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«Non c’è traccia di peste suina
nel Parco del Conero»

SIROLO - Le parole del direttore Marco Zannini dopo l'analisi di alcuni esemplari: I controlli dell’Asur non hanno rilevato il virus tra i cinghiali prelevati nell’area protetta

Cinghiali sul Monte Conero in una foto d’archivio

 

Il virus della peste suina che tanto preoccupa gli allevatori di maiali, nel corso del 2021 non è stato rilevato tra i cinghiali prelevati all’interno del territorio del Parco del Conero. Il prelievo selettivo del cinghiale nel 2021 ha riguardato 430 capi di cui 394 da prelievo selettivo tramite abbattimento e 36 da prelievo selettivo tramite cattura. Nel 2020 i capi erano stati 295. I controlli effettuati dall’Asur su tutti i capi abbattuti, compresi quelli vittima di incidenti stradali o morti in conseguenza di altra causa, non hanno evidenziato alcun caso di animale positivo a questo virus.

Per Marco Zannini, direttore del Parco del Conero «grazie al lavoro congiunto dell’Ente Parco del Conero e dell’Asur effettuiamo rilevazioni sui cinghiali prelevati o trovati morti che ci consentono di affermare che il virus della peste suina tanto temuto, non è stato rilevato nel Parco».

Il direttore Zannini

Il cinghiale però, come il lupo, è un animale itinerante che percorre decine di kilometri al giorno in cerca di cibo e che dunque entra ed esce continuamente dal territorio dell’area protetta che non ha confini fisici. «Il ruolo di un’area protetta risiede anche nella selezione a fini di ricomporre squilibri ecologici accertati – insiste il direttore Zannini – non è così ad esempio per il lupo. Grazie ai controlli sanitari che vengono effettuati sugli ungulati prelevati abbiamo un campione statisticamente attendibile anche dello stato di salute della popolazione».

L’aumento della pressione nella selezione che ha portato ad un aumento consistente del numero di esemplari prelevati, il costante miglioramento della qualità del lavoro di prelievo e l’avvio dell’attività di trappolaggio con ulteriori 45 operatori divisi in 10 unità operative, sta dando i risultati attesi.

«L’aumento dell’attività di trappolaggio – ricorda Zannini – consentirà di dissuadere gli animali dallo spingersi nelle zone maggiormente urbanizzate ma, per raggiungere questo obiettivo, occorrerà continuare ad avere la collaborazione della popolazione residente nel non offrire opportunità di approvvigionamento anche involontaria di cibo a questi animali».

 

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