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Tre città si fermano per Mattia
«Non si può morire a 16 anni»

TRAGEDIA - Lacrime e dolore per l'addio al 16enne investito da un treno. Oltre 500 persone da Civitanova, Loreto e Montecosaro hanno affollato la chiesa dell'Annunziata. I ricordi degli amici

 

Gli amici di Mattia con lo striscione davanti la chiesa

 

di Laura Boccanera

«Il tuo destino era aprire un ristorante non morire così». È straziante il ricordo che Samuele, l’amico fraterno, ha condiviso con le circa 500 persone arrivate da Loreto, da Civitanova e da Montecosaro per l’ultimo saluto a Mattia Perini, il sedicenne morto investito da un treno in corsa.  La chiesa dell’Annunziata ha cominciato a riempirsi di amici e conoscenti già dalle 14. Tra loro i compagni dell’Asd Montecosaro, le ragazze della Vis Civitanova (la squadra che allenava il padre) e tantissimi compagni di scuola, l’istituto alberghiero Einstein Nebbia di Loreto, gli insegnanti, amici dei genitori. Presenti anche i sindaci dei tre comuni e le autorità militari e civili. All’esterno è stato allestito un maxischermo per consentire a tutti di assistere alla funzione.

La salma è arrivata nel piazzale accolta da uno striscione degli amici con scritto “Ogni volta che vorrò sentirti chiuderò gli occhi su questa realtà”. Tutti i ragazzi delle associazioni sportive avevano un fiore bianco in mano. Sulla bara la maglietta col nome di Mattia della Asd Montecosaro e un cuore di rose e orchidee bianche da parte della mamma e del papà. All’arrivo i parroci, con in testa Don Lauro Marinelli si sono stretti attorno al padre Giordano e alla mamma Simona abbracciata anche dai tanti amici di Mattia. «Il tuo nome era stato scritto in cielo – ha detto il parroco prendendo in prestito le parole del Vangelo – oggi siamo tutti qui a celebrare questa messa». Don Lauro ha fatto sapere che anche l’arcivescovo di Loreto e quello di Fermo hanno scritto per esprimere vicinanza alla famiglia. Decine i ricordi degli amici al termine dell’omelia, quelli dei compagni di classe, degli amici, anche di due testimoni che erano presenti sul binario: «Eravamo sul marciapiedi – hanno raccontato Cristian e Leonardo – Ti abbiamo visto provare a evitare quel treno e siamo corsi da te sperando fosse la paura a trattenerti al suolo. Non si può morire a sedici anni. Ti conoscevamo di vista ma ora ci sembra di conoscerti da sempre. Le lacrime ci dicono quanto eri amato».

«Ci sono giorni che nessuno di noi vorrebbe mai vivere e nei nostri cuori scende la notte. Diventa quasi impossibile parlare di fronte alla morte di un figlio, di un amico, impossibile pensare  e perfino respirare – legge una compagna di scuola –  Insieme al cuore di Mattia si è fermato anche il nostro. Nessuno di noi riesce ad accettare questo dolore. Ai genitori è stato strappato un fiore bellissimo reciso troppo presto. Il vuoto che hai lasciato è un baratro nessuno potrà mai riempirlo e nessuna parole, gesto o lacrima restituisce ciò che è stato rapito. Tanto dolore ma anche ricordi gioia bontà risate sogni condivisi e tante speranze. Ti abbracciamo forte forte e ti chiediamo di aiutarci a dirti arrivederci. Noi amici e compagni di scuola siamo certi che ora ci guardi dal cielo, angelo custode di tutte le vite che hanno fatto parte della tua». Il ritratto di un ragazzo educato, a modo, capace di distinguersi dalla massa emerge nelle parole di un’insegnante che ne ricorda l’affidabilità e la serietà: «Ti ringrazio del tuo guardare negli occhi, sempre le persone, per quel tuo viso pulito che esprimeva una delicatezza d’animo rara, ho rintracciato in te una leggerezza e un passo che pochi hanno e che hanno nelle pieghe di un sorriso pieno una nostalgia presente.  Ti ringrazio per la luce che da te emergeva e lasciavi fosse evidente distinguendoti da molti». Commovente il messaggio scritto dal Professor Galeazzi col quale Mattia aveva un rapporto speciale: «Mi sono chiesto che cosa ci siamo persi: il tuo grandissimo rispetto per gli altri, il tuo rigore per gli impegni presi. La qualità rara dell’attenzione per l’interlocutore, il tuo sorriso fermo e benevolo. Sei un diamante, con centinaia di sfaccettature luminose che riverberano una luce preziosa. Te ne sei andato nella primavera dell’ uomo, io sto entrando nel mio inverno, il tempo che ci separa dal prossimo incontro non è molto».

E poi gli aneddoti dei compagni di classe, dalla “fissa” per i capelli in ordine, fino agli stage, l’amore per lo sport e il calcio come hanno raccontato i ragazzi dell’Asd Montecosaro: «avevi le caratteristiche giuste, vedevi la porta avversaria fin da quando vestivi la maglia dei pulcini. Aveva le qualità tecniche per fare il calciatore, ma anche la testa sulle spalle per costruire la vita sulle proprie passioni. La notizia è arrivata con violenza, questi giorni sono stati terribili, come società dovremo fare qualcosa e non lasciare che di lui rimanga solo una figurina seppur bellissima, dobbiamo dare un senso a tutto questo». Ma è Samuele a far piangere tutta la chiesa, ricordando quell’amicizia speciale, nata sul finire dell’estate prima dell’inizio delle scuole medie, due ragazzi che si incontrano per caso grazie alla catena di una bicicletta rotta e che non si lasciano più. Samuele racconta in chiesa di un Mattia inedito ai più, anche un pò furbetto, già precoce nell’attenzione verso le ragazze, amico leale. E la rabbia all’arrivo della drammatica notizia: «è arrivato quel giorno in cui si è fermato tutto, purtroppo in un modo assurdo e inaspettato. Mi arrivavano chiamate a raffica, pensavo fosse tutto uno scherzo, dicevo, ecco è il solito cavolo di scherzo di Mattia, poi però ho visto la foto inviata da un amico che mi chiedeva se eri tu. L’ho rivista mille volte, ma quel fisico era proprio tuo. Sono quattro giorni che mi ripeto sempre la stessa cosa: non si può morire a sedici anni. La gente mi dice che era il tuo destino, ma io non ci credo. Volevamo aprire un ristorante insieme, lui avrebbe cucinato e io mi sarei occupato del resto. Questo sarebbe stato  il suo destino. Ora non so come andare avanti serenamente, sono quattro giorni che non mi arriva un suo messaggio. Oggi non dovevamo essere qui, ma a riprenderci dalla sbornia dopo il mio compleanno. Questa estate mi diceva che stavo sempre sopra la bici e mi chiedeva quando gli avrei dedicato una vittoria, Matti, te la porto una vittoria. Se tutto è successo il giorno dopo il mio compleanno c’è un motivo è per non farmi dimenticate di te. Ma non mi scorderò mai di te. Ti ho scritto non da migliore amico, ma da fratello perché questo sei per me». L’amico ha poi riposto sulla bara la maglietta indossata per il campionato regionale di ciclismo che aveva disputato dedicando la vittoria all’amico. All’uscita del feretro decine di palloncini bianchi per l’ultimo saluto prima del viaggio del feretro verso il cimitero di Civitanova Alta.

 

 

 

 

 

 

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