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Il “silenzioso” grido d’aiuto
del mondo della ristorazione:
«Così uccidete il settore» (Foto)

ANCONA – Sulle scale del monumento del Passetto va in scena la manifestazione di protesta #siamoaterra, organizzata da Confcommercio Marche-Fipe. Moreno Cedroni: «Non siamo noi il problema, vogliamo essere parte della soluzione». Polacco: «Conte vive alla giornata»

La protesta al Passetto

di Martina Marinangeli (foto di Giusy Marinelli)

Seduti sulle scale del monumento del Passetto e nella piazza antistante. Vestiti di nero e con cartelli in mano ad indicare i numeri e le parole di una crisi senza precedenti per il settore. Al centro, 10 tovaglie apparecchiate con sei coperti. Anche queste stese a terra. Come un’intera categoria messa in ginocchio dall’ultimo Dpcm che prevede la chiusura di bar, ristoranti e locali alle 18. Un flash mob di protesta che ha coinvolto 24 piazze in Italia, tra cui quella di Ancona, dove si sono presentati 50 imprenditori del mondo della ristorazione arrivati da tutte le Marche. L’inizio del sit-in, partito alle 11,30, è stato scandito dalle note a lutto di una tromba che, mezz’ora dopo, ha intonato anche l’Inno di Mameli, note conclusive di una manifestazione molto d’impatto, ripresa anche da un drone.

Moreno Cedroni

«Vogliamo far capire al governo che si è criminalizzata una categoria che ha rispettato i protocolli e ha educato i consumatori alla distanza – la posizione del direttore di Confcommercio Marche Massimiliano Polacco –. Protestiamo in maniera pacifica per comunicare il disagio della categoria. È una battaglia per far riconoscere l’importanza di un settore finora considerato non essenziale». Non usa mezzi termini per commentare l’azione dell’Esecutivo: «Il premier Conte vive alla giornata, dovevano preparare tutto prima». A parlare a nome di tutti, lo chef stellato e presidente Confcommercio-Fipe Marche Centrali, Moreno Cedroni, che ha ricordato come «non siamo noi il problema, vogliamo essere parte della soluzione. Una cosa è certa: chiudere alle 18 appare una decisione punitiva mentre abbiamo rispettato ogni protocollo. Siamo in un momento chiave e si sta avvicinando il Natale: tra chiusure e paure si sta uccidendo un settore». I numeri parlano chiaro: il lockdown della scorsa primavera è costato alla categoria 16,5 miliardi, tra chiusura forzata, smart working e la contrazione del turismo. Un colpo da altri 7,6 miliardi è stato assestato dalla crisi dei consumi, dato a cui vanno aggiunte le spese per sicurezza e dpi (300 milioni) e per l’adeguamento dei dehor (600 milioni). Ora, la chiusura anticipata alle 18 rischia di dare il colpo di grazia, con una batosta calcolata in 2,1 miliardi. Ad Ancona, la stretta sui locali ha colpito più di tutti Piazza del Papa, «demonizzata e presa di mira come se fossimo noi gestori a non far rispettare le regole – osserva Mauro Ugolini di Anburger –. Ieri sera era completamente vuota, ma il lavoro era calato già da due settimane. L’ultimo sabato c’erano più forze dell’ordine che avventori. Comunque noi non ci siamo mai fermati, neanche a marzo, e continueremo con l’asporto e con i pranzi, finché Conte li permette». Ma se il salotto buono della città, cuore delle serate anconetane, subisce più di tutti le chiusure anticipate, anche il resto del mondo della ristorazione e del suo indotto sono tutt’altro che immuni. «Sarà ancora più dura di quanto non sia stato nella prima fase – fa notare Michele Zannini, titolare del Giuliani – e l’importante è che ci diano una mano. Sui ristori, in passato, non hanno dato un buon segnale e sui 5 miliardi di cui parlano ora, mi sembra che diano i numeri al lotto, sono illusioni. Questo è il momento ideale per dimostrare che il governo ha la capacità di gestire la situazione». Sulla stessa lunghezza d’onda Simone Boari, titolare della Cremeria Rosa, secondo cui «5 miliardi, divisi tra tutti i settori colpiti dal Dpcm, non bastano: chiediamo aiuti veri ed immediati. Avremo cali di oltre il 70%, proprio ora che ci stavamo risollevando dopo il lockdown». Per Elis Marchetti, titolare dell’Osteria della Piazza e visionario chef, il problema è che «non veniamo ascoltati, sintomo di ignoranza. Chiediamo solo di poter avere un’interlocuzione con il governo». Claudio Api, titolare de L’arnia del cuciniere e membro dell’Unione cuochi Marche, individua invece un’altra criticità: quella della carenza dei controlli: «ce ne dovrebbero essere di più, perché c’è chi non capisce ancora che le norme vanno rispettate. Poi però a pagare le conseguenze siamo noi». Le misure previste nell’ultimo Dpcm non colpiscono solo bar, ristoranti, pizzerie e pasticcerie, ma anche l’indotto, come fa notare Fabio Starinieri, proprietario del Gistar Group che si occupa del noleggio di attrezzature per i catering: «si era riacceso qualcosa durante l’estate, la risposta c’era stata. Ora però si è spento tutto di nuovo. Noi lavoriamo principalmente con i matrimoni e già il limite di 30 invitati era stato un duro colpo. Ora è arrivato l’azzeramento. Ci siamo adeguati ai protocolli ma non è servito a nulla: almeno ora i ristori siano adeguati».

Mauro Ugolini

Simone Boari

Flash mob del mondo della ristorazione contro la chiusura pomeridiana «Una decisione punitiva»

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