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Capodimonte a pezzi:
crolla il muro del vicolo San Marco
sulla tettoia dell’incompiuta

ANCONA – Il boato nella notte di domenica, ma il danno è solo l'ultimo grido di allarme di una zona lasciata in abbandono. La progettazione degli anni '90 rimasta sospesa, con parte dei fondi della ricostruzione post terremoto finiti nel nulla

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Il muro crollato nella notte di domenica lungo vicolo San Marco, a cui si accede da via Cialdini

 

di Giampaolo Milzi

Una murata di una quindicina di metri sgretolatasi come fosse stata realizzata in argilla. E’ successo ieri, o martedì notte, a Capodimonte. Un “botto” la cui eco è esplosa su Facebook con commenti di indignazione e rabbia, anche da parte chi, da quelle parti, vicine al semi-ignoto vicolo San Marco, ci abita. E si affaccia su un pezzo di Ancona che da anni e anni è diventato un inferno urbanistico.
Eppure, 27 anni fa, queste decine di ettari erano tutt’altro che gironi di oscene turpitudini. E’ dalla parte alta di via Cialdini che, passando per l’omonina piazzetta, si accede a vicolo San Marco in quello che nel lontano 1991 – dopo 5 anni di lavori costati all’Amministrazione comunale almeno 180 miliardi di lire attinti dai fondi dell’ente statale Gescal, vincolati per legge al Piano di ricostruzione del centro storico di Ancona – era un paradiso di viottoli, profumi di fiori e giardinetti, realizzato come dedalo di itinerari pedonali dall’alto verso il basso, fino al parcheggio Traiano. Un percorso attrezzato con arredi a basso impatto ambientale, scandito da scalette, stradine, spiazzi, piantumazioni, locali per servizi, arredi pubblici, balaustre, punti sosta capaci di regalare panorami mozzafiato sul golfo dell’Ankon, il porto peschereccio del Mandraccio, la Mole Vanvitelliana, la Cattedrale di San Ciriaco.
Un paradiso durato pochissimo, dove di “attrezzato” non c’è rimasto nulla, diventato in pochi anni un incubo, una macchia nera per l’immagine della città, a causa di una mancanza di manutenzione cronicizzatasi fin da subito, pochi mesi dopo il taglio del nastro. Fatta eccezione per piccoli interventi di “rattoppo”, con sbarramenti e reti precarie. Un disastro annunciato, quindi. Paradossale la scritta-slogan che resiste su un cartello piantato a margine del giardinetto con giochi per bambini ridotto a giungla selvaggia in piazza san Marco: “Vivi bene – vivi sano – vivi senza sporco urbano”. E’ accaduto l’esatto contrario, come ampiamente documentato in un lungo reportage pubblicato da Cronache Ancona il 25 febbraio 2017. Quell’oasi per serene passeggiate in sicurezza anche per anziani, famiglie con figli piccoli al seguito è precipitata nell’incuria più vergognosa, ettari di giungla urbana buoni per girare un film idealmente ambientato nel Bronx. I diversi quintali di mattoni e pezzi di materiale edilizio finiti su una sottostante, enorme tettoia arrugginita e sfondata in più parti sono ora il simbolo più emblematico della orrida piega “a precipizio” di quest’area-spot “dove vivere bene, sano e senza sporco urbano”, alla quale il Comune non s’è degnato nemmeno di dare un nome nella toponomastica. Un’area fantasma. Ma a questo fantasma bisogna crederci. Basta avere il coraggio – a rischio della incolumità personale – di andarlo a guardare in faccia. Passato vicolo San Marco, inizia la discesa nel labirinto degli orrori: siepi e piante in fin di vita, erbacce e rovi “a go go”, pavimentazioni, scalini, muretti crepati in più punti, caratterizzati da muffe e rivoli d’acqua sporca; si procede bypassando mattonelle e mattoncini divelti e distaccati, rifiuti di vario tipo, reticolati bucati; accanto a porte di ferro malandate chiuse su imperscrutabili locali di servizio (Igienici? Centraline elettriche? Depositi di attrezzi?) che hanno avuto vita breve, se mai l’hanno avuta, accanto a pali della luce con fanali penzolanti, a ciclomotori e biciclette scassati abbandonati, sferrando un calcio a bottiglie rotte, pezzi di lamiera, siringhe usate. 
Sui social media si punta il dito contro una gang di teppisti, sarebbero stati loro a dare la spinta fatale alla murata di vicolo San Marco, in realtà una specie di colpo di grazia, visto che stava su per scommessa. A vedere di persona cosa sia successo, per capire se possa essere stata opera di vandali, si sono affacciati anche l’assessore alle manutenzioni Stefano Foresi e il dirigente della squadra mobile Carlo Pinto, alla guida già lo scorso anno delle indagini su una serie di episodi di vandalismo e danneggiamenti che aveva portato a 30 denunce tra giovani e giovanissimi. Al momento pare che nessuno abbia visto in faccia i balordi demolitori. Ma in quella sorta di terra di nessuno ci sguazzano come pesci mutanti. E il fatto che questo inferno sia popolato, soprattutto al calar delle ombre della sera, solo da balordi, sbandati, tossici e senzatetto è un segreto di Pulcinella.
Sempre su Facebook si legge che i residenti di via Cialdini e di vicolo San Marco l’sos l’hanno lanciato da un pezzo e ripetutamente, alla polizia municipale, agli uffici del Comune. Risultato? Promesse d’interventi di risanamento mai mantenute, salvo qualche impianto di illuminazione risistemato.
Un paradiso pedonale, agli inizi degli anni ’90. Ma già da allora nato con un peccato originale, perché incompiuto. Incompiuto come il parcheggio Traiano, una mega struttura su più livelli capace di 200 posti. Ma che aveva, progetto alla mano, ulteriori destinazioni. A metà percorso la vista spazia su una sorta di monumento all’anarchia cementizio- strutturale.
Ecco l’ampia parte sommitale che avrebbe dovuto concretizzarsi nella base del quinto piano del parking, destinato ad usi socio-culturali (tra le ipotesi una pinacoteca d’arte moderna, un museo d’arte urbana). Ci sono le e fondamenta, una grande piattaforma di cemento, piloni, gli sbocchi per le condotte d’aria. E ancora, ecco la torre semidiroccata che avrebbe dovuto contenere un ascensore: utilizzabile da tutti, in teoria capace di trasportare su e giù, velocemente, pedoni e automobilisti reduci dall’area sosta veicolare lungo l’iter verticale da via Cialdini fino al lungomare porto. Progetti interrotti e dimenticati.
Già in fondo, ecco uno dei due ingressi del parcheggio, quello cui si accede dalla parte finale, discendente, di via Cialdini. L’umidità è aumentata, i due piccoli slarghi all’inizio e alla fine dell’ultimo tratto di scale sono caratterizzati da pozzanghere, lerciume, dagli ennesimi mattoni in ordine sparso. Sotto i nostri piedi scorre l’acqua, la stessa che tortura, con le sue infiltrazioni, il parcheggio. Ci sporgiamo da una balaustra e verifichiamo che di incompiuto c’è anche l’ultimo tratto del percorso reticolare, quello che – come l’ascensore mai nato – avrebbe dovuto mettere in comunicazione diretta via Rupi di via XXIX Settembre con la di poco sottostante via XXIX Settembre.
Torniamo indietro nel tempo, nel periodo 1986 – 1991. Quando l’area di urbanistica attrezzata, con verde, servizi, punti di sosta panoramici, camminamenti che abbiamo perlustrato fu realizzata dall’amministrazione comunale utilizzando una porzione dei fondi Gescal legati al Piano di ricostruzione. Un Piano che era stato trasformato in progetto dall’Ufficio Centro Storico, dove lavorava l’esperta architetta Anna Giovannini. Un ottimo progetto, tanto che nel 1981 aveva vinto un premio per l’urbanistica del Consiglio Europeo. Probabilmente perché ai “giudici” UE era piaciuto molto anche il capitolo di cui vi abbiamo descritto l’aberrante fine. Un bilancio in nero su cui, chissà, potrebbe vederci chiaro la Corte dei Conti. Per adesso, come auspica il popolo di Facebook, ci si potrebbe accontentare di veder spuntare qualche telecamera fissa (domani ci dovrebbe pensare l’assessore comunale Foresi), di qualche controllo perlustrativo di pattuglie di vigili urbani. Ma soprattutto occorrerebbero dei sopralluoghi da parte degli uffici tecnici e di manutenzione del Comune. Per registrare e quantificare il bilancio in nero del disastro. Ed iniziare (almeno) ad immaginare come ritornare – tramite un generale piano di bonifica e ristrutturazione in più fasi (viste le casse in rosso di Palazzo del Popolo) – da questo inferno urbanistico al paradiso beffardamente annunciato dal cartello in piazza San Marco.

Da via Cialdini al park Traiano la discesa nell’orrore

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