Nel suo messaggio di Natale quest’anno l’arcivescovo della Diocesi di Ancona-Osimo, mons.Angelo Spina, invita a vivere momenti di gioia condivisa e fraterma durante le festività, a «togliere l’orgoglio dal cuore, eliminare l’egoismo, abbattere i muri dell’indifferenza e del rancore». E’ importante cancellare «le piccole guerre di potere e di sciocca supremazia che ci rendono nemici l’uno dell’altro». L’arcivescovo presiederà questa sera la messa di mezzanotte nella cattedrale di San Ciriaco. Domani mattina alle 9.15 sarà alla casa di riposo ‘Grimani Buttari’ di Osimo per la funzione religiosa con gli anziani ospiti e i loro familiari mentre alle 11 celebrerà la messa nella concattedrale di San Leopardo sempre ad Osimo. Alle 17 di domani il presule sarà di nuovo sull’altare del duomo di San Ciriaco ad Ancona. Di seguito il testo integrale del suo discorso augurale per i fedeli.
Il Natale, fascino, speranza e guarigione di un mondo disorientato. Non si sfugge al fascino del Natale, ma purtroppo è tanto facile tradire il Natale. Non bisogna cadere nella trappola di un Natale frenetico, godereccio, frivolo, sarebbe il tradimento del vero Natale. Il consumismo sta anestetizzando le nostre anime. Si fanno lunghe code per comprare, per avere, per riempire le anime di cose. Le merci occupano tutto lo spazio interiore dove si trova ogni spiritualità autentica e quindi non commerciale. Il cuore dell’uomo non può essere riempito di cose della terra, è fatto per ciò che le supera, per ciò che è spirituale, trascendente. Nel disorientamento contemporaneo che genera solitudini esistenziali, talora drammatiche, e che il Covid continua ad alimentare, celebriamo il Natale.
Francesco d’Assisi aveva 41 anni e attraversava un periodo di fatiche, di malattia, era ormai quasi cieco, e aveva ricevuto anche amare incomprensioni, ma amava tanto il Natale che lo viveva come un grande giorno di festa. Nel 1223 si trovava nei pressi di Greccio, nella notte di quel Natale volle rivivere il disagio della povertà di Betlemme, volle ricostruire la scena scomoda della stalla e invitò tanta gente. Molti andarono come al primo, al vero Natale. Il poverello di Assisi volle così sottolineare che Dio è entrato nella storia, nella nostra storia tormentata e disorientata, si è fatto uomo, si è fatto piccolo per arricchire ogni uomo di pace e portare la salvezza. A Natale l’Onnipotente si fa Bambino e chiede aiuto e protezione. Il suo modo di essere Dio mette in crisi il nostro essere uomini.
Ci ricorda Papa Francesco: «Natale è la festa della fiducia e della speranza. La ragione della speranza è che Dio è con noi, si fida di noi e non si stanca mai di noi! E non si stanca mai di perdonare: siamo noi a stancarci di chiedere perdono. Viene ad abitare con gli uomini, sceglie la terra come sua dimora per stare insieme a noi e assumere le realtà dove trascorriamo i nostri giorni. A Natale Dio si rivela non come uno che sta in alto per dominare, ma come Colui che si abbassa, piccolo e povero, compagno di strada, per servire: questo significa che per assomigliare a Lui la via è quella dell’abbassamento, del servizio. Perché sia davvero Natale, non dimentichiamo questo: Dio viene a stare con noi e chiede di prendersi cura dei fratelli e delle sorelle, specialmente dei più poveri, dei più deboli, dei più fragili, che la pandemia rischia di emarginare ancora di più. Così è venuto Gesù, e il presepe ce lo ricorda» (Discorso del Santo Padre Francesco Aula Paolo VI venerdì 10 dicembre 2021). Il suo bussare alle nostre porte ci interpella. Interpella la nostra libertà e ci chiede di rivedere il nostro rapporto con la vita e il nostro modo di concepirla. In un mondo piagato, come il nostro, le spese per gli armamenti sono in continua crescita, gli Stati Uniti hanno oltre 2100 testate nucleari attive, la Cina ne dispone più di 400, l’India e il Pakistan 100 testate nucleari ciascuna e la lista è lunga e continua con altri paesi.
Viene spontaneo chiedersi: ma viviamo in un mondo di pazzi? Purtroppo è così, perché il mondo non ha voluto e non vuole prendere sul serio la lezione che viene da Betlemme dove gli angeli hanno cantato gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore. Che cosa possiamo fare noi? Non possiamo smantellare gli arsenali nucleari, ma possiamo smantellare gli arsenali dei piccoli rancori quotidiani, delle velenose invidie e delle piccole guerre di potere e di sciocca supremazia che ci rendono nemici l’uno dell’altro. È tempo di riscoprire che siamo fratelli e sorelle, non uno che si mette al di sopra dell’altro ma alla pari, come fratello e sorella. Occorre pertanto togliere l’orgoglio dal cuore, eliminare l’egoismo, abbattere i muri dell’indifferenza e del rancore, allora è Natale, allora nasce la gioia. «Il limite tra il prima di Cristo e il dopo Cristo non è un confine tracciato nella storia o nel calendario, ma è un segno interiore che attraversa il nostro cuore. Finché viviamo nell’egoismo e nell’orgoglio, siamo ancora oggi coloro che vivono prima di Cristo». (Benedetto XVI, 3 gennaio 2014).
Ad ogni Natale noi ci scambiamo gli auguri perché avvertiamo che la nascita del Bambino Gesù è anche la nostra nascita, nell’oggi di Dio. La nascita alla Speranza, la nascita alla Vita, la nascita all’Amore, la nascita di Dio nel nostro cuore piccolo, ma pronto a dilatarsi per accogliere Lui che salva e dona pace e prenderci cura di ogni persona che incontriamo sul nostro cammino. Buon Natale!
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