale di via Matteo Ricci, a Collemarino. A riscoprirla, in tutta la sua bellezza, Cronache Ancona. Che, seguendo quelle che parevano voci infondate, le ha invece verificate e ha ottenuto le foto dell’antico veicolo. Che rappresenta quindi una preziosa paginetta della spesso “maltrattata” e dispersa memoria storica del capoluogo marchigiano.

La carrozza in questione, tutto sommato ancora in buone condizioni, giace da chissà quanti anni, coperta da un telone, proprio nel sopra citato deposito. Il casato, quello dei ricchissimi conti che tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX costruirono la bellissima Villa Favorita alla Baraccola (attuale sede dell’Istao), zona con i suoi dintorni dove avevano la maggior parte dei loro tanti possedimenti, tra terreni, case coloniche ed edifici. E ci piace pensare che l’elegante Berlina sia quella che il 22 ottobre del 1897 fu spazzata via da una epocale alluvione (le fortissime piogge erano iniziate il 3 ottobre); quella dove rimase intrappolato e morì per annegamento Luigi Raimondo Ricotti, un personaggio eclettico, testardo quanto coraggioso, dotato di una volontà di ferro, famoso perché era tra gli anconetani più facoltosi, ma soprattutto perché solito pronunciare la mitica frase “Avanti si vada!”. Frase che l’impavido conte scandì con tanto di punto esclamativo anche quel fatidico, o se preferite famigerato 22 ottobre di 125 anni fa.

Un incidente talmente degno di nota, da essere descritto perfino in un trafiletto del Corriere della Sera, che qui di seguito riportiamo in parte: “Ci telegrafano da Ancona, 22 ottobre, sera: L’odierna alluvione produsse danni terribilmente maggiori della prima (le fortissime piogge in varie località delle Marche duravano ininterrotte dal 3 ottobre, ndr.). La cronaca registra vittime umane. Il conte Raimondo (Luigi Raimondo, ndr.), settantenne, si recava in una campagna presso la borgata Pinocchio. La sua vettura era guidata dal cocchiere Bonafede, un provato servitore. Giunto al Campo di Marte (l’odierna piazza D’Armi, ndr.), il cocchiere avvertì il conte della impossibilità di proseguire ma il conte, un tipo originale, gli ordinò di continuare. La furia delle acque travolse la carrozza. Il conte miseramente annegò, chiuso nella vettura. Il cavallo perì. Il cocchiere fu tratto a salvamento, gravemente ferito, e trovasi in pericolo di vita (…)”.

Possiamo aggiungere che il cocchiere, di nome Fernando, e il suo padrone, un paio di minuti prima della tragedia erano stati avvertiti del gravissimo pericolo incombente dai dazieri della postazione doganale del rione Piano. Ma il conte, che aveva già compiuto tanta strada (probabilmente proveniva dal suo palazzo residenziale più elegante, che sorgeva dove oggi è l’edificio dell’Inail, nel quartiere porto, vicino alla Portella della Dogana) non ne volle sapere, e mentre il cocchiere rallentava tuonò, appunto, “Avanti si vada”. La carrozza fu scaraventata dalla tempesta nel profondo e straripante fosso di smaltimento idrico che si allungava in via Cristoforo Colombo. Il cocchiere riuscì ad aggrapparsi ad una sporgenza del canale e fu tratto in salvo da un certo Antonio Caprari, che gli lanciò una corda, mentre anche il cavallo esalava l’ultimo respiro. La carrozza in qualche modo sarebbe stata recuperata.

«Quella che abbiamo in magazzino è un modello di gala, decorata e in parte dorata, un magnifico esemplare di Berlina della prima metà del XIX secolo – così la descrive Maria Vittoria Carloni, impiegata alla Direzione Cultura municipale ed esperta di carrozze – Un tipo di veicolo solitamente riservato alle case regnanti o alle grandi casate nobiliari, a quattro ruote con cassa in legno sospesa a cinghie di cuoio, con vetri e copertura. La forma specifica del telaio e le ruote con raggi in legno cerchiati in ferro attestano proprio la fabbricazione tipica del primo Ottocento, prima dell’avvento della scocca portante e dell’introduzione della gomma. Questa carrozza è un preziosissimo oggetto in buono stato di conservazione da studiare e valorizzare opportunamente». Uno stadio di conservazione buono, ma non ottimale. La carrozza necessita di un’accurata revisionate. Di un esperto restauratore e maestranze specializzate per riportala pienamente al suo antico splendore. Vanno eliminate le fessurature del legno, sostituite le cinghie e le altre componenti in cuoio, così come buona parte della tappezzeria interna. C’è speranza che questo restauro conservativo venga effettuato? Carloni: «Sì, l’assessorato alla Cultura sta pensando di reperire buona parte dei fondi necessari presentando un progetto attraverso le modalità dell’Art Bonus», un istituto introdotto per favorire il mecenatismo artistico-culturale. Si spera che questo intento dell’assessorato si concretizzi, in modo che la carrozza possa essere esposta al pubblico in un locale comunale. Potrebbe essere adatto uno degli spazi della Mole Vanvitelliana.

 

 

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