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Il centrodestra può ballare il saltarello,
l’opposizione nelle Marche non è pervenuta

IL COMMENTO di Fabrizio Cambriani - Il centrosinistra non ha toccato palla nei due comuni maggiori di questa tornata che sono andati al ballottaggio. La destra se la canta e sa la suona e intanto la nostra regione passa da isola felice a dimenticata periferia. Intanto si danza sul Titanic

 

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di Fabrizio Cambriani

Bisognerà che, prima o poi, qualcuno qui nelle Marche si incarichi di riflettere su una congiuntura che nel volgere di pochi anni ha assunto contorni quantomeno preoccupanti: perché il centrosinistra viene regolarmente bocciato dagli elettori? Una condizione che appena un anno fa ha condotto, quasi per inerzia, al governo regionale, una destra del tutto inadeguata al ruolo che le hanno consegnato gli elettori. Nei due comuni maggiori in cui si è votato (San Benedetto e Castelfidardo), questo centrosinistra non ha toccato palla, riuscendo capace – circostanza singolarissima – di non andare nemmeno al ballottaggio in nessuno dei due. Un’umiliazione mai registrata dal dopoguerra a oggi, a cui i mammasantissima del Partito Democratico hanno risposto buttandola in penosa cagnara e scambiandosi vicendevoli accuse. Tuttavia, si consolano postando selfie sui social accanto ai vincitori di turno delle grandi città. Quasi a voler in qualche modo esorcizzare le loro incapacità politiche nei propri territori. Evidentemente, stare vicino a chi vince li fa elevare al rango di statista. Quando la loro vera attitudine è quella di personalità portata a un meno che mediocre e prosaico mercimonio. Ormai il centrosinistra, almeno quello legato ai partiti politici, si rivela agli occhi degli elettori per quello che è: un bubbone fetido e purulento da cui stare il più possibile alla larga.

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Giovanni Gostoli, segretario regionale del Pd dal dicembre 2018

I marchigiani – e a oggi lo stanno dimostrando – hanno un’idiosincrasia, perfino alle facce di tutta lo loro classe dirigente. Un senso di istintiva repulsione che tende al voltastomaco. Di questo, tutti – nessuno escluso – dovrebbero prenderne atto e abbandonare il campo. Invece, nei loro deliri onirici, in nome del bene del partito e di tutta la regione, se ne stanno scandalosamente aggrappati ai loro (ormai) piccoli e insignificanti ruoli. Impedendo il naturale corso degli eventi. E, peggio ancora, una sana rigenerazione di classe dirigente. I pochi che, nell’immediatezza della Caporetto dell’anno scorso, hanno provato ad alzare timidamente un dito, oggi si sono rinchiusi in un attendismo tattico che volge all’appecoronamento più vile e al decorso fatalistico di ogni evento. Senza l’ambizione di diventarne protagonisti. Mai per loro fu più azzeccata la preghiera di De Andrè: “tu che mi ascolti insegnami un alfabeto che sia differente da quello della mia vigliaccheria”. Il prossimo appuntamento sul calendario è quello del congresso regionale del Pd per individuare l’erede del segretario Giovanni Gostoli che oltre a non essersi mai dimesso ha tenuto per un anno il partito nel congelatore. E in tutto ciò nessuno ha mai analizzato le cause della cocente sconfitta del settembre 2020. In teoria, un’occasione unica per azzerare organigrammi ed elaborare risposte alle tante domande – fin qui sempre inevase – di tantissima gente in difficoltà. Nei fatti, si rivelerà una semplice corsa per uno dei pochissimi seggi rimasti disponibili in parlamento. In mezzo qualche cortina di fumo per anestetizzare ogni dibattito serio su qualsiasi contenuto.

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Ieri Francesco Acquaroli e la sua Giunta hanno autocelebrato il primo anno di Governo

Eppure, mai come adesso, ci sarebbe bisogno di una proposta politica alternativa alle destre che da un anno a questa parte, non solo non hanno combinato niente, ma si sono solamente distinte nel criticare ogni azione del governo Draghi per contrastare l’epidemia. Una sorta di opposizione a una parte di loro stessi che, sottotraccia, sta aprendo crepe sempre più evidenti nella loro maggioranza. Tanto che già, apertamente, si parla di rimpasto in giunta (parole di Ciccioli in vista del 2022). Ci sarebbero tutte le condizioni affinché, attraverso un’opposizione mirata e puntale sul merito delle scelte, prendesse corpo e sostanza un progetto che possa invertire la tendenza. Invece, si preferisce inseguire il mainstream del momento, alimentando feroci polemiche su temi e argomenti lontanissimi dalle istanze della gente comune. Del tutto convinti che strappare qualche titolo di giornale a sei colonne sia la massima aspirazione di un politico. Sintomo di un’evanescenza improduttiva e, a tratti, sempre più pericolosa. Il crescente numero dei non votanti dovrebbero convincerli dell’esatto contrario, ma – ahimè – temo non se ne rendano nemmeno conto.

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Oggi in Regione è passata la legge sul saltarello

La situazione, qui nelle Marche, è davvero molto grave. Ugo Bellesi, su questo giornale e attraverso dati ufficiali, ogni tanto ci riporta alla nuda e cruda verità. Da isola felice ad arcipelago che si sta sempre più frantumando e allontanando dal centro, per diventare lontana e dimenticata periferia (leggi l’articolo). E tutto ciò sta accadendo sempre più in fretta. Senza soste e tempi di recupero. Dalla politica oggi i marchigiani tutti attenderebbero risposte immediate e capaci di invertire la rotta. Invece, ed è notizia di oggi, dal consiglio regionale hanno annunciato, non senza trionfalismi e dichiarazioni con tanto di commenti a latere, che è stata approvata addirittura una legge sul saltarello (leggi l’articolo). Dopo due anni di pandemia, era quello che manifestamente tutti richiedevano a gran voce. Ma in fondo, è un po’ come nella rappresentazione del Titanic: anche noi, nel momento in cui affonderemo nel nostro arcipelago, avremo la consolazione di ballare non già uno snob valzer viennese, ma – legati alle nostre radici e tradizioni – il saltarello marchigiano doc. Picchiando, felici e contenti, le mani sui cembali.

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