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Altro che “isola felice”,
a Civitanova affari d’oro per la ‘ndrangheta.
Serve la Dia anche nelle Marche

L'INTERVENTO di Giuseppe Bommarito - Il sottosegretario agli Interni Emanuele Prisco (FdI) ritiene che l'unico anello debole sia l'Hotel House. Ma il vero problema è più a sud con gli affari nella città costiera e nel Fermano. La costa sommersa dalla cocaina e luogo privilegiato per il riciclaggio. Negli ultimi mesi si sono fatti avanti, per acquistare chalet, con l’incertezza per la direttiva Bolkestein, anche persone legate al clan ostiense Spada. E' necessario un centro operativo dell'Antimafia nella nostra regione. L'operazione propaganda del Governo "Ad alto impatto" a Porto Recanati si è conclusa con un pugno di mosche

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L’avvocato Giuseppe Bommarito

di Giuseppe Bommarito*

Le ultime dichiarazioni di importanti esponenti istituzionali circa la presenza della criminalità organizzata nella nostra provincia e le priorità investigative e repressive hanno lasciato veramente di stucco chi da anni segue la problematica in questione e fanno ben intendere quanto sia grave l’assenza nelle Marche di un centro operativo della Dia (Direzione Investigativa Antimafia), o almeno di una sua sezione. La Dia, organismo interforze, composto da elementi di punta della polizia, dei carabinieri e della Guardia di finanza, si occupa – come è noto – di investigazioni giudiziarie sulla criminalità organizzata di stampo mafioso, di propria iniziativa o su impulso delle varie Direzioni distrettuali antimafia. 

Le Marche, orfane di tale importantissimo presidio investigativo perché ancora oggi incredibilmente ritenute una zona sostanzialmente immune dalla penetrazione mafiosa (al massimo, si arriva a riconoscere qualche recente “infiltrazione” o qualche “presenza”, qualche “propaggine” di elementi legati alle varie mafie italiane o straniere), oggi fanno capo al centro operativo di Bologna o a quello di Roma, che hanno ben altre beghe criminali alle quali porre attenzione, per cui le relazioni semestrali che la Dia sforna per il Parlamento, sono, per quanto riguarda la nostra regione, per lo più ripetitive o del tutto generiche, e quasi sempre stringatissime e prive dei necessari approfondimenti, a causa proprio della mancanza di terminali operativi locali in grado di valutare compiutamente la reale situazione.

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Il sottosegretario Emanuele Prisco a Macerata

Ciò spiega come sia possibile, dopo decine di indagini giudiziarie che a partire dagli anni Settanta hanno dimostrato non la mera presenza, ma il radicamento ormai decennale, su basi solide e non occasionali, di tutte le mafie italiane e di buona parte di quelle straniere (non a caso Nicola Gratteri, neo procuratore di Napoli, un magistrato che non parla mai a vuoto, ebbe a dichiarare nel 2012 in un pubblico convegno che nelle Marche erano presenti tutti i più importanti clan ‘ndranghetisti), che poche settimane fa venga a Macerata il sottosegretario agli Interni Emanuele Prisco (esponente di Fratelli d’Italia) e se ne esca con frasi assurde tipo: “Le Marche sono ancora un’isola felice… l’anello debole è l’Hotel House e su quello ci concentreremo”. E ciò a sua volta spiega come, poco dopo, sia stata decisa ed effettuata una grande operazione interforze, addirittura con rinforzi provenienti da fuori provincia, qualificata solennemente “ad alto impatto”, nel palazzone multietnico di Porto Recanati (ove risiedono circa 2mila persone, che arrivano a oltre 6mila nei mesi estivi), che è pervenuta a risultati veramente deludenti: 53 grammi di hashish, un denunciato per spaccio, due consumatori segnalati per i provvedimenti del caso e cinque extracomunitari irregolari spediti in qualche centro per il rimpatrio. Praticamente, dopo tanto sforzo, solo un pugno di mosche.   

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Eppure è notorio che nell’Hotel House, così come, a sud, a nei palazzoni di Lido Tre Archi, vivono e si nascondono solo alcuni irregolari e molti appartamenti, d’estate, vengono utilizzati come magazzini per la paccottiglia che la camorra spedisce per la vendita sulle spiagge della costa da parte dei venditori ambulanti extracomunitari.

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L’operazione all’Hotel House

Diverse persone lì residenti vengono utilizzate – è vero – per lo spaccio da parte soprattutto delle organizzazioni malavitose straniere, ma stiamo parlando di semplice manodopera. L’epicentro del problema, il vero cuore della criminalità organizzata di stampo mafioso, si trova più a sud, nella zona di Civitanova e del suo hinterland e nel Fermano (un agglomerato urbano di circa 250mila abitanti) e si chiama ‘ndrangheta, la mafia più potente e più ricca al mondo, l’unica presente in tutti e cinque i continenti, l’unica che tratta da pari a pari con i narcos colombiani al punto da ottenere il prezzo più basso per l’oro bianco, la cocaina.

Sono i calabresi che in questa zona gestiscono le danze, in questa zona che è la più ricca delle Marche, quella dove girano più soldi e dove vi sono più locali pubblici e locali per il gioco d’azzardo legale ed illegale, e dove l’edilizia ancora gira a prezzi alti. Arrivati spesso alla terza o quarta generazione che fa soldi a palate con il mercato della droga, i capi clan e i loro rampolli non vogliono più rischiare anni di carcere con la cocaina e tanto meno con gli omicidi. Forti dell’esclusiva e dei prezzi di favore a loro riservati dai narcos colombiani si limitano a garantirne con modalità estremamente protette l’approvvigionamento, che arriva soprattutto dall’Olanda (un paio di mesi fa, quando vi fu un sequestro di otto tonnellate di cocaina a Rotterdam, vi fu un momento di grande panico al riguardo e alcuni soggetti calabresi stanziali a Civitanova dovettero andare in Olanda per risolvere velocemente il problema con forniture alternative). E poi cedono il mercato locale della cocaina stessa ai vari clan degli albanesi, che a livello criminale sono molto cresciuti anche nella nostra zona ed hanno pure diversi canali diretti per l’acquisto in Colombia, ma preferiscono comprare dalla ‘ndrangheta perché a loro costerebbe di più.

operazione-hotel-house-2-650x439I calabresi attualmente si stanno invece specializzando nelle coltivazioni di cannabis (altra sostanza di grandissimo smercio), effettuate sia in Calabria sia in diverse zone interne del maceratese tramite uomini di fiducia e case di campagne prese in affitto, consapevoli che nelle aule giudiziarie tutto ciò che ha a che fare con la cannabis gode di una sorta di immunità di fatto o comunque comporta, nei casi peggiori, pene di lieve entità.

E poi si sono dati in grande stile al riciclaggio (ben 777 operazioni sospette segnalate nel 2022 nelle Marche), acquistando tutto ciò che è possibile (appartamenti; aziende anche del settore ittico, intestate a prestanome e usate pure per i consueti giochetti delle fatture false e delle tasse e imposte non pagate per tre anni, per poi andare a fallimento; esercizi commerciali, bar, gelaterie, pizzerie, yogurterie, lavanderie a gettoni e simili, che scontrinano per qualche anno a tutto andare e poi chiudono, lasciando debiti con i dipendenti, i fornitori, gli enti previdenziali, lo Stato).

Non trascurano nemmeno il giro estorsivo, che però loro si riservano solo per i più importanti locali del divertimentificio civitanovese, ormai superiore per offerta e varietà a quello romagnolo.

Naturalmente poi lo spaccio minuto sulla costa e nell’interno delle varie sostanze è gestito da altri clan malavitosi appartenenti agli albanesi, alla camorra, alle mafie straniere, tunisini, marocchini, nigeriani, pakistani. Ci sono anche i russi che riciclano alla grande e vecchi arnesi che stanno cercando di rientrare nel mercato della droga ed altri, ormai prossimi al carcere per cumulo di condanne, che, per fare cassa, trafficano in droga e facendo estorsioni spacciandosi per grandi boss, ma – questo è un dato di fatto – gli acquisti a monte della sostanza stupefacente oggi dominante nella diffusione e nei guadagni illeciti, la cocaina, sono patrimonio esclusivo dei calabresi. I grandi affari li fanno i calabresi, e sono loro a comandare, senza ombra di dubbio. A Civitanova sono stati arrestati negli ultimi anni esponenti dei clan Farao-Marincola, Ferrazzo, Vrenna-Di Bonaventura, Pesce, “saliti” da noi perché le Marche, per i loro affari, sono veramente una “isola felice”. E poi, di appoggio, ci sono le famiglie calabresi stanziali in zona da decenni, due in particolare, una operativa nell’interno e una sulla costa, entrambe molto attive, anche nel settore dell’edilizia.

operazione-hotel-house-4_censored-325x217Da ultimo, novità degli ultimi mesi, sulla costa si sono fatti avanti, per acquistare chalet, in questa fase di grande incertezza per la direttiva Bolkestein, anche soggetti legati al clan ostiense Spada, attentamente perseguiti dagli inquirenti sul versante tirrenico e in cerca di più tranquille zone di espansione, di riciclaggio e di attività di spaccio. 

E poi, per finire questa breve carrellata, ci sono in zona, chissà perché, tanti parenti e affini di criminali famosi, ad esempio di Francesco Schiavone detto Sandokan, dei Bidognetti, senza dimenticare Lady Camorra del clan Licciardi, gìà leader dell’Alleanza di Secondigliano, con molti investimenti in zona, tra cui quell’azienda che al Sud è denominata la “lavanderia d’Italia”.

Insomma, mentre la costa sta diventando un luogo privilegiato di riciclaggio e sta affogando in un fiume continuo di cocaina, con ragazzi giovanissimi già avviati nel tunnel mortifero della droga e con il precedente prefetto Ferdani che ha bloccato per anni il comitato provinciale che si sforzava di fare prevenzione, un flusso alimentato anche dal gioco d’azzardo legale e illegale (e pensare c’è chi nell’amministrazione comunale si vanta del fatto che Civitanova sia appellata come la Las Vegas delle Marche), dall’usura, dall’alcol distribuito pure ad adolescenti senza alcun controllo, ci sarebbe molto da fare per contrastare realmente la criminalità organizzata di stampo mafioso anziché esibirsi in operazioni di pura facciata (del tipo delle auto di servizio delle forze dell’ordine con i lampeggianti accesi che ogni tanto vanno a farsi un giro nelle zone note di spaccio a cielo aperto), di utilità pari a zero.

*avvocato, presidente dell’associazione “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”

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