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Riconversione ex Mutilatini:
«Stanchi di aspettare
La sindaca spieghi cosa vuole fare»

ANCONA - A riportare alla luce il caso della ristrutturazione dell'ex casa colonica di Portonovo sono le associazioni che da anni si battono per la riqualificazione dell'immobile, al centro di un progetto di un ostello. Chiedono un nuovo bando «non a fini speculativi,ma per un bene pubblico comune. Se no pronti a manifestare»

Alcuni volontari di Portonovo per Tutti all’ex Mutilatini

 

di Giampaolo Milzi

Ristrutturazione della casa colonica di proprietà municipale degli ex Mutilatini immersa nel verde di Portonovo, a due passi dal mare blu dalla baia all’ombra del Conero di fatto «insabbiata, posta sotto traccia, da un’Amministrazione comunale che da mesi non ci riceve, dalla quale ci sentiamo presi in giro, perché pare aver dimenticato il progetto per la riconversione del prezioso immobile a fini eco-turistico-divulgativi in quanto bene pubblico da valorizzare per Ancona, gli anconetani e i tanti che potrebbero fruirne arrivando perfino da altre regioni». Lo sfogo, sebbene diplomatico e di «piena, ansiosa, ultra rinnovata disponibilità di confronto con la Giunta Mancinelli per riaprire concretamente la questione», è di Andrea Fantini, presidente dell’Associazione di promozione sociale Portonovo x Tutti (Aps PxT).  Consiglio e Giunta comunale avevano deliberato già nel 2015 varie azioni: eliminare dalla lista dei beni comunali alienabili e da mettere all’asta la casa colonica; approvare la professionalità, sostenibilità e fattibilità del progetto di massima architettonico e finanziario studiato dall’Aps per riconvertirla in un ostello da 55 posti letto e in un centro polifunzionale per l’educazione ambientale e la promozione dei prodotti del territorio. Impegni entrambi mantenuti. «Già, ma poi, progressivamente, è stata una sequela di promesse disattese, qualche incontro anche coi consiglieri comunali, e chiacchiere senza costrutto», spiega Fantini.

Una protesta di qualche anno fa

E non solo: «Il 4 aprile 2018 è andato deserto il bando emanato dall’Amministrazione comunale per l’affidamento in concessione trentennale a una cooperativa, ad una impresa sociale o a un pool di soggetti socio-economici la gestione della rinascita della villa colonica che fu. Che fu anche nel senso che sta progressivamente diventando un rudere, perché il Comune l’ha abbandonata a sé stessa, senza effettuare la benché minima attività di manutenzione». L’ultimo contatto tra Fantini e la sindaca Mancinelli? Il week end scorso: la prima cittadina si è limitata a dirgli «non vi preoccupate che voi e la questione siete in lista d’attesa». «E noi invece siamo sempre più preoccupati – ribatte l’architetto Riccardo Picciafuoco, anche lui del direttivo dell’Aps – E’ ora che l’Amministrazione comunale faccia chiarezza, ci incontri al più presto e ci dica cosa voglia fare, basta con le attese». Ma se lo stallo dovesse continuare? «Saremmo pronti a praticare altre strade, cioè costretti a sollecitare e coinvolgere i cittadini e la città, perché il caso riemerga dalla sabbie, anche organizzando una manifestazione pubblica come abbiamo già fatto in passato. Ovvio che intanto verificheremo e perfezioneremo la fattibilità del progetto d’impresa». D’impresa in che senso? Fantini: «Chiediamo che l’Amministrazione comunale emetta un nuovo bando non mirato a progetti speculativi tipo per un albergo di lusso o avvii una trattativa diretta negoziata, mantenga cioè davvero le sue promesse per una ristrutturazione e per la gestione dell’ostello-centro didattico a prezzi calmierati, che si configuri come un’opera pubblica di interesse rilevante». Che il bando andasse deserto era del resto prevedibile.«Chi si fosse fatto avanti avrebbe dovuto sottoscrivere una fideiussione bancaria calcolata su un valore dell’immobile quantificato in 4 milioni di euro, come se fosse già ristrutturato. – spiega ancora Fantini – In pratica, chi avesse voluto aggiudicarsi il bando-concessione, avrebbe dovuto impegnare subito con gli istituti di credito beni o risorse per un valore di circa 400mila euro, una richiesta inaccettabile». L’Aps PxT è costituita da 16 soggetti, tra circoli e associazioni, e da una settantina di singoli cittadini. Assieme ad una compagine di imprese e associazioni (Opera Coop, Marche Global Service srl, Easy Help Società Coop Sociale, Conero Style School Asd, Unione italiana ciechi sezione di Ancona, associazione Riviera del Conero) era l’unica che puntava seriamente sulla concessione. La capofila del gruppo, Opera, prima della scadenza del bando, il 30 marzo 2018, nel formalizzare la sua manifestazione d’interesse, aveva però messo le mani avanti e palesato le già citate, forti perplessità sulla “condizione finanziaria capestro” posta dall’Amministrazione comunale. Ricordiamo i tratti del progetto della compagine con capofila la Opera e promosso dall’Aps PxT. Concessione di 30 anni per la ristrutturazione dell’immobile, che resterebbe di proprietà del Comune. L’investimento? Intorno a 1 milione e 100mila euro, finanziabile con capitale proprio dalla compagine sociale per il 25%, con mutuo concesso da banche (che hanno già dato l’ok alla solida fattibilità), e un finanziamento pubblico comunale che attinga a risorse provenienti da bandi nazionali e/o europei. «Nulla di nuovo, del resto. – conclude Fantini – Consiglio e Giunta comunale avevano deliberato già nel 2015 di darsi da fare per provare ad ottenere, ad esempio, dei finanziamenti europei, approvando il nostro progetto di fattibilità, ma un bando regionale per l’uso dei fondi POR è già scaduto. E l’assessore Manarini aveva sottoscritto con FederParchi e Università Politecnica delle Marche un protocollo d’intesa».

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