Anche in “M – il figlio del secolo” la preparazione è iniziata dalle letture. La serie tv di Sky con Luca Marinelli nel ruolo di Benito Mussolini, le musiche di Tom Rowlands dei Chemical Brothers e la regia dell’inglese Joe Wright, è tratta dall’omonimo romanzo storico di Antonio Scurati, il primo della trilogia M che racconta l’ascesa violenta e sanguinaria del duce e dei suoi squadristi. «Prima ho letto il romanzo di Scurati, quindi la sceneggiatura così da capire le esigenze specifiche del film – racconta Alice Ricci – poi ho preso in prestito i libri di mio padre, grande appassionato di storia e ho sfogliato e risfogliato la sua Storia del fascismo per immagini, così da immergermi in volti, tipi umani e personaggi dell’epoca». Solo il lavoro di casting è durato cinque mesi. Quella del fascismo è una storia soprattutto al maschile e infatti racconta Ricci, «si è trattato di scritturare al 90 per cento uomini, di etnia caucasica, cioè di carnagione bianca. In molti si sono presentati direttamente a Cinecittà, Roma pullula ancora di persone che fanno le comparse cinematografiche di mestiere. Seicento circa li abbiamo scelti assieme alle mie squadre di collaboratori direttamente dalla strada».
Le varie comparse, figure e piccoli ruoli sono stati così raggruppati per tipologia, in “Fascisti”, “Camicie nere”, “Arditi”, “Ras”, “Socialisti” e altre sotto categorie. Tra queste, i reduci mutilati di guerra, tantissimi in Italia negli anni dell’ascesa del Fasciamo. Per trovare le rispettive figure e comparse, Alice Ricci ha contattato numerose associazioni di atleti paralimpici, come art4sport della schermitrice Bebe Vio e ha raccolto adesioni di persone con mutilazioni da tutta Italia. Ognuno dei vari gruppi è stato raccolto in dei moodboard, ovvero quadri di fototessere, e poi mostrata al regista per l’approvazione e la limatura. Mentre Luca Marinelli preparava il suo make up da giovane Mussolini e esercitava la dizione d’accento romagnolo, ricorda Ricci che non sono mancati gli aneddoti sul campo delle riprese.
«C’è chi fra le comparse l’ha presa molto sul serio e si è presentato in camicia nera. Oppure ho dovuto convincere dei figuranti a tornare sulla scena. Recitavano il ruolo dei Ras (i capi squadristi, ndr), e siccome fra loro c’erano convinti antifascisti, qualcuno a un certo punto non ne poteva più di prestarsi a un ruolo così brutto». Difficile da dimenticare anche il momento dove tutte le comparse radunate sul piazzale delle riprese in abiti d’epoca hanno cantato in coro l’inno Giovinezza, con il regista Joe Wright venuto a verificare la verosimiglianza del risultato, «nel complesso così realistico da essere inquietante». Certo è che il lavoro della coordinatrice di comparse non è per niente una passeggiata: «C’è tanta, tanta fatica, non ci sono orari, né giorni festivi sotto produzione. Si lavora nel cuore della notte e con qualsiasi clima e turni di minimo dodici ore– continua la Extras Casting Assistant di Ancona – Però quando il risultato finale riscuote consenso, la soddisfazione è grande. E il successo nel cinema non è affatto scontato». Come nel caso di M, la serie sembra avere toccato corde profonde nel pubblico italiano, forse anche grazie alla rilevanza delle varie “facce” scritturate, capaci di restituire quell’archetipo di uomo-massa sempre attuale.
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