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Legge elettorale Marche,
Maggi (M5S):
“La proposta Pd non ci dispiace”

ELEZIONI - La Prima commissione Affari istituzionali è al lavoro da mesi per modificare la norma che regolamenta le elezioni. Al vaglio ci sono nove ipotesi depositate dai partiti. Ma quella che sembra trovare i consensi maggiori fa capo ai Dem: basta soglie differenziate per ottenere i seggi necessari per governare ed introduzione di una percentuale definita. Altrimenti a votare il Governatore sarà la maggioranza formatasi all’interno dell’Assemblea

di Adriano Cespi

Accordi, alleanze, strategie. Le forze politiche marchigiane pensano al maggio 2020 con in mente un unico obiettivo: conquistare la Regione. Attualmente guidata dal governatore Dem, Luca Ceriscioli, eletto il 31 maggio 2015 col 41% dei voti. Una percentuale, però, che se cinque anni fa garantiva la conquista del premio di maggioranza e, quindi, la vittoria e l’elezione diretta del presidente della Regione, tra otto mesi questa stessa percentuale rimetterà in gioco tutto, portando, magari, la coalizione più votata, addirittura, ad essere opposizione in Consiglio. Sì proprio così, opposizione in Assemblea, come accaduto, del resto, nel Parlamento nazionale quando il centrodestra (Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia), pur essendo il rassemblement più votato, col 37% dei consensi, si ritrovò in minoranza per non essere riuscito a strappare la maggioranza dei seggi, che sarebbe scatta col 40%. Da qui, in una logica tipicamente proporzionale (dove le maggioranze si creano in Parlamento), nacque il primo governo Conte (M5S-Lega) e l’attuale Conte bis (M5S-Pd).

Gianni Maggi (M5S)

LA REGIONE MARCHE E IL RITORNO AL PROPORZIONALE

Ma perché abbiamo fatto l’esempio del Parlamento? Semplice, perché da mesi la Regione sta lavorando ad una nuova legge elettorale modificativa dell’attuale (che risale al febbraio 2015): nella Prima commissione consiliare Affari istituzionali, infatti, sono state depositate ben nove proposte normative. Ed una sola starebbe vedendo la luce. Quella targata Pd, che ricalcherebbe in alcuni aspetti il Rosatellum bis, e cioè la legge elettorale attualmente in vigore a livello nazionale (varata nell’ottobre 2017 coi voti di Lega, Pd e Forza Italia). Proposta di legge, che prevederebbe (il condizionale è d’obbligo visto che per ora c’è solo un orientamento di massima, sul quale, però, M5S e Pd si troverebbero sulla stessa lunghezza d’onda) la conquista del premio di maggioranza non più come avvenuto nell’ultima elezione del maggio 2015 in modo scaglionato in base al superamento o meno di certe soglie percentuali: 40%, 18 seggi su un totale di 30; 37%, 17 seggi su un totale di 30; 34%, 16 seggi sempre su un totale di 30; ma in modo rigido, e con una soglia percentuale ben definita, ovvero il 42% dei voti, sotto la quale nessuna coalizione potrà conquistare quei seggi in più necessari per governare. Automatico, quindi, a questo punto, il ritorno ad un sistema proporzionale. Qualora, infatti, nessuna coalizione o singola lista dovessero raggiungere il 42% dei voti, ecco scattare automaticamente le consultazioni partitiche per dare vita ad una maggioranza consiliare che dovrà poi eleggere il Presidente. Così come avvenuto, appunto, in Parlamento per il primo governo Conte e per il Conte bis.

Luca Ceriscioli, presidente della Regione

ECCO COME POTREBBE ESSERE LA NUOVA LEGGE ELETTORALE

Ma vediamo il principio sul quale nasce questa proposta. Intanto, ci sarebbe il discorso delle tre soglie da eliminare. Soglie, quelle più basse fissate al 37% e al 34%, che permettono ad una coalizione di accaparrarsi il premio di maggioranza, e quindi di conquistare la Regione, con una base di consensi non certo altissima. Governabilità ok, ma non la si può certo regalare, avranno pensato gli estensori della proposta. Resterebbe, quindi, la soglia del 40% come valida. Ma anche in questo caso, nell’ottica di una vittoria elettorale chiara e non risicata, i Dem starebbero pensando di elevare il quorum al 42% (1% in più del risultato, 41%, centrato da Ceriscioli alle ultime elezioni). Mantenendo sempre la clausola di sbarramento fissata al 5%. Non solo premio di maggioranza. Nella proposta, infatti, c’è anche l’introduzione della doppia preferenza di genere (uomo-donna), ovvero la possibilità per l’elettorale marchigiano di votare sia per un candidato consigliere uomo, che per un candidato consigliere donna (attualmente si può esprimere una sola preferenza). Così il 23 ottobre, su volontà del presidente della Prima commissione, Francesco Giacinti del Pd, la proposta della doppia preferenza arriverà in Consiglio per il voto, mentre per l’approvazione della nuova legge elettorale si dovrà aspettare gennaio, sempre secondo le intenzioni di Giacinti.

Il gruppo consiliare M5S Marche: Romina Pergolesi, Gianni Maggi, Piergiorgio Fabbri, Peppe Giorgini

MAGGI (M5S): «LA PROPOSTA DEL PD NON CI DISPIACE, MA VA CAMBIATO LO STATUTO»

Dicevamo della sintonia tra M5S e Pd sulla nuova legge elettorale. Eloquente la dichiarazione di Gianni Maggi, consigliere regionale M5S e vice presidente della Prima commissione Affari istituzionali, quella che si occupa, appunto, del Sistema elettorale e dello Statuto regionale: «La proposta Dem non ci dispiace affatto – sottolinea Maggi – è naturalmente migliorabile, ma come architrave sulla quale costruirci la nuova legge elettorale mi sembra buona. E’ necessario, però, cambiare lo Statuto regionale». Sintonia certo, ma ad una condizione. L’esponente pentastellato, infatti, nella disamina della proposta Dem ci vede un pericolo: quello dell’anatra zoppa, come nel caso del Presidente degli Stati Uniti eletto, ma privo della maggioranza al Congresso. «Lo Statuto – spiega Maggi – parla di elezione diretta del presidente della giunta regionale. Ebbene, se questo articolo (il numero 7, ndr) non sarà modificato si potrà correre il rischio, per nulla remoto tra l’altro, di ritrovarci con un presidente eletto che, impossibilitato ad ottenere il premio di maggioranza perché, magari, la sua coalizione non avrà superato il 42%, si ritroverà automaticamente in minoranza in Consiglio. Risultato? Ingovernabilità totale». Ma per agire sullo Statuto ci vorranno almeno sei mesi, visto l’iter tecnico necessario. «A questo punto – chiosa Maggi – così come ho fatto in tutti questi mesi, rimanendo purtroppo inascoltato, non posso far altro che sollecitare ancora una volta il Pd a portare al più presto la riforma elettorale in Consiglio insieme alla richiesta di modifica dello Statuto. Altrimenti, tra le formule di legge elettorali più consone per la Regione rimane quella del voto di ballottaggio».

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