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Doccia gelata sui lavoratori Beko:
a Melano di Fabriano 66 esuberi

ROMA - Presentato il piano industriale al Ministero con l'annuncio della chiusura dello stabilimento di Comunanza nelle Marche. Dichiarato lo stato di mobilitazione in tutti i siti. Fim, Fiom, Uilm e Uglm: «Il Governo deve esercitare subito la golden power»


Oggi Beko nell’incontro tenutosi al Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha presentato un piano industriale brutale, che prevede chiusure e licenziamenti. La multinazionale turca ha difatti dichiarato la chiusura delle fabbriche di Comunanza, di Siena, il ridimensionamento della fabbrica di Cassinetta, della chiusura della ricerca e sviluppo di Fabriano e più in generale tagli in tutti i siti e gli uffici italiani per un totale di 1.935 esuberi su 4.440 occupati.

«Più in particolare il piano di Beko prevede le chiusure entro fine 2025 della fabbrica di congelatori di Siena e di quella di lavatrici di Comunanza, con la progressiva cessazione delle produzioni. A Cassinetta il piano prevede solo 3 linee produttive sulle attuali 5 di frigoriferi con 541 esuberi. A Melano gli esuberi sarebbero 66, a Siena 290, a Comunanza 320, a Carinaro 40, inoltre 198 sono nella ricerca e sviluppo, 98 nel commerciale Italia, 19 nel commerciale Medio Oriente e Africa, 363 nelle funzioni regionali. – sottolineano le segreterie nazionali di Fim, Fiom, Uilm, Uglm – Di fronte a ciò il Governo deve esercitare subito quella golden power che nei mesi scorsi si è vantato di avere inserito a protezione dei lavoratori nella fase di cessione di Whirlpool Emea a Beko e che non si comprende bene che funzione abbia in termini di deterrenza contro i licenziamenti. Ora è il momento di passare ai fatti, per scongiurare un piano socialmente brutale e il tentativo di saccheggio industriale operato da Beko. Come sindacato dichiariamo immediatamente lo stato di mobilitazione in tutti gli stabilimenti». Il tavolo è riconvocato per il giorno 10 dicembre alle ore 14.

Il sito di Comunanza della Beko produrrà fino alla fine del 205 e poi prenderà il via la reindustralizzazione. La nuova proprietà turca lo ha comunicato al Ministero delle Imprese.E’ quello che temevano le maestranze dello stabilimento ex Whirlpool a Comunanza che vedono il proprio futuro tingersi di nero. La stessa sorte riguarda anche il sito industriale Beko di Siena. La reindustralizzazione porterà alla cessazione della produzione di frigoriferi e lavatrici in queste sedi. Anche il sito di Cassinetta (Varese) subirà riduzioni, con una presentata della produzione di frigoriferi e il mantenimento di quella riguardante i forni da incasso Le misure coinvolgeranno circa 2.000 esuberi, di cui 1.200 in produzione. Per lo stabilimento di Comunanza si tratta di 320 esuberi. La decisione è influenzata dal calo della domanda in Europa e dalla concorrenza asiatica. Beko ha annunciato un investimento di 110 milioni sugli stabilimenti italiani, ma resta da verificare l’efficacia del golden power esercitato dal governo per tutelare l’occupazione e la sicurezza dei dati raccolti dai dispositivi connessi.

Augusto Curti

«Beko Europe ha sostanzialmente ufficializzato la chiusura dello stabilimento di Comunanza a fine 2025. Una decisione tragica che non può essere accettata nella sostanza come nel metodo – commenta l’on. Augusto CurtiGrave l’assenza del Ministro Urso al tavolo fissato con i sindacati; il Governo ha infatti il dovere di presidiare le trattative, mettendo in campo tutti gli strumenti normativi e politici necessari per scongiurare questo atto di violenza, nei confronti di un territorio già martoriato dal sisma. In questo senso non sono più ammissibili le mezze verità sul tema del Golden Power, il cui perimetro e la cui operatività vanno definitivamente resi noti».

Il ministro Adolfo Urso ha cercato di rassicurare, evidenziando che «il fatto stesso che in questi mesi abbiano annunciato la chiusura di altri stabilimenti in Europa, mentre in Italia sono al tavolo di confronto con i sindacati e con le regioni, garantito e presieduto dal ministero, ci deve dare più serenità».

«La chiusura dello stabilimento Beko a Comunanza rappresenta un durissimo colpo per la nostra regione, e in particolare per le aree interne che continuano a pagare il prezzo di scelte industriali irresponsabili e di una politica economica miope» commenta Anna Casini, capogruppo PD Marche. «Comunanza non è solo un polo produttivo, ma anche una comunità che negli ultimi anni ha affrontato con coraggio le conseguenze del terremoto, dimostrando una resilienza straordinaria. L’abbandono da parte di Beko sarebbe un tradimento per questo territorio e un’ulteriore ferita per le Marche».

 

Anna Casini

 

Casini chiede con forza alla Giunta regionale e al Governo nazionale di intervenire immediatamente per scongiurare la chiusura e salvaguardare i posti di lavoro. «Non possiamo accettare che multinazionali approfittino del nostro territorio per poi abbandonarlo senza alcuna responsabilità sociale. Le istituzioni non possono rimanere a guardare. Avevamo già presentato un’interrogazione in consiglio regionale, ma viste le evoluzioni di queste ore, seguiranno altre azioni».

 

«La decisione di Beko di chiudere lo stabilimento di Comunanza è una notizia drammatica per il nostro territorio, che non può e non deve passare sotto silenzio» afferma la segreteria provinciale del PD Piceno «Si tratta di un colpo gravissimo per i lavoratori, le loro famiglie e tutta la comunità della provincia di Ascoli».

 

Francesco Ameli

Il PD Piceno chiede con forza al Governo e alla Regione Marche di attivarsi immediatamente per trovare soluzioni concrete e durature. «Non possiamo permettere che una multinazionale abbandoni questo territorio senza un piano per la riconversione industriale e la tutela dei lavoratori, né ci si può permettere un’azione del governo così debole» sostiene il segretario Francesco Ameli. «Come partito saremo al fianco delle istituzioni che sceglieranno di difendere il Piceno. Difendere Comunanza significa difendere l’intera provincia, le nostre montagne e un modello di sviluppo che non lascia indietro nessuno, a partire dai territori più fragili».

 

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