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«Troppo mascolina, stupro inventato»:
imputati condannati
nel processo d’appello bis

PERUGIA - La Corte d'Appello umbra ha ribadito le pene ( 5 e 3 anni) stabilite in primo grado per i due peruviani accusati di aver abusato di una loro connazionale. La condanna era stata annullata dal tribunale anconetano di secondo grado che aveva dichiarato inattendibile il racconto della vittima, «definita tutt'altro che femminile» Poi, l'intervento della Cassazione: tutto da rifare

Foto d’archivio

 

di Federica Serfilippi

Erano stati assolti dalla Corte d’Appello di Ancona dopo la condanna rimediata in primo grado per violenza sessuale di gruppo. Nelle motivazioni della sentenza del tribunale di via Carducci, i giudici avevano fatto riferimento all’aspetto fisico della vittima, giudicata «troppo mascolina», «scaltra», una «personalità tutt’altro che femminile». Il tutto per dire che il racconto della ragazza, una 27enne peruviana, era risultato inattendibile per provare lo stupro subito al parco di via Ragusa la notte del 9 marzo 2015. Quando le motivazioni dell’appello era uscite, s’era scatenato il finimondo, con tanto di proteste delle associazioni (femministe e non solo) sotto il palazzo di giustizia di secondo grado, al grido di “Siamo tutte Vikingo”, il nomignolo con cui uno degli imputati aveva poco carinamente memorizzato in rubrica il numero della vittima. Nel frattempo, la Cassazione aveva annullato la sentenza d’assoluzione, con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia. Ebbene, questo pomeriggio i giudici umbri hanno confermato quanto era stato deciso in prima battuta: gli imputati – due 25enni peruviani all’epoca dei fatti residenti ad Ancona – sono stati condannati. L’uomo accusato di aver costretto la connazionale ad avere un rapporto sessuale ha subito una pena di cinque anni di reclusione. Il presunto complice, accusato di aver fatto il ‘palo’, è stato condannato a tre anni. Il primo era assistito dal legale Fabrizio Menghini, il secondo da Gabriele Galeazzi. La vittima era tutelata dall’avvocato Cinzia Molinaro.

Flash mob sotto la corte d’appello

I FATTI – All’epoca dell’indagine, i due peruviani erano stati arrestati dalla Squadra Mobile dopo la denuncia sporta dalla vittima. Per le lesioni successive all’atto sessuale era dovuta ricorrere ai medici del Salesi. I tre si conoscevano perché frequentavano lo stesso corso serale a una scuola alberghiera di Senigallia. Stando alle accuse, in un primo momento la ragazza sarebbe stata stordita con delle gocce di benzodiazepina inserite dai connazionali nella sua birra, poi sarebbe stata portata nell’area verde di via Ragusa. Qui, secondo la versione della peruviana, era stata abusata. Il racconto non era stato giudicato attendibile dalla Corte d’Appello, presieduta da tre giudici donne. La sentenza è stata emessa nel novembre 2017, un anno dopo la sentenza di condanna in primo grado. «In definitiva – si leggeva nel verdetto – non è possibile escludere che sia stata proprio  lei a organizzare la nottata “goliardica”, trovando una scusa con la madre, bevendo al pari degli altri per poi iniziare a provocare» uno degli imputati «(al quale la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo di “Nina Vikingo”, con allusione a una personalità tutt’altro che femminile, quanto piuttosto mascolina, che la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare) inducendolo ad avere rapporti sessuali per una sorta di sfida». Gli imputati hanno sempre rigettato ogni accusa, sostenendo che il rapporto fosse consensuale. Le motivazioni della sentenza d’appello hanno portato lo scorso anno decine di persone a manifestare in via Carducci, con tanto di cartelli, striscioni e cori al grido di «Vergogna, vergona». Era partito anche l’hashtag #SiamoTutteVikingo.

«Troppo mascolina, stupro inventato», scatta il flash mob «Siamo tutte Vikingo» (Video)

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