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Stefano Mastrovincenzo:
“Marche ridotte dalla crisi
a regione sospesa”

INTERVISTA - Il segretario regionale Cisl ai saluti dopo 9 anni alla guida del sindacato marchigiano. "Sono stati gli anni delle grandi vertenze, non siamo più la patria dello sviluppo senza fratture, ma siamo vulnerabili e disorientati. La Regione assuma un ruolo di propulsore per lo sviluppo, è fondamentale la capacità di usare le risorse Ue per creare valore" dichiara Mastrovincenzo

Stefano Mastrovincenzo

 

di Agnese Carnevali

Stefano Mastrovicenzo lascia la guida della Cisl Marche dopo quasi dieci anni di mandato, il passaggio delle consegne oggi a Civitanova durante il congresso regionale del sindacato. I lavori saranno aperti dal segretario generale Annamaria Furlan.
Mastrovincenzo lascia la segreteria regionale, che ha guidato dal 2008. Sono stati gli anni della crisi, delle grandi vertenze e delle sfide per il mondo del lavoro. Il testimone passa ora a Sauro Rossi.

Mastrovincenzo, inizierei dal suo nuovo incarico nazionale. Di cosa si occuperà e quali
saranno le priorità ?

Guiderò lo IAL, impresa sociale della Cisl con articolazioni in varie regioni che si occupa di
formazione e servizi al lavoro, operando nel campo dei fondi europei e dei fondi contrattuali
bilaterali costituiti dalle parti sociali. E’ anche la parte irrealizzata del Jobs act, quella sulle
politiche attive del lavoro, formazione, incontro domanda-offerta, certificazione di
competenze, Centri per l’Impiego pubblici in stretta sinergia con le agenzie private. La crescita delle competenze, la capacità di saperle spendere, la conoscenza del mercato del lavoro, sonoessenziali per trovare occupazione o per mantenerla di fronte al ritmo incalzante
dell’innovazione tecnologica, digitale, robotica.

In questi anni del suo mandato da segretario generale Cisl Marche con quale tessuto economico-lavorativo e politico si è dovuto confrontare?

Stefano Mastrovincenzo durante una manifestazione in piazza del Papa in una foto d’archivio

Il 2008 è l’anno in cui esplode la “grande crisi”, che ha prodotto conseguenze importanti sulla
situazione produttiva, occupazione e sociale marchigiana. Da una terra di “sviluppo senza
fratture” le Marche si sono gradualmente ritrovate ad essere una “regione in sospensione”.
Intere comunità locali, abituate ad un benessere diffuso e a un lavoro a portata di mano si sono trovate vulnerabili e disorientate, in molti casi col prevalere di un localismo che impediva ad esempio di aggregare le aziende dei servizi pubblici locali o le aree industriali, di coordinare le politiche per il territorio.
Nelle Marche dal 2008 ad oggi, il tasso di disoccupazione è passato dal 4,7% al 9,9% (quello giovanile dal 9,9 al 22,6%). Il numero dei disoccupati è più che raddoppiato (da 32 a 69 mila). L’intero sistema produttivo marchigiano ha subito un progressivo ridimensionamento, generato da un gap di globalità e di innovazione. Investimenti e domanda interna, come nel resto del paese, sono crollati. L’indice di povertà relativa è passato dal 5,8% al 7,6%, e questo ha inciso sui consumi delle famiglie. Anche il welfare locale, privato delle risorse, è andato in sofferenza. Tagli spesso lineari si sono abbattuti sui bilanci di regione e enti locali, abbassando la capacità di intervento senza incentivare l’efficacia. Alle istituzioni, in particolare alla Regione, abbiamo chiesto di assumere sempre più un ruolo di propulsore per lo sviluppo di reti e connessioni
tra imprese, tra servizi pubblici e privati, nei sistemi di innovazione, istruzione e nei servizi pubblici locali; è fondamentale la capacità di usare le risorse messe a disposizione dall’UE per creare valore nel territorio. Come sindacato ci siamo misurati in questi anni con la ridefinizione del sistema di welfare, dalla sanità agli ammortizzatori sociali, cercando intese e accordi a livello aziendale o istituzionale per affrontare la fragilità sociale crescente.

Quali sono state le vertenze più significative e difficili di questo periodo?

Gli eventi di questi anni sono simbolicamente delimitati per noi marchigiani, all’inizio dalla
vicenda della Antonio Merloni, con le proteste qui e a Roma di migliaia di lavoratori, degli
artigiani dell’indotto, di sindaci, vescovi; incontri, proposte, trattative, ammortizzatori, poi la
vendita del patrimonio, la firma dell’Accordo di Programma per il quale ci siamo tanto
battuti. Piu’ recentemente è emblematica la vicenda da Banca Marche, con le file di
obbligazionisti presso associazioni di consumatori e avvocati per recuperare i loro soldi, con
la preoccupazione di migliaia di lavoratori, con l’ansia di famiglie e imprese bisognose di
credito, con il silenzio di chi doveva esercitare funzioni di controllo sul sistema bancario e col
balbettio di chi ha sottovalutato gli effetti di un crollo simile. In mezzo tante vertenze aziendali, per citarne davvero solo alcune conclusesi in modo variegato : Manuli, Indesit, Best, Berloni, Prismian, Urbis, Api, più la vicenda di Aerdorica tra le imprese a controllo pubblico e l’elenco potrebbe continuare. Ora il sisma che cambia ogni prospettiva : è la “vertenza” piu’ dura per la nostra regione.

Che sindacato regionale lascia?

La Cisl Marche è un’organizzazione radicata sul territorio e nei luoghi di lavoro. Serve un grosso sforzo organizzativo per garantire prossimità e qualità della risposta a lavoratori, giovani, pensionati ma i nostri 150.000 iscritti meritano tutto il nostro impegno. Non esenti da errori e da possibilità di migliorare, siamo rimasti un presidio sociale rilevante nella crisi, ci siamo riorganizzati superando i livelli provinciali con coordinamento e gestione delle risorse regionale e una presenza territoriale diffusa, lavoriamo ad alleanze con altre realtà dell’associazionismo. Un sindacato che contratta in molte realtà del lavoro, che ha costituito enti bilaterali che erogano servizi ai lavoratori, che svolge un’azione da sentinella sociale rispetto alle istituzioni regionali e locali, con elaborazioni, proposte, accordi, all’occorrenza proteste; un sindacato che ha servizi di qualità in campo formativo, previdenziale,
assistenziale, fiscale, sulle problematiche del consumo, della casa; un sindacato che promuove
il volontariato, l’accoglienza e l’integrazione tra culture diverse.

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