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«Desideriamo insieme il modo
di stare accanto ai poveri»

IL MESSAGGIO dell’arcivescovo di Ancona-Osimo, Angelo Spina, per la festa di San Ciriaco

Monsignor Angelo Spina

 

Entrano nel vivo, oggi ad Ancona, i festeggiamenti per San Ciriaco, patrono della città. Come è tradizione, l’arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo. Mons Angelo Spina, questa mattina alle 10.30 presiederà la messa in cattedrale e concelebrerà anche la funzione religiosa delle 17.30, sempre al duomo, alla presenza delle autorità civili, del clero della Diocesi e dei fedeli. Per esaltare la valenza più profonda della ricorrenza, il presule ha inviato il suo messaggio alla comunità che pubblichiamo in forma integrale.

La festa del nostro patrono San Ciriaco è per tutti stimolo ad una riflessione. Il suo corpo giunto da Gerusalemme ad Ancona 1606 anni fa, dono di Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, è segno di una presenza viva e di una protezione costante della città e dell’intera Arcidiocesi di Ancona-Osimo.  La storia del santo, come sappiamo, ci rimanda alle vicende vissute a Gerusalemme, all’anno 326 dopo Cristo, quando Elena, madre dell’imperatore Costantino era alla ricerca della vera Croce di Cristo. Un certo Giuda, ebreo, sapeva dove era. Su invito pressante di Elena, Giuda svelò dove era nascosta la Croce, ci fu l’inventio crucis. Giuda si convertì, si fece battezzare e prese il nome di Kuryakos, Ciriaco, che tradotto significa “del Signore”. Fu vescovo di Gerusalemme e non esitò ad affrontare il martirio per rendere testimonianza della sua fede, sotto Giuliano l’Apostata, con la convinzione ferma che gli “uomini possono uccidere il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima”.

Il martirio di san Ciriaco rimanda alla Croce. A noi viene chiesto di metterci in ascolto della Croce. Perché la Croce parla! Se qualcuno domanda: “Da dove nasce la speranza?”. Dalla Croce. Guarda la Croce, guarda il Cristo crocifisso e da lì ti arriverà la speranza che non sparisce più, quella che dura fino alla vita eterna. Sulla croce Gesù ha trasformato il nostro peccato in perdono, il nostro odio in amore, la nostra paura in fiducia, la nostra morte in resurrezione.

Se dalla croce fiorisce la speranza è dalla croce che viene donata la vera pace, perché il Signore Gesù, nel suo gesto di amore infinito, sacrificando se stesso, ci riconcilia con Dio e tra di noi. Dà il via a una nuova umanità che, guardando a Lui, mette fuori dalla porta del cuore e della propria casa l’individualismo, la superbia, l’invidia, la gelosia, l’aggressività; per tendere al dono di sé e non al possesso egoistico.

Ad Ancona il giorno della festa di San Ciriaco vengono assegnate le benemerenze a cittadini che hanno aperto il cuore agli altri, per una fraternità condivisa, con gesti di carità semplici e profondi; sono i costruttori silenziosi di giustizia e gli artigiani di pace, per una città viva. Ancona, con il porto, è per sua natura una città che accoglie. Nel tempo ha saputo costruire inclusione, reciprocità, pur nella fatica e nelle contraddizioni. Nel corso della storia le tante ferite, alcune dovute a calamità naturali, di lontana memoria e recenti, non hanno mai fermato lo spirito di solidarietà e di inclusione sociale, con l’attenzione ai più bisognosi.

Oggi non possiamo assistere inerti al rischio continuo che tante persone in questa città scivolino nuovamente e silenziosamente in povertà che speravamo superate per sempre, infatti, quando qualcuno bussa per la prima volta ai Centri di Ascolto delle nostre Caritas, ha già consumato le speranze, perdendo dignità e intraprendenza.

E allora mi chiedo, e chiedo a tutta la città: possiamo immaginare e desiderare, ancora una volta insieme, il modo di stare accanto ai poveri, costruendo percorsi di accompagnamento, di prevenzione dell’impoverimento progressivo, di soccorso per chi sta scivolando nella disperazione? Possiamo immaginare e desiderare una città che accompagna in modo personalizzato chiunque si trovi in stato di necessità? Che vede nello stesso povero delle risorse da valorizzare, energie da riattivare?

Certo, amare i poveri non è romantico, né comodo. Essi non rispondono a un cliché che ci facciamo noi. Ma, come tutti, possono sempre sorprenderci. Come sarebbe interessante se nell’attività politica, al di là di qualsiasi appartenenza, ciascuno mettesse il proprio impegno per porre al centro la persona umana e la sua infinita dignità. Come sarebbe auspicabile se, abbandonate le forme continue di lamentela, di accuse e di contrapposizione, ci fosse una prima tappa per fare memoria della storia di carità e giustizia della nostra città. Una seconda tappa che guardi al presente, evidenziando le capacità e i talenti a servizio delle diverse condizioni di povertà. Una terza tappa rivolta al futuro, orientata allo sviluppo di pratiche di lotta alla povertà da realizzare con i poveri stessi.

Nella città c’è un desiderio latente, quasi una necessità, di ricostruire relazioni forti tra singoli, corpi sociali e istituzioni. Abbiamo una grande opportunità: prenderci a cuore gli ultimi, dando loro spazio e voce, è infatti quanto di più nobile e nobilitante ci sia per rimettersi insieme tra tanti soggetti diversi, senza polemiche e senza secondi fini. È possibile! La risposta è sì, se ci lasciamo guidare dal nostro patrono San Ciriaco ad abbracciare la Croce gloriosa di Cisto salvatore, unica nostra speranza e nostra pace. Amen.

+Angelo Spina, arcivescovo di Ancona-Osimo

 

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