facebook rss

«Dalla paura di non farcela
alle cure con anticorpi monoclonali
La mia battaglia per vincere il Covid»

CASTELFIDARDO - L'odissea di una 55enne per ricevere assistenza sanitaria: dalla richiesta inascoltata di essere sottoposta al tampone, agli svenimenti in casa durante la quarantena con la figlia nella disperata ricerca di un medico. Dal ricovero in piena notte all'ospedale di Osimo, al trasferimento a quello di Torrette «dove sono rimasta due giorni su una barella al pronto soccorso perché non c’erano posti letto», fino alla terapia che le ha salvato la vita

 

E’ stata trasferita ieri dal reparto di Malattie Infettive dell’ospedale di Torrette a quello Cov-4. La terapia a base di anticorpi monoclonali le ha salvato la vita e adesso M.A., 55enne di Castelfidardo, ha quasi vinto la sua battaglia contro la Sars CoV2. E’ stata, infatti, dichiarata fuori pericolo dai medici sebbene sia ancora attaccata alla maschera dell’ossigeno. Quello che oggi l’amareggia di più non è l’epilogo, semmai è l’antefatto di questa storia. «Purtroppo non si scherza con la polmonite interstiziale bilaterale e se i polmoni vengono compromessi seriamente e subentrano complicazioni, può essere letale. – racconta lei stessa che è preparata ad affrontare ogni emergenza dopo aver completato il corso per volontari della Protezione civile – Sono convinta che una cura mirata a casa da subito avrebbe evitato tutto questo. – Se avessi aspettato altri 2 giorni prima di essere ricoverata, di sicuro questa mia vicenda personale non l’avrei neanche potuta raccontare. Non so ancora quanti giorni dovrò passare in ospedale ma adesso almeno percepisco la sicurezza che uscirò da qui con le mie gambe».  Tutto è iniziato 13 giorni fa.

La vista dalla camera della paziente

«Mia figlia era risultata positiva e l’Asur si è limitata a mettermi in quarantena. Nonostante io stessi male con febbre a 39 e manifestassi tutti i vari sintomi nessuno voleva farmi fare un tampone –  ricorda – Mi avevano classificata come positiva senza sapere ciò che realmente avessi». Nel pieno della seconda ondata della pandemia il tracciamento dei contagi è saltato anche nelle Marche, è andato sotto pressione il sistema ospedaliero ed è diventato complicato gestire l’assistenza domiciliare dei malati per l’impennata del numero dei casi. «Io però stavo male a alla fine in piena notte due settimane fa non ce l’ho fatta più e ho chiamato il 118. – rimarca M.A. – Mi hanno detto di contattare il medico di guardia. Per più di un’ora l’ho cercato ma non si trovava. Ho provato ad alzarmi dal letto sono svenuta per la seconda volta. Fortunatamente in casa con me c’era mia figlia che ha richiamato 118 e finalmente è arrivata l’ambulanza che mi ha trasportato in ospedale ma già erano passate ore e sentivo sulla mia pelle che la situazione continuava a peggiorare».

L’ingresso al sesto piano di Torrette del reparto Cov4

La paziente di Castelfidardo è stata accompagnata dall’ambulanza dall’ospedale Inrca-Osimo dove è stato eseguito anche il tampone. «La mattina mi hanno sottoposto all’esame della Tac ed hanno scoperto la polmonite interstiziale bilaterale fortunatamente non gravissima ma il giorno dopo già non respiravo più – prosegue il racconto – Avevo un respiro affannoso e sentivo forti dolori al petto. Dopo un giorno e mezzo di degenza all’ospedale di Osimo sono stata trasferita all’ospedale di Torrette e qui, passati due giorni e mezzo su una barella al pronto soccorso perché non c’erano posti letto, alla fine sono stata ricoverata in reparto». Si sono sommati tanti momenti difficili, insomma. «Sì, me la sono vista davvero brutta. – ammette la 55enne- Oltre a tutte le varie cure hanno subito fatto richiesta anche per i medicinali con anticorpi monoclonali che è stata accettata. A distanza di giorni dall’inizio della terapia mi sento decisamente meglio. Sono ancora attaccata ad ossigeno e mi hanno detto che se non fosse bastata ossigenazione a 15 litri al minuto avrebbero dovuto contattare il medico rianimatore per sapere se agire diversamente. Penso che se avessi aspettato altri 2 giorni a casa di sicuro non avrei potuto raccontare questo pezzetto della mia vita. Con questo mio sfogo non voglio spaventare nessuno. Se penso che sono sempre stata scettica riguardo al Covid…Non so che cosa farò ancora, appena uscirò dall’ospedale. Adesso voglio solo pensare a guarire. Purtroppo la vita mi ha riservato poche gioie e parecchi dolori e credo di essere diventata quasi immortale! Oltretutto la mia camera di ospedale è differente perché è con vista mare» scherza M.A., anche per esorcizzare la paura.

(redazione CA)



Articoli correlati

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page




X