di Gianluca Ginella
Lo zio e la mamma di Pamela Mastropietro sono tornati oggi a Macerata, al tribunale, per il procedimento che riguarda le presunte violenze sessuali sulla 18enne. La procura ha chiesto l’archiviazione dell’indagine e la famiglia ha fatto opposizione, da qui l’udienza che si è svolta questa mattina davanti al gip Claudio Bonifazi. Due le persone che erano state indagate dalla procura per le presunte violenze sulla 18enne, uccisa il 30 gennaio del 2018 dal nigeriano Innocent Oseghale (condannato all’ergastolo per il delitto di Pamela). Secondo quanto veniva contestato dalla procura, la ragazza una volta uscita dalla Pars di Corridonia aveva incontrato per la sua strada i due uomini. Il primo un moglianese che le aveva dato un passaggio in auto e che, sempre secondo quanto veniva contestato dall’accusa, avrebbe consumato un rapporto sessuale con la ragazza.
Il secondo è un tassista di origini argentine, che avrebbe ospitato la 18enne a casa sua la sera del 29 gennaio e anche lui avrebbe avuto un rapporto con la ragazza. L’accusa di violenza sessuale nasce dal fatto che i due uomini si sarebbero approfittati dello stato di minorata difesa di Pamela, che si trovava in uno stati di difficoltà. Su questo punto e sulla relazione fatta dalla criminologa Bruzzone, si è concentrato lo zio di Pamela, l’avvocato Marco Valerio Verni, per chiedere che le indagini proseguano. Secondo la relazione della Bruzzone Pamela era in un evidente stato di difficoltà. Presenti in aula i legali dei due indagati, gli avvocati Sandro Giustozzi, per il moglianese, e i legali Martina Manuale e Mia Santacroce, per il taxista. I difensori ritengono che non vi sia prova delle presunte violenze sessuali, così come rileva la procura nella richiesta di archiviazione. Per la procura non ci sono prove delle violenze sessuali. Il giudice Bonifazi si è riservato di decidere, e nei prossimi giorni comunicherà a sua scelta se proseguire con le indagini o archiviare.
«Si sono approfittati di Pamela», due indagati per violenza sessuale
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