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Discarica all’ex Edilcost: il sequestro
frena la bonifica ma non le intrusioni

ANCONA – L'indagine aperta dalla procura per reati ambientali congela le prime operazioni di pulizia del sito, che accidentalmente avevano provocato un incendio lunedì pomeriggio. Nuove fiamme sono state però innescate da ignoti nel piazzale posto sotto sequestro mercoledì mattina. Già da due mesi i rifiuti della discarica abusiva erano stati campionati dall'Asur

L’ingresso dell’ex Edilcost lungo via della Ferrovia, a pochi passi dalla riserva naturale del parco del Conero

di Giampaolo Milzi

Bloccate le attività di pulizia, quasi una bonifica per la loro complessità, alla Edilcost di Vallemiano, come effetto collaterale del sequestro dell’ex area industriale disposto dal sostituto procuratore Paolo Gubinelli subito dopo il rogo divampato poco prima delle 17 di lunedì 29 gennaio. Un paradosso, se vogliamo, il congelamento delle attività di sgombero delle montagne di rifiuti divario tipo, alcuni pericolosi, cresciute via via nel sito un tempo attivo al civico 19 di via della Ferrovia. Ma tant’è, un paradosso dovuto perché dettato da esigenze d‘indagine, visto che il pm Gubinelli ha aperto un fascicolo a carico di ignoti in cui si ipotizzano per ora i reati di incendio colposo e di conferimento illecito di rifiuti, appunto. Un paradosso, i sigilli apposti all’area – che tra il vasto piazzale all’aperto e più capannoni copre circa 3.900 metri quadri di superficie – concretizzatosi mercoledì mattina anche nei limiti di fatto con cui si è svolto il sopralluogo sul posto. Sopralluogo effettuato da alcuni dirigenti della Fraer Leasing, con sede a Cesena, la spa divenuta proprietaria del sito ancora prima del fallimento della Edilcost, accompagnati dai tecnici del Deposito giudiziario di Ravenna, incaricati dalla stessa Fraer dell’attività di eco-risanamento. Il gruppo ha potuto osservare solo da fuori, scattando alcune foto, l’avvilente, disastroso scenario della zona in estremo degrado. Un degrado che in parte prosegue, visto che, nonostante il sequestro giudiziario, una delle immagini riprende un piccolo rogo (in fase di esaurimento) acceso da chissà chi proprio nel piazzale. Una ulteriore conferma che si tratta ancora, dopo anni, di una zona franca, alla quale è ancora possibile accedere facilmente scavalcando la bassa striscia di muretto esterno raggiungibile attraverso il viottolo che inizia accanto alla cancellata dell’ingresso principale. Zona franca almeno dal maggio 2015, con tutta probabilità, da quando cioè il Tribunale di Ancona ha emesso la sentenza di fallimento dell’Edilcost nell’ambito del procedimento numero 50 del 2015 di competenza del giudice delegato Giovanna Bilò, e per un certo periodo anche del curatore fallimentare avvocato Luigi Orlandi. Zona franca, come prova anche il fatto che lunedì pomeriggio, quando gli operatori del Deposito di Ravenna stavano dandosi da fare per separare e diversificare i grandi mucchi di rifiuti, avevano visto alcune persone che se la davano a gambe, dopo aver quasi certamente passato la notte sui materassi presenti in uno dei capannoni.

L’intervento di lunedì sera dei vigili del fuoco all’ex Edilcost

Sempre mercoledì si è appreso che il personale del Deposto giudiziario di Ravenna, già a partire da due mesi fa era entrato nell’area (anche nel periodo 11 – 18 gennaio), area che era stata già “attenzionata” anche da tecnici inviata dall’Asur di Ancona, forse su disposizione del Tribunale. Questi ultimi avevano completato le analisi di campioni di rifiuti – costituiti da decine di barili pieni di solventi chimici e vernici, oltre a scatoloni, tubature plastiche, frammenti di coperture in fibre di cemento, cavi elettrici, infissi, legname e scarti di lavorazioni edili; per la maggior parte materiale di risulta delle attività Edilcost, ma anche pezzi di sanitari, centinaia di libri, quadri, capi d’abbigliamento, giocattoli, frigoriferi di cui è possibile si siano disfatti privati o altre aziende bypassando le norme sul corretto smaltimento – mentre i tecnici del Deposito avevano già compiuto alcune fasi di pulizia, imballando materiale per avviarlo, tramite altre ditte, nelle discariche, a cominciare da buona parte dei contenitori di vernici e solventi. I tecnici del Deposito ravennate si augurano che venga il più presto possibile ritirato il provvedimento di sequestro. Da un lato per poter rimetter mano all’opera di pulizia e smaltimento, che potrebbero completare in teoria già entro questo fine settimana; dall’altro perché la Fraer spa possa finalmente mettere in sicurezza i 3.900 metri quadri dell’ex stabilimento, magari posizionando delle reti che impediscano quelle intrusioni esterne che, come già sottolineato, continuano.
Una brutta grana, per la Fraer di Cesena, “l’affare Edilcost”. La Fraer aveva concesso alla Edilcost un finanziamento leasing necessario all’impresa edile per gestire le sue attività aziendali, e aveva acquisito la proprietà del sito. Poi, nel 2015, il fallimento Edilcost. Seguito da una lunga situazione di stallo. Sviluppatasi in quella degradante ancora presente. Con una difficoltà in più: acquisita la proprietà, la Fraer si è vista concedere dai responsabili dell’iter fallimentare il possesso e la disponibilità effettiva della zona dopo moltissimo tempo, quasi certamente solo da un paio di mesi. Perché ha dovuto attendere così tanto? E la Fraer, alla fine, è rimasta “con lo scottante cerino in mano”: 3.900 mq da risanare, rimettere a nuovo in vista del tentativo di ricollocare il sito sul mercato.
Tornando alle indagini in corso, va ricordato che dopo l’articolo pubblicato il 12 gennaio scorso da Cronache Ancona, sono stati i carabinieri del Noe di Ancona ad occuparsi per primi del caso, compiendo due sopralluoghi, e inviando una comunicazione al Comune di Ancona, in particolare al sindaco in qualità di massima autorità sanitaria locale, per segnalare “l’effetto discarica e abbandono” venutosi a consolidare nel tempo. Il Noe ha compiuto anche alcuni accertamenti d’ufficio sulla Fraer. Ma fino ad ora non ha avuto alcuna delega di indagini di polizia giudiziaria dal pm Gubinelli. Il magistrato, per quanto si sa, per il momento ha affidato gli accertamenti d’inchiesta ad altri organismi dei carabinieri. Quello che suscita interesse non è tanto la natura dell’incendio di lunedì scorso, che, come testimoniato dagli operatori del Deposito ravennate, si sarebbe verificato per cause accidentali, innescato forse da una scintilla prodotta dall’attrito fra la pala di una ruspa e il selciato. Ma andrebbe verificato se ci sono stati negli anni abbandoni abusivi di rifiuti. E, se il pm lo riterrà opportuno, occorrerebbe capire come mai, pur in concomitanza con un procedimento fallimentare in itinere da anni, l’ex area Edilcost sia diventata una zona franca, infestata, quasi dimenticata, in sostanza, a pochi metri dal confine dell’area naturale protetta del Parco del Conero.

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