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Riciclaggio dei soldi della ‘Ndrangheta:
in manette imprenditore e 3 professionisti

L'OPERAZIONE dei carabinieri del Ros coordinata dalla procura di Ancona e dalla Direzione nazionale antimafia ha portato in carcere tre marchigiani e un uomo ritenuto essere un esponente di spicco della cosca calabrese degli Alvaro. I soldi venivano 'ripuliti' in Svizzera e poi investiti in parte nella nostra regione

Un momento della conferenza stampa di questa mattina sulla operazione dei carabinieri del Ros

 

Riciclaggio dei soldi della ‘ndrangheta: due geometri e un broker marchigiani in manette, arrestato anche un imprenditore calabrese ritenuto un elemento di spicco della cosca ‘ndranghestista degli Alvaro di Sinopoli (Reggio Calabria) e che risiede a Fabriano. Le contestazioni sono di riciclaggio, autoriciclaggio commessi con l’aggravante mafiosa. I quattro sono stati arrestati questa mattina e condotti in carcere. Il broker, 44enne originario di Fabriano ma residente in Romania, è stato ammanettato a Bologna. I due geometri, di 58 e 67 anni, a Fabriano. Il 50enne Domenico Laurendi, considerato il tramite tra i tre marchigiani e la cosca mafiosa, è stato arrestato in Calabria, anche se residente a Fabriano dal 2005. L’operazione ha portato anche al sequestro di vari immobili, tra cui un capannone situato alla Baraccola di Ancona e del valore di un milione e mezzo di euro. Stando alla procura, sarebbe stato acquistato dai due geometri con un’operazione finanziata in parte dalla criminalità organizzata calabrese. L’indagine, avviata nel 2018, è stata condotta dai carabinieri del Ros in collaborazione con la Direzione nazionale antimafia e le procure di Ancona e Reggio Calabria. Tutto è partito da una segnalazione fatta agli inquirenti da Bankitalia legata a rapporti imprenditoriali sospetti stretti tra i i geometri fabrianesi e il calabrese, attivo – come imprenditore – nel comparto della fibra ottica.  Le indagini hanno documentato un complesso meccanismo di triangolazioni finanziarie tra Italia, Inghilterra e Svizzera – che ha coinvolto altri professionisti sottoposti ad indagine, seppur non destinatari del provvedimento di fermo – attraverso cui ingenti somme di denaro riconducibili agli affari della cosca venivano riciclati nelle Marche con l’acquisto dei beni immobili sottoposti al sequestro preventivo. Tra le operazioni monitorate dagli investigatori c’è l’acquisto di un capannone alla Baraccola (in cui attualmente lavora un’azienda completamente estranea ai fatti) eseguito da una società riconducibile ai due geometri. Stando all’ipotesi accusatoria, l’immobile sarebbe stato comprato in parte con i soldi derivati dalle attività legate alla cosca e poi fatti ripulire in Svizzera dal broker arrestato a Bologna. Un’altra operazione è stata fermata prima che potesse concludersi. Riguardava l’acquisto di un terreno parzialmente fabbricabile situato a Genga. Alla conferenza stampa in cui sono stati mostrati i dettagli dell’operazione era presente il vice comandante del Ros, il generale Giancarlo Scafuri: «Quanto compiuto – ha detto l’ufficiale – mostra l’importanza della  Marche nel panorama criminale nazionale. Rimane comunque una regione che ha solidi anticorpi, ma non  è avulsa da fenomeni di criminalità organizzata».

(Fe.ser)

(servizio aggiornato alle 15,30)

 

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