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Svanito l’effetto Jobs Act
Assunzioni in calo,
ad Ancona il dato peggiore: -15%

OCCUPAZIONE - La Cgil lancia la campagna referendaria contro i voucher e per tutelare i lavoratori degli appalti. Ecco i numeri del 2016 nelle Marche: boom di licenziamenti, a picco i nuovi contratti, soprattutto se a tempo indeterminato

Gli operai al lavoro nei cantieri navali di Ancona in una foto d’archivio

 

Meno assunzioni, soprattutto se a tempo indeterminato, boom di licenziamenti, Ancona maglia nera delle Marche nel mercato del lavoro. La Cgil ha illustrato i dati difficili dell’occupazione e rilancia la campagna referendaria per i diritti dei lavoratori

Contratti in calo, nel 2016 diminuiscono in tutta la regione, a partire da Ancona. Diminuiscono soprattutto per le assunzioni a tempo indeterminato. Secondo i dati dei centri per l’impiego e la formazione elaborati dalla Cgil Marche, sono state 142.445, il 13,4% in meno rispetto al 2015. Il calo più marcato riguarda la provincia di Ancona che ha visto scendere le assunzioni da 50.896 del 2015 a 43.237 del 2016 con un percentuale del 15% in meno. Diminuiscono le assunzioni in ogni tipologia di contratto, ad eccezione del contratto di apprendistato che torna a crescere del 9,6%, passando da 6586 assunzioni a 7218. Crollano i contratti a tempo indeterminato e diminuiscono pesantemente anche quelli a tempo determinato. Per i primi, si contano oltre 10.000 contratti in meno in un solo anno: da 28400 del 2015 a 18000 del 2016. I contratti a termine calano del 5,2% cioè da 102.000 a 94.000. Due terzi dei nuovi assunti è a tempo determinato, la conferma di una precarietà dilagante; solo il 12% è a tempo
indeterminato. Osserva Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche: “Svanito definitivamente l’effetto del Jobs Act, ora l’occupazione nelle Marche va drammaticamente in picchiata.. Il calo più forte di assunti a tempo indeterminato si registra nella provincia di Pesaro Urbino con un – 40,4%”.

I SETTORI – Gli assunti nei settori manifatturieri diminuiscono del 16%, e, nello specifico, quello più marcato è nel settore metalmeccanico (-22,6%). Diminuiscono le assunzioni anche nei servizi, segnando un -14%; nel settore delle costruzioni, il calo è più contenuto ma è comunque alto e si attesta sul – 13,5%. L’unico settore che tiene è quello dell’agricoltura dove vengono assunte come nel 2015 circa 16.000 persone.

CESSAZIONI – Le cessazioni di rapporto di lavoro diminuiscono passando da 192.000 a 174.000 con un diminuzione percentuale del 9,4%. Il saldo tra assunzioni e cessazioni è di -31.667 addetti, -14,4% rispetto all’anno precedente. La provincia dove il saldo negativo tra assunzioni/cessazioni si incrementa di più nel 2016 è quella di Fermo con +77,13%.

LICENZIAMENTI – Nelle Marche, aumentano a dismisura i licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo e passano rispettivamente da 845 del 2015 a 1426 del 2016 e da 319 del 2015 a 565 del 2016. Complessivamente, nelle due tipologie di licenziamento disciplinare, l’aumento nella regione si attesta al 71%. La provincia dove aumentano di più i licenziamenti disciplinari è quella di Fermo con una percentuale di aumento del 102%. Anche questo è dovuto alla liberalizzazione dei licenziamenti e alla sterilizzazioni dell’art.18 con il Jobs Act.

La segretaria Cgil Marche, Daniela Barbaresi


REFERENDUM –
Nelle Marche, la Cgil ha raccolto 32mila firme, a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare sulla Carta dei diritti e sui referendum abrogativi. Per raggiungere il quorum, nelle Marche occorre portare al voto 600mila cittadini. La Cgil ha proposto due referendum abrogativi: uno per cancellare le norme sui voucher e l’altro per tutelare i lavoratori degli appalti che, nelle Marche, sono stimati intorno ai 42mila di cui 13mila nei servizi socio-sanitari e assistenziali, 10mila nelle pulizie e nelle mense, 7mila nella logistica e trasporti e 12mila nell’edilizia. Osservano Daniela Barabaresi, segretaria regionale Cgil Marche e Tania Scacchetti, segretaria nazionale Cgil: “E’ una campagna referendaria per restituire dignità e diritti al lavoro, unica condizione utile per la crescita del Paese. Con due sì, possiamo davvero cambiare l’Italia e uscire dalle logiche che, in questi anni, hanno visto impoverire il lavoro e le sue tutele, come sola via per la competizione”.

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