di Claudia Brattini
Il cinema arriva nei luoghi del sisma, esce “Come niente”, il film con Franco Oppini girato tra le casette prefabbricate. Valfornace, con i territori di Pievebovigliana e Fiordimonte, Muccia e Camerino sono diventati il set cinematografico del film “Come niente”, diretto dall’esordiente Davide Como e con Franco Oppini come protagonista.
Il film, scritto da Giulia Betti, prodotto da Guasco e distribuito da Minerva pictures sarà disponibile da domani nelle principali piattaforme tv on demand. Le terre del terremoto – in particolare un piccolo borgo di 800 anime alle cui pendici è sorto il nuovo paese fatto di soluzioni abitative d’emergenza – fanno da sfondo alla storia di due ragazzine abbandonate a se stesse – interpretate dalle giovanissime marchigiane Valentina Bivona e Greta Mecarelli – in un paese che le rifiuta e con un nonno (Franco Oppini) anaffettivo e incapace di abbracciarle ma che imparando a prendersi cura di loro scoprirà un legame profondo e la possibilità di riscatto del suo ruolo di padre. Ne parliamo con il regista, l’anconetano Davide Como.
Come si è avvicinato al mondo del cinema?
«Il mio percorso non è stato semplice, sono stato da sempre un appassionato di cinema ma ho commesso l’errore di ascoltare quanti mi dicevano che non valevo abbastanza. Così per ben dieci anni ho lavorato in tutt’altro ambito, ho fatto il barista senza perseguire la mia vena artistica. Poi ho avuto la fortuna, essendo un grande fan di Patty Pravo, di poter lavorare nel creare un video per il fan club, sono riuscito a effettuare queste riprese seppur con grandi sacrifici perché continuavo a lavorare nel bar viaggiando tra Ancona e Roma. Poi nel 2016 mi sono licenziato e mi sono iscritto all’ Accademia Poliarte per un corso di cinema, ho studiato e investito la liquidazione del precedente impiego in una telecamera per produrre dei cortometraggi. L’occasione del film è nata dal mio ex professore Fabrizio Saracinelli, che ha deciso di affidarmelo».
Il film “Come niente” ci conduce all’interno di una famiglia come tante, in una sorta di viaggio che tocca però temi davvero centrali come l’inclusione, il sisma, la malattia psichiatrica, il bullismo. Come è riuscito a plasmarli insieme?
«Queste tematiche sono affrontate attraverso tre protagonisti e grazie a delle “sotto trame” che si intrecciano: la storia è quella di due ragazzine che arrivano a Pievebovigliana, una ragazza di 16 anni, promessa del calcio femminile, che rifiuta questo soggiorno estivo obbligato in un paesino lontano da tutto e una bambina più piccola che, invece, vede tutto con gli occhi ancora dello stupore tipico dell’infanzia, perfino dove ci sono le macerie. Questa bimba, che è sorda da un orecchio, ha una mamma affetta da schizofrenia ma che per incoraggiarla nella sua disabilità le racconta che ha un casco magico da cui può sentire gli alieni. Nonostante i bambini del posto la respingano, lei continua a vedere tutto con meraviglia».
Ambientare una produzione cinematografica restituisce ai nostri territori un grande valore, come è avvenuta la scelta di questi luoghi?
«Il produttore è passato in questi luoghi si è fermato a Valfornace e se ne è innamorato. In questo luogo, con le soluzioni abitative d’emergenza tutte identiche, spicca ancor di più il paesaggio meraviglioso e la natura che si rigenera in maniera veloce e prepotente».
La troupe come è stata accolta dagli abitanti del posto?
«Siamo entrati in paese in punta di piedi e siamo stati accolti come una famiglia. Alla fine delle riprese ci siamo commossi, non solo noi della troupe ma anche le persone del posto con cui abbiamo collaborato. Purtroppo, avendo girato nel periodo del Covid abbiamo dovuto mantenere molte distanze, abbiamo dormito in un eremo».
Al suo esordio si è trovato a dirigere un attore di grande esperienza come Oppini e due giovanissime attrici, come è stato rapportarsi con tipologie così diverse di attori?
«Ho avuto il privilegio di lavorare con Franco Oppini che non mi ha mai trattato come un esordiente, mi ha rispettato moltissimo e nonostante sia un maestro e un attore di teatro di lungo corso ha mostrato sempre umiltà. Le due giovani attrici sono state davvero bravissime, non si sono mai lamentate e posso aggiungere che mi hanno insegnato tanto anche loro».
Le Marche e cinema, è un connubio che possiamo aspettarci anche per il futuro?
«Lo spero, anche per l’indotto economico che genera il cinema. Mi auguro anche che le produzioni esterne scoprano il potenziale della nostra regione come location, in cui in meno di due ore si raggiungono mare, colline, monti, borghi antichi e città moderne».
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