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Ingegneria invasa
per ascoltare la lezione di Saviano

ANCONA - L'aula magna d'ateneo a Monte Dago non basta a contenere tutto il pubblico, aperte altre due aule con la diretta streaming. Saviano: «Contento di parlare in un luogo dove non si seleziona, ma si forma. Dobbiamo batterci per i diritti. Dove ci sono diritti non c'è spazio per le mafie». Ius soli, testamento biologico ed eutanasia i temi toccati dallo scrittore che ha presentato il suo ultimo libro "Bacio Feroce"

Roberto Saviano nell’aula magna di Ateneo a Monte Dago

 

 

di Agnese Carnevali

(foto di Giusy Marinelli)

L’aula magna d’Ateneo non basta per tutti, così si allestiscono anche le aule adiacenti in diretta streaming. La facoltà di Ingegneria della Politecnica a Monte Dago è invasa, soprattutto giovani e giovanissimi, ma non mancano gli adulti, tutti lì per ascoltare Roberto Saviano. L’occasione è la presentazione del suo ultimo libro Bacio Feroce, secondo capitolo della storia iniziata con La paranza dei bambini, ma sin da subito il pomeriggio prende la forma di una conversazione con lo scrittore – a dargli gli spunti di riflessione due studentesse della Politecnica – sul tema delle mafie, da sempre materia di studio di Saviano, e soprattutto dei diritti: Ius soli, testamento biologico, carceri, legalizzazione delle droghe leggere. «Perché lì dove ci sono i diritti non si lascia spazio alle mafie» afferma lo scrittore. Un’ora e mezzo che passa fluida con un Saviano incontenibile, con la sua voce pacata e scorrevole, il perfetto italiano condito con il dialetto di alcune espressioni, e che chiede ancora domande, quando il tempo è finito «ho parlato troppo, sarà che normalmente sono un tipo silenzioso». «Sono contento di essere qui oggi in un’Università − l’incipit di Saviano −, un luogo di formazione e non di selezione, perché l’Università non deve formare le menti migliori, la classe dirigente, ma deve formare intere generazioni, tra cui le menti più brillanti».

Università come realtà inclusiva e che costruisce in un Paese che però «boicotta i talenti, rinuncia a risorse straordinarie, che ferma i diritti dei bambini, di oltre 800 mila minori, questo ha fatto l’Italia bloccando la legge sullo Ius soli − riprende Saviano −. Allora è compito nostro smontare la più grande balle rispetto alla legge, che io chiamo ius culturae, e cioè che non è legata agli sbrachi, che non sarebbero arrivate migliaia di donne a partorire sulle spiagge di Lampedusa. Dobbiamo dirlo sui social, ovunque, impiegando il nostro tempo, quando una persona viene aggredita su questi temi. Come dobbiamo  dire che l’Italia è il Paese più vecchio al mondo, un Paese che sta scomparendo, non colo perché nascono pochi bambini, ma perché ce ne andiamo, ogni anno 100 mila italiani cambiano ufficialmente residenza e chissà quanti altri se ne vanno pur rimanendo sulla carta residenti in Italia. È compito di ognuno di noi − aggiunge ancora − provare a cambiare le cose. Oggi sono speranzoso, visto che è stata approvata la legge sul testamento biologico, che vedeva l’Italia indietro di decenni. Ora il prossimo passo è la legge sull’eutanasia».

Il tavolo dei relatori con Saviano, una delle due studentesse che lo ha intervistato, il rettore della Politecnica Sauro Longhi

Accoglienza e contaminazione, così il rettore dell’Università Politecnica delle Marche, Sauro Longhi, declina il concetto di Ius soli, con il quale ha voluto aprire la serata. «Quest’aula magna gremita è la dimostrazione di quanto ci sia bisogno e voglia di scambio di idee e di conoscenze, di culture. L’Università come anche il nostro Paese deve essere uno spazio libero per accogliere quanti fuggono da difficoltà per mantenere la loro libertà che è anche la libertà di governare la propria vita. Io porterò avanti questo impegno nei due anni che mi restano da rettore. Ci sono tanti studenti che vestono in maniera diversa dalla nostra, ma che sono nati e cresciuti qui, mi chiedo come possiamo ancora chiamarli stranieri».

Dai bambini dal diritto di cittadinanza negato in Italia, ai “paranzini”, i bambini ed adolescenti affiliati alla Camorra, protagonisti del suo ultimo libro. «Ragazzini di intelligenza superiore − spiega Saviano − che a 15 anni sanno gestire intere partite di droga, per i quali contano solo i soldi, per i quali la morte è attraente, non per una ideologia, ma per l’assenza di prospettiva. Non ci sono diritti nel mondo dei “paranzini”, ciò di cui si ha bisogno si paga. Ed è ciò a cui sta arrivando la nostra società. La lotta per i diritti − afferma lo scrittore − si fa per coloro che non hanno disponibilità economiche. È sempre stato così, per l’aborto, per l’eutanasia. Chi ha i soldi va in Svizzera dove morire costa 8 mila euro, chi non ha i soldi non può farlo e nessun diritto lo tutela». È anche a questa riflessione che spinge Bacio Feroce nel quale «com’è nel mio stile ho voluto ribaltare l’immagine romantica del bacio, accostando alla parola feroce. Il bacio come quello che si scambiano in bocca i camorristi, anche davanti alle telecamere ormai, per sigillare il loro silenzio, per dire non ti tradirò mai».

Saviano mentre firma la copia del libro Bacio Feroce al preside della Facoltà di Economia, Francesco Maria Chelli

 

Un libro senza lieto fine «perché dovrebbe averlo? Nella realtà le storie che racconto, nei libri, nelle serie, nei film, non hanno un lieto fine. Io non voglio far evadere il mio lettore o il spettatore, lo voglio invadere e già il fatto che stia leggendo o guardando significa aver innescato un cambiamento, di che genere e quanto grande non posso misurarlo, ma già il fatto stesso che voglia sapere, conoscere è un cambiamento».

 

 

 

 

 

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