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Vertenza Elica, la soluzione per Fiom:
«Riportare la produzione
delle cappe di alta fascia in Italia»

FABRIANO - In vista del nuovo tavolo al Mise convocato per mercoledì pomeriggio, Pierpaolo Pubblini (Cgil) ha proposto all’azienda un piano alternativo, dove il Fabrianese «diventerebbe veramente il polo di produzione dell’alto di gamma con i suoi due stabilimenti con ricadute di sviluppo industriale e professionale su tutto il territorio» spostando così la discussione sul prodotto e non solo sulla gestione del numero di esuberi

Pierpaolo Pullini ad un corteo dei lavoratori di Elica

 

Il tavolo tra vertici aziendali di Elica e parti sociali è convocata in video confoerenza al ministero dello Sviluppo economico per mercoledì prossimo 21 luglio, alle 15. Fino ad allora prosegue la mobilitazione negli stabilimenti della multinazionale in attesa di conoscere come sarà davvero rimodulato il piano industriale 2021-2023, in questo frangente sospeso, che prevede la delocalizzazione in Polonia del 70% delle produzioni italiane, 409 esuberi sui 560 addetti complessivi dei due stabilimenti di Cerreto d’Esi e Mergo e la chiusura di quello di Cerreto d’Esi e di reparti a Mergo. «Il tavolo tecnico della scorsa settimana, – fa osservare Pierpaolo Pullini della Segreteria della Fiom Cgil di Ancona – non ci restituisce un reale cambio di strategia da parte di Elica e agli annunci non sono seguiti i fatti; una parte residuale di lavoro viene lasciata sul territorio ( 2 tipologie di cappe resterebbero mentre 16 modelli rimangono oggetto di delocalizzazione ), una parte minima di lavoro verrebbe riportato dalla Polonia. Così non va. Abbiamo chiesto chiaramente se, a fronte delle radicali modifiche annunciate, gli investimenti pensati in Polonia, adesso fossero previsti in Italia perché questo potrebbe aprire una discussione di sostenibilità dei plants italiani di medio/lungo periodo; la risposta è stata che gli investimenti si sviluppato dove si fanno i prodotti e, ad oggi, ancora la stragrande maggioranza del lavoro è previsto in est Europa».

Secondo Pullini in sintesi, «il rapporto tra lavoro che resta e lavoro che se ne va risulta di 1 a 10: possiamo dire che dal piano del 31 di marzo davvero è cambiato troppo poco. Abbiamo proposto all’azienda il nostro piano alternativo, dove il fabrianese diventerebbe veramente il polo di produzione dell’alto di gamma con i suoi due stabilimenti, dove la progettualità necessaria per sostenerlo avrebbe ricadute di sviluppo industriale e professionale su tutto il territorio; una discussione che va incentrata sul prodotto, con una visione nuova e diversa, e non esclusivamente sulla gestione del numero di esuberi, che sono solo una conseguenza delle scelte del manegement, datata e di natura esclusivamente finanziaria. Riportare la produzione delle cappe di alta fascia in Italia (reshoring ) e riorganizzare, partendo dagli investimenti e dalla formazione necessaria, gli stabilimenti italiani, riqualificando l’indotto, prevedendo tutto lo sviluppo e la costruzione dei prodotti futuri sul territorio: questa è la strada che le lavoratrici ed i lavoratori con la loro grande lotta hanno indicato e che deve essere accolta, rivendicata e sostenuta dalle Istituzioni con tutti gli strumenti possibili». In seguito alle modifiche insufficienti proposte da Elica per lavoratori e sindacalisti è ricominciata la mobilitazione e tutti i giorni si sciopera nelle fabbriche, in previsione del nuovo incontro al Mise del 21 di luglio. «Ci si auspica che si apra davvero la discussione per il futuro di Elica in Italia, futuro per il quale siamo pronti a confrontarci, a proporre e se servirà, anche a lottare! Nel piano dell’azienda ci sono sempre centinaia di esuberi, nella nostra proposta ci sono centinaia di posti di lavoro ed un’idea di prospettiva per il territorio» sottolinea il sindacalista di Fiom Cgil.

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