L’avvocato Giuseppe Bommarito
di Giuseppe Bommarito*
Dai videogiochi agli hikikomori, dalle truffe al Dark web, dalla droga ordinata online, ai tipster e ai fuffa guru: la fotografia dei giovani maceratesi di Paolo Nanni, dipendente dell’Ast Macerata, componente dello staff prevenzione del Dipartimento dipendenze patologiche dove svolge le funzioni di comunicatore, esperto di fenomeni digitali.
Partiamo dai videogiochi, utilizzati da adulti e soprattutto da tanti ragazzi e ragazzini, possono essere considerati come una droga?
Direi di no, attenzione a non coltivare pregiudizi, a non demonizzare. Le risorse digitali – videogiochi, telefono, social. – possono essere preziose nella vita dei giovani, luoghi di comunicazione, emozioni, esperienze alleate della crescita, non sono nemiche o pericolose a prescindere. D’altro canto, un uso sbagliato, eccessivo e incontrollato, crea rischi notevoli per la salute, interferisce con lo sviluppo e la vita quotidiana.
Paolo Nanni
Quando l’utilizzo dei videogiochi sconfina nell’abuso? Quando, cioè, devono essere considerati un problema per l’adolescente? E possono creare una dipendenza comportamentale?
Purtroppo sì, pur non essendo paragonabili a droghe, i videogiochi hanno la capacità di creare grande coinvolgimento emotivo, diventare invadenti a un punto tale da determinare dipendenza comportamentale. Ce lo conferma l’Organizzazione mondiale della sanità) che ha definito tale situazione “Gaming Disorder”.
L’utilizzo dei videogiochi diventa problematico quando altera i ritmi della giornata – in particolare facciamo attenzione alla qualità del sonno – e sostituisce le attività fondamentali quali studio, interessi, relazioni, sport, vita all’aria aperta. Ecco, a proposito di questi ultimi aspetti, un chiaro sintomo di abuso è l’isolamento. L’isolamento può essere così rilevante da sfociare in tendenze hikikomori.
Chi sono gli hikikomori?
Sono giovani e giovanissimi, più raramente anche adulti, che si ritirano in casa, tagliano i ponti con l’esterno, per paura di affrontare le sfide della quotidianità. Per un adolescente che non esce più, che vive tutta la sua giornata in camera, perdendo i normali ritmi, dai pasti al sonno, lo streaming audio/video, i videogiochi e i social network diventano l’unica finestra sul mondo esterno.
È un fenomeno nato in Giappone: qui, come altrove, aspettative e pressioni portano tanti giovani a cadere vittime di ansie e ferite emotive; con la rivoluzione digitale si è diffuso in tutto il mondo e questo ci fa capire quanto le risorse tecnologiche siano sovente portatrici di tensioni. Un bambino che si affaccia sui media digitali si accorge di quanto è divenuto amplificato il nostro mondo, da lì possono nascere problemi di autostima e paura del giudizio altrui. Torniamo ai videogiochi: offrono simulazioni, dunque possono essere divertenti e stimolanti per la crescita, ma possono anche divenire bolle di esperienze fittizie che sostituiscono quelle nel mondo esterno.
I contenuti di alcuni videogiochi, penso soprattutto a Gta e ad altri simili, possono suggestionare i ragazzi che ne fanno uso?
In Gta possiamo svolgere una vera e propria carriera criminale, un’ascesa nella criminalità organizzata a base di rapine, spaccio e tanta violenza. Per questo è un gioco Pegi 18, cioè in base alla classificazione europea (Pegi: Pan European Game Information) dovrebbe essere usato solo da chi è maggiorenne. Il condizionale è d’obbligo, sappiamo che tantissimi adolescenti lo giocano, ecco il problema: i genitori ignorano o sottovalutano le età indicate dal Pegi.
Per fortuna nella maggioranza dei casi possiamo contare sul fatto che i ragazzi sapranno comunque ben distinguere il piano della finzione da quello della realtà, ma in soggetti troppo piccoli o particolarmente vulnerabili possono esserci effetti suggestivi, che inquietano e disorientano o che, all’opposto, desensibilizzano.
Il cellulare, soprattutto nella versione smartphone, è da anni al centro di polemiche per le possibili interazioni con lo sviluppo neuro-cognitivo degli adolescenti. Su quali contenuti dei cellulari le famiglie devono assolutamente vigilare perché del tutto inadatti ai loro figli?
Lo smartphone è il vero protagonista della rivoluzione digitale, è diventato il perno della nostra vita, nel telefono c’è tutto: studio, lavoro, intrattenimento, informazione, relazioni. Ci segue ovunque, ha mille utilizzi. Quindi l’abuso è dietro l’angolo. Un genitore per aiutare il figlio ad avere un rapporto sano col telefono deve farsi con costanza tre domande.
Quali?
La prima: quanto tempo passa con il telefono davanti agli occhi? Se ci passa diverse ore al giorno, non si scappa dai danni della cosiddetta “iperconessione”, fenomeno nato con la rivoluzione digitale, che ci induce a saltare da uno stimolo breve all’altro, in modo superficiale, senza selezionare, senza approfondire. Questo utilizzo purtroppo non è costruttivo, fa aumentare tensione e ansie, fa diminuire attenzione e memoria. In particolare tale effetto è causato dall’abitudine di fare scroll infinito di short content, cioè, in altre parole, immagini e video brevi. Tipicamente tale comportamento avviene su Instagram e Tiktok. La seconda: Quanto è responsabile nell’uso dei social? Se crea profili fake, se manca di rispetto, se è solito condividere video e immagini senza riflettere, allora, a prescindere dall’età, sappiamo che non è pronto per stare sui social. Usare bene Instagram, Whatsapp, ecc., significa innanzitutto agire con responsabilità, empatia e rispetto. Ad esempio, prima di condividere un contenuto che ti è arrivato su whatsapp ti devi sempre domandare se la persona ritratta ha dato il consenso, se sta soffrendo perché magari è stata colta in un momento di difficoltà o imbarazzo.
E la terza?
Quali contenuti gli piacciono, quali cerca? Alcuni canali social sono assai interessanti, utili per la crescita, utili per confrontarsi con nuovi punti di vista. Ma ci sono anche contenuti inappropriati e persone pericolose. Senza attenzioni adeguate ci si può ritrovare in forme di cyberbullismo, di adescamento e manipolazione. Devi avere uno spirito critico piuttosto sviluppato per renderti conto di alcune minacce. Prendiamo ad esempio le famigerate “loot box”, scatole a sorpresa che compri nei videogiochi o su piattaforme di shopping sperando di trovare qualcosa di prezioso. Si tratta di un meccanismo psicologico arcinoto, ma che online assume mille varianti attraenti, a volte talmente ben raccontate da sembrare vantaggiose. Siamo insomma molto vicini alle trappole dell’azzardo.
Il gioco d’azzardo e la pornografia sono tra i contenuti più veicolati dagli smartphone e tra quelli che generano più profitti per chi si muove in questi mondi, spesso fonte di illegalità. Qual è la situazione attuale?
Sono ambiti di rischio assai diverso, ma quando parliamo di minori sono accomunati da un noto e annoso problema: il divieto facilmente eluso. Nel caso della pornografia gli ostacoli sono davvero modesti. Possiamo anche usare una applicazione di controllo parentale, ma diversi studi hanno dimostrato che funzionano in modo parziale e sono aggirabili. Questo ci fa capire che nulla sostituisce la presenza reale del genitore nel mediare le esperienze digitali, nel dare regole, farle rispettare e al contempo tenere un dialogo franco e aperto. Con la pornografia gli adolescenti possono sviluppare visioni distorte del sesso, ansie e senso di inadeguatezza. Purtroppo sul tema sesso persiste un tabù, riusciamo a portare educazione nelle scuole su quasi tutti i fenomeni della Rete, ma su questo pare impossibile.
Nel caso dell’azzardo aggirare il divieto parte da elementi precursori, ad esempio le loot box appena citate, che abituano le menti degli adolescenti alle scariche emotive del vincere e perdere in modo veloce e casuale. Un messaggio assai più diretto è poi quello delle app e dei contenuti social dedicati alle scommesse sportive. Le app ti danno le quote, mentre i tipster ti danno le dritte. Spieghiamo meglio: i tipster sono personaggi che agiscono sui social dando suggerimenti per scommettere sugli eventi sportivi, alcuni di loro si vantano di avere qualità o metodi imbattibili, attraendo i giovani con il solito miraggio dei soldi facili e con il coinvolgimento emotivo che esercitano sport popolari quali calcio, tennis, basket nba, formula uno, ecc.. Il passo successivo è aprire account online con documenti di parenti o amici compiacenti, oppure sfruttare sistemi illegali su Telegram o sul Dark web.
Cos’è il Dark web? Navigando su internet con il cellulare o il computer, c’è realmente la possibilità di accedere a mercati illegali e qui acquistare droghe o psicofarmaci?
Sì. Il Dark web è una parte della Rete che non viene tracciata dai motori di ricerca e in cui servono mezzi particolari per accedere. Di solito si usa un programma di navigazione particolare che si chiama Tor. A riparo dallo sguardo pubblico qui avvengono purtroppo anche commerci illegali. Si possono comprare droghe di ogni tipo, farmaci contraffatti, dati rubati e molto altro. Per agire nel modo più discreto possibile i pagamenti avvengono spesso in criptovalute.
E’ possibile che, tramite questi mercati illegali, un ragazzino si faccia arrivare a casa sua, o dove vuole, un pacco contenente sostanze stupefacenti?
Sì, purtroppo è possibile. Acquistare sostanze in questo modo è molto pericoloso, è impossibile capire cosa ti stanno vendendo. Inoltre un giovane che si avventura nel Dark Web rischia di trovare persone molto più furbe e attrezzate, che possono mettere in atto furti di dati, ricatti, manipolazioni. Se tuo figlio ha installato Tor sullo smartphone o sul pc senza una buona ragione, se riceve pacchetti insoliti o anonimi, questi sono campanelli d’allarme che vanno affrontati. Ma non sottovalutiamo alcune app social comuni, ad esempio Telegram, che è anch’essa una darknet e permette di accedere a traffici e situazioni criminose.
E’ noto che l’uso compulsivo di strumenti digitali crea ansia e si presta a manipolazioni a distanza. Può incidere anche sull’autostima? Può portare a suicidi “pilotati” da remoto, come si è letto in alcuni recenti fatti di cronaca?
Non voglio parlare dell’ultimo caso specifico, meglio non azzardare analisi quando ci sono fatti su cui si sta indagando. Quindi, astraendo da come è andata in quel caso, ti rispondo che secondo me la manipolazione online è uno dei problemi più difficili e in diffusione che ci troviamo ad affrontare. Al di là dell’autostima carente o di altre condizioni, la verità è che ognuno di noi attraversa momenti di vita in cui si è vulnerabili, in quei frangenti trovi sempre online persone che sono pronte a prenderti all’amo.
Vengono anche portate a termine, o semplicemente tentate, anche numerose truffe tramite le piattaforme digitali…
Qui tocchiamo a mio modo di vedere il più rilevante problema della rivoluzione digitale. Tutti sappiamo che online ci sono truffe. Spesso gli inganni partono dalle nostre necessità. Ad esempio, se devi vendere qualcosa o cerchi lavoro. Ecco a tal proposito il peggio deve ancora venire. Innanzitutto va evocato un fenomeno che tutti conosciamo ma tendiamo a sottovalutare: la profilazione, cioè la capacità che hanno le piattaforme che usiamo ogni giorno – social network, motori di ricerca, AI generative, portali di shopping, streaming – di imparare chi siamo tramite ciò che guardiamo e facciamo. Conoscono tutto di noi, compresi desideri e debolezze. Ciò significa che ci dobbiamo aspettare forme di scam, cioè di imbroglio, di macchinazione, sempre più aggressive e personalizzate. Un esempio: con l’intelligenza artificiale è già possibile creare un vocale whatsapp che imita alla perfezione la tua voce, basta poi mandarlo a un tuo parente per metterlo in allarme e provare ad estorcere denaro.
Sono soprattutto adulti e anziani le persone più esposte ai tentativi di scam, per via della loro disponibilità economica, ma, per quanto possa risultare strano, i truffatori ormai si sono armati anche per sottrarre i pochi risparmi dei giovanissimi, un esempio sono i fuffa guru specializzati nel target giovanile.
Chi sono i “fuffa guru” e come funzionano?
I fuffa guru sono personaggi che millantano successi strepitosi in un determinato campo, esibiscono online i simboli del loro successo: soldi, supercar, vacanze di lusso. Ti promettono di ottenere altrettanto seguendo i loro metodi infallibili. Tale narrativa è orientata a sfruttare il bisogno di riscatto e le difficoltà economiche. Nel caso dei più giovani ciò che attira come una calamita è l’idea che ci sia una scorciatoia agevole per fare soldi e godersi la vita. I fuffa guru che si rivolgono ai giovani di solito promuovono attività su criptovalute e trading, chiedendo loro di investire 300-500 euro con la prospettiva di vederli moltiplicarsi in breve tempo. A volte questi scam, questi imbrogli digitali sono promossi da influencer molto noti, che per prendersi una sostanziosa marchetta se ne fregano se qualcuno dei propri fan cade nell’inganno.
Gli influencer devono essere considerati un fenomeno positivo o negativo?
Per fortuna sono la minoranza coloro che hanno un atteggiamento simile. Quindi torniamo alla raccomandazione iniziale di non demonizzare i fenomeni legati alla rivoluzione digitale. Gli influencer possono ispirare cambiamenti, lanciare messaggi edificanti, divulgare cultura, narrare storie e punti di vista che arricchiscono la crescita di un adolescente. Altri influencer possono invece effettivamente corrispondere all’immagine che abbiamo di persone superficiali che cercano ossessivamente visibilità e approvazione con presunte vite perfette, che creano disvalore, ansia e insicurezza in chi li segue. Direi in tal senso che influencer e content creator (il professionista che crea contenuti accattivanti per aziende e brand) sono uno spaccato abbastanza fedele della società, ciò che li rende particolari è l’amplificazione estrema che le piattaforme donano loro. Da qui deriva la necessità di fare educazione digitale in modo continuativo: dobbiamo aiutare i ragazzi ad avere le competenze critiche per distinguere – usando una metafora – la buona musica dalla cattiva.
*Presidente associazione “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”
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