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«Aborto libero, gratuito e farmacologico»
Presidio sotto Palazzo Leopardi

ANCONA - Sit-in questa mattina organizzato dall'associazione Non una di Meno Marche. «Denunciamo la campagna di disinformazione scientifica ed etica di cui si è resa protagonista l’attuale Giunta regionale, volta ad intimidire, influenzare, colpevolizzare le donne che vogliono interrompere la gravidanza»

Il presidio di Non Una di Meno

 

di Giampaolo Milzi

Interruzione volontaria di gravidanza sempre più «una corsa ad ostacoli, con la Giunta regionale di destra guidata da Acquaroli che persiste con più tenacia nella strategia di quella precedente di centro-sinistra volta ad indebolire tutto il sistema legato all’applicazione della legge 194 del 1978». Anche la Regione Marche fortemente sotto accusa, dunque, come tante altre regioni italiane e paesi esteri, con una «classe politica colpevole di aggravare il disservizio quando l’aborto dovrebbe essere garantito in pieno, a tutte le donne e secondo tutte le modalità previste dalle normative». Concetti spiegati con rabbia civile stamattina ad Ancona, davanti a Palazzo Leopardi (sede del Consiglio regionale) dalle componenti del movimento “Non una di meno – Marche”. Una manifestazione (parte di una mobilitazione iniziata a gennaio scorso) che in questo 28 settembre, “Giornata internazionale dell’aborto sicuro”, appoggiata dall’Onu, si è tenuta in una marea di città in tutto il mondo. Sanità Marche sotto accusa . hanno spiegato i manifestanti – in primo luogo per la dilagante obiezione di coscienza anti-Igv, per le lungaggini burocratiche e la mancanza di trasparenza, per la disinformazione sul tema e la scarsa formazione del personale, per le distorsioni operative in alcuni consultori, solo per fare alcuni esempi. Marte Manca, attivista di “Non una di meno”, ha approfondito vari aspetti dell’argomento durante il presidio, al quale hanno aderito l’Unione Sindacale di Base (USB) e Potere al Popolo. La media del 70% dei ginecologi/e e delle ostetriche obiettori nelle Marche (in Italia siamo a quota 75%) «è inaccettabile, e quindi invitiamo la Giunta regionale ad assumere nuovo personale se necessario e soprattutto ad assicurare il turn over dello stesso affinché non sia negato il diritto ad abortire», ha sottolineato Marte Manca. Emblematico il caso della provincia di Fermo, dove si registra «una obiezione di struttura, vietata dalla legge nazionale» con tutti e 10 i ginecologi in servizio obiettori e «le utenti che devono andare in Umbria per ottenere il certificato per l’Ivg per poi rivolgersi all’ospedale di Ascoli, dove l’Ivg si pratica solo il sabato». “Obiezione di struttura” anche a Jesi, con il “contentino” di un ginecologo che viene in ospedale da fuori una volta la settimana.

Giunta regionale

E ancora: «Denunciamo la campagna di disinformazione scientifica ed etica di cui si è resa protagonista l’attuale Giunta regionale, volta ad intimidire, influenzare, colpevolizzare le donne che vogliono abortire». Riguardo l’obiezione, ecco il quadro regionale (dati punti nascita Asur) riportato questa mattina: Ascoli 7 ginecologi obiettori su 10 (l’ivg è garantita solo grazie ad una convenzione con l’associazione Aied; San Benedetto del Tronto 4 su 10; Macerata 9 su 13; Civitanova Marche 6 su 8; Jesi e Fermo 10 su 10; Senigallia 7 su 9; Urbino 4 su 9. Per Ancona i dati non sono stati forniti. E l’aborto farmacologico, tramite la pillola RU486? Pratica non effettuata a Fabriano, Macerata, Ascoli, Ancona. «La Giunta regionale non ha applicato le linee di indirizzo del Ministero della Salute sulla RU486, del resto l’assessore alle Pari opportunità Giorgia Latini si è dichiarata da tempo contraria all’applicazione», ha aggiunto Marte Manca. Note stonate, talvolta, anche in alcuni consultori. A primeggiare in negativo quello di Porto San Giorgio. «Qui è accentuatissima l’abitudine di psicologi e assistenti sociali, durante il colloquio con le utenti, di disincentivarle, di far cambiare loro idea. Ma le donne non hanno bisogno di questi “predicozzi”, hanno liberamente già da tempo scelto di abortire». Numerose quindi le richieste alla Giunta regionale delle Marche: ritirare la proposta di legge n° 14 del febbraio scorso che legittima la presenza di attivisti anti-abortisti “pro life” in ospedali e consultori; snellire i tempi di attesa, abolendo ad esempio la “settimana di ripensamento” per chi vuole abortire; introdurre la possibilità di ottenere un certificato medico per l’Ivg in modalità telematica; introdurre la fornitura gratuita della pillola contraccettiva d’emergenza “del giorno dopo” e “dei cinque giorni dopo”; riconoscere per legge come patologia la vulvodinia, che provoca dolore cronico alla vulva e ai tessuti che circondano l’accesso alla vagina.
«Durante il periodo più allarmante dell’emergenza Covid tutte le problematiche che affossano la legge 194 sono venute ancora più a galla. Ma noi e le reti femministe di cui facciamo parte non arretreremo di un passo, continueremo a batterci per la piena garanzia d’accesso all’aborto, continuando a dare tutte le informazioni orientative alle donne che si sonio rivolte a noi e continueranno a farlo, disperate, perché erano state rimbalzate da diverse strutture sanitarie e consultori», il pensiero di “Non una di meno”.

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