di Nicoletta Paciarotti
Corpi inermi, volti segnati, medici della peste che si muovono tra i cadaveri. È la scena forte e suggestiva che ha trasformato ieri piazza Federico II a Jesi in un futuro distopico.
Una cinquantina di persone ha dato vita al flash mob «2035: Il Futuro che Non Vogliamo», promosso dall’Assemblea permanente Stop Edison, contro l’impianto di smaltimento rifiuti pericolosi e non che Edison vorrebbe realizzare lungo la Zipa.
Nessun slogan, solo immagini simboliche: malati con flebo, moribondi, una musica inquietante e infine la comparsa della scritta «2035», come un presagio da evitare. «È un’espressione di un sentimento collettivo» spiega Enza Amici. «Qui siamo tutte e tutti attivisti dell’assemblea permanente, spogli di cariche politiche o culturali».
Il messaggio è chiaro: la tecnologia e il progresso, se guidati da altri interessi, possono riportarci indietro anziché avanti. «Ce lo hanno presentato come un impianto all’avanguardia, ma sappiamo che non è così», chiude Amici.
Accanto a lei, l’attivista Maria Luisa Quaglieri: «Quella che abbiamo davanti è la fotografia di una Jesi che rischia di tornare ai tempi peggiori». Il prossimo appuntamento è per sabato 14 giugno, alle 17.30: un corteo da Portavalle per concludersi in Piazza della Repubblica.
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