di Federica Serfilippi
Inchiesta alluvione di Senigallia: sono undici gli indagati. Nella lista stilata dalla procura ci sono nomi illustri, tra cui spiccano dirigenti della Provincia, della Regione, componenti della vecchia e nuova Amministrazione comunale. I diretti interessati non sarebbero ancora stati raggiunti dagli avvisi di garanzia inviati dagli uffici del tribunale. È solo una questione di giorni. Intanto, la maxi inchiesta non si è ancora conclusa. A fine luglio, la magistratura ha chiesto e ottenuto dal gip la proroga delle indagini. Secondo un documento firmato dal giudice, i pm Rosario Lionello e Irene Bilotta avranno tempo fino al 28 febbraio 2018 per chiudere il cerchio attorno ai presunti responsabili del disastro che colpì la città del Misa il 3 maggio 2014, provocando danni per 179 milioni di euro e 3 morti. L’allungamento dell’iter investigativo, voluto per completare l’acquisizione di materiale documentale e verificare la tipologia dei lavori di prevenzione del rischio alluvionale, sarà l’ultimo colpo di coda prima di decidere il rinvio a giudizio o l’archiviazione della posizione degli indagati. Nell’elenco che ha in mano la procura se ne contano 11. Pezzi da novanta che ricoprono cariche istituzionali di rilievo nelle pubbliche amministrazioni e che, secondo le ipotesi della magistratura, avrebbero avuto un ruolo importante nelle fasi che hanno preceduto, la mattina del 3 maggio del 2014, la rottura degli argini del Misa, proprio nello stesso punto che 38 anni prima aveva ceduto, provocando un’altra inondazione. Anche per questo, la relazione presentata dai forestali ha sostenuto come l’ultima alluvione fosse prevedibile. Andando a ritroso, hanno scandagliato ogni documento possibile, arrivando a fare luce sulle attività delle amministrazioni precedenti a quella attuale. Tra gli atti analizzati, il possibile utilizzo illecito di fondi pubblici per opere che, apparentemente, non erano finalizzate alla manutenzione degli argini come invece dichiarato. Una questione che ha fatto finire sotto la lente degli inquirenti la costruzione del cosiddetto “Percorri Misa”, il tratto ciclo-pedonabile attorno al fiume. I reati ipotizzati per le varie posizioni sono molteplici: si va dal disastro colposo, all’omicidio colposo (la prima vittima fu l’80enne Aldo Cicetti rimasto intrappolato in casa), passando per l’abuso di ufficio e le contestazioni di inondazione e rifiuto/omissione di atti d’ufficio. 10 persone su 11 condividono, tra gli alti reati, anche l’ipotesi di omicidio e disastro colposo. Contestazioni che, con la proroga delle indagini, potrebbero attenuarsi o scomparire del tutto per alcuni indagati. Tra le parti che potrebbero costituirsi parte civile durante un eventuale processo, ci sono decine di cittadini e intere associazioni pronte a chiedere ai presunti responsabili i danni per la tragedia avvenuta 3 anni fa.
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