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La Regione si assuma le responsabilità
Non basta aspettare istruzioni da Roma

IL COMMENTO di Fabrizio Cambriani sulla gestione della pandemia da parte della giunta Acquaroli. Non basta una rassegnata comunicazione sui social delle misure prese dal governo centrale

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di Fabrizio Cambriani

Chi avesse avuto la ventura di leggere le cronache degli ultimi giorni, relative alla pandemia, sarebbe sicuramente impallidito e, con comprensibile preoccupazione, si sarebbe abbandonato al panico più totale. Ciò, a causa dell’esponenziale, vertiginoso aumento di contagi che, giorno dopo giorno, si registravano in tutta la regione. In particolare, nelle provincie di Ancona e Macerata. Non così l’ineffabile governatore Acquaroli. Il quale, malgrado le ripetute e accorate grida di allarme che si levavano per ogni dove, riusciva serafico, a mantenere la calma. Viceversa, quello che a tutti gli organismi viventi – protozoi inclusi – sembrava il punto massimo dei contagi raggiunti, egli lo riteneva il momento opportuno per proporre al governo di Roma una sua personalissima idea: l’apertura serale dei ristoranti anche in zona gialla. Un suggerimento geniale e tempestivo che – ahimè – si scontrava con i numeri cinici e bari che ci infilavano dritti, dritti in zona rossa. Che, a parte il detestabile colore, se affrontato dal punto di vista politico, significa massima allerta. Quindi massimo pericolo. Soprattutto di vita per i più fragili. Concetto che mal si concilia, in queste drammatiche circostanze, con le comprensibili esigenze di cassa di tantissime categorie di lavoratori di diversi settori. Verso cui Acquaroli sembra molto più sensibile e preoccupato.

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Il governatore Francesco Acquaroli

Preso nel fuoco incrociato delle differenti varianti e dalla carenza di vaccini e benché da ogni parte del mondo scientifico si sollecitassero misure restrittive, Acquaroli non ha fatto un plissè. Non ha alzato un sopracciglio. Non ha fatto ricorso a nessuna delle sue prerogative, previste dall’ordinamento giuridico, di rimpicciolire le maglie. E quando, troppo tardivamente lo ha fatto, è stato solo perché i numeri del contagio glielo imponevano. Nessun atto, nessuna misura per anticipare e prevenire la diffusione del virus, dal giorno del suo insediamento fino a oggi, si può attribuire a suo merito. Al massimo, una rassegnata comunicazione sui social delle misure prese – non certo da lui – ma dal governo centrale.
Dire che questa gestione sia risultata catastrofica, risulterebbe un eufemismo. I numeri della catastrofe sanitaria sono evidentissimi e degni di tristi primati che mai nessuno avrebbe voluto registrare. Il paragone con il predecessore Ceriscioli risulterebbe perfino offensivo nei suoi stessi confronti. Lui, pur di limitare i danni, adottò misure drastiche sin dal primo momento. Andando ben oltre le sue specifiche competenze, entrando così in rotta di collisione anche con un governo a lui “amico.”

Quello che inoltre emerge, in questa gestione, è il comportamento irriguardoso nei confronti di tutto il personale sanitario. Non sarebbe esercizio del tutto ozioso ricordare che questi poveri cristi, in camici verdi, stanno portando le nostre croci da più di un anno. Con turni e modalità massacranti. Spesso, in situazioni che hanno superato il limite della straordinaria sostenibilità. Che in troppi si sono infettati. Che molti di loro hanno rischiato di lasciarci la pelle. A qualcuno di loro, purtroppo, è accaduto. Ecco, bisognerebbe riconoscere a questa categoria il sacrosanto diritto di averne ormai le scatole piene di questi indecorosi balletti troppo spesso politici e tutti giocati sulla loro pelle. E sulla pelle di quanti, dentro le terapie intensive, combattono, intubati, contro la morte. Credo che vorrebbero sentire dire parole chiare e trasparenti sulla drammaticità della situazione che stanno ormai da troppi mesi vivendo. E non essere trattati come l’ultimo refugium peccatorum di chi pensa che tra qui e il momento in cui ci sarà piena disponibilità dei vaccini il problema del Covid 19 è tutto ed esclusivamente loro. E completamente racchiuso dentro le mura di ospedali che sono diventati peggio di gironi danteschi.

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L’anno scorso il flash mob di Fratelli d’Italia davanti al Covid center di Civitanova

Bisognerebbe che qualcuno si assumesse delle responsabilità nette e definite. Invece le parole sono spesso ambigue. Melliflue. Accomodanti. Pure in banali atti amministrativi che dovrebbero essere di routine. Se infatti nel titolo Acquaroli ordina, nel dispositivo consiglia, suggerisce, raccomanda. Quasi levantinamente a sottintendere che un comportamento sarebbe vietato, ma non troppo.
Necessiterebbe che qualcuno che è stato investito dell’onore, ma anche dell’onere di governare la regione Marche, sapendola già in piena epidemia, trovasse una qualche soluzione, invece di scaricare le colpe su quelli che lo hanno preceduto. Anche perché se volessimo essere pignoli bisognerebbe ricordargli che il 6 giugno scorso, loro stessi, avevano organizzato un flash mob contro il Covid Center di Civitanova. Sventolavano tronfi le loro fiammanti bandiere e lo definivano, con parole pacate e misurate un “fallimento annunciato – frutto di – un capriccio arrogante della politica”. Mentre oggi lo rivendicano e lo vantano come fiore all’occhiello. Chissà in quali condizioni saremmo oggi se solo gli avessero dato ascolto?
Converrebbe, infine, che qualcuno finalmente si decida di governare in totale autonomia. Senza il bisogno di sentirsi telecomandato dai desiderata romani che vorrebbero ancora oggi ristoranti e sale da ballo aperti. Nonostante gli accorati appelli a non uscire di casa, lanciati da parte di tutto il mondo scientifico. Così come un Titanic qualsiasi, che però fa tanto belle epoque. Dritti verso l’iceberg mentre l’orchestrina suona un valzer viennese e i commensali, a tavola, degustano prelibate pernici al forno.

 

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