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Inchiesta sul presunto untore,
Pinti muto davanti al giudice
Chiesta la scarcerazione

ANCONA - L'avvocato del 35enne arrestato martedì pomeriggio ha chiesto il regime degli arresti domiciliari nell'ambito dell'interrogatorio di garanzia che si è tenuto questa mattina a Montacuto. L'autotrasportatore malato di Hiv, "negazionista" sull'esistenza stessa del virus, non ha detto una parola al gip. I racconti, tra l'incredulo ed il furioso, dei colleghi sembrerebbero confermare l'ostilità di Pinti per la medicina e le cure ufficiali

 

di Federica Serfilippi

ha collaborato Marica Montalbano

Scena muta davanti al giudice. Durante l’interrogatorio di garanzia che si è svolto a Montacuto, si è avvalso della facoltà di non rispondere il 35enne Claudio Pinti, l’autotrasportatore malato di Hiv accusato di aver fatto contrarre dolosamente il virus alla sua ex partner. Il suo legale, Maria Alessandra Tatò, ha chiesto che la misura cautelare firmata dal gip Carlo Cimini venga cambiata per poter consentire a Pinti il regime degli arresti domiciliari. Su questa decisione, il giudice si è riservato anche perchè deve essere accertato con delle analisi specifiche lo stato della malattia e se, dunque, le condizioni di salute possono essere compatibili con il regime carcerario. Intanto, l’appello della polizia ha dato i sui primi frutti: da ieri sera ci sono state alcune segnalazioni da parte di presunte vittime che hanno allertato la questura. Anche loro avrebbero descritto di aver avuto rapporti sessuali non protetti negli ultimi anni con Pinti. L’uomo nega di aver contratto il virus e che il virus stesso esista. Proprio per questo, alla sua ex compagna, titolare della denuncia che ha fatto partire l’indagine della Squadra Mobile dorica e malata di Hiv, aveva detto di non assumere farmaci per contrastare la malattia, esercitando su di lei una pressione psicologica notevole. Il 35enne, arrestato mentre si trovava a Montecarotto dai genitori, è accusato di lesioni personali dolose gravissime.

La forte avversione per la medicina, la ricerca scientifica e le terapie ufficiali di Pinti, confermate da alcuni colleghi, tra l’incredulo ed il furioso nell’apprendere le notizie di ieri.
Autotrasportatore di professione, ma con incarichi saltuari, era conosciuto nell’ambiente come bravissima persona e anzi generoso anche nel dispensare consigli sanitari e medici. Mario (nome d’invenzione per tutelare la privacy dell’uomo, ndr), un collega di Pinti racconta un episodio avvenuto lo scorso anno. Mario era molto preoccupato perché la sua compagna stava in quei mesi combattendo contro il mostro del cancro. «Claudio mi diceva – racconta – che sua moglie era stata annientata dalla chemioterapia e che avrei dovuto prestare molta attenzione nel seguire i consigli medici nel sottoporre la mia compagna a questo devastante trattamento. Mi consigliava sostegni di tipo erboristico, insistendo sui terribili rischi che la chemio porta con sé. Sembrava sinceramente preoccupato e mi aveva fornito indirizzi e recapiti utili per accedere a cure alternative».
Mario ha poi proseguito il protocollo della medicina ufficiale, ma l’episodio è significativo e fa emergere alcune caratteristiche di Pinti. Prima fra tutte la profonda ostilità per la scienza medica tradizionale o ufficiale, per le cure sanitarie salvavita, per i consigli dati dai professionisti della medicina. Caratteristiche che ha conservato negli anni, tanto da non sentirsi un malato né bisognoso di cure.
Ieri, la notizia del suo arresto ha destato grande stupore tra i colleghi. In prima battuta nessuno voleva credere a quella strana coincidenza nel nome e nell’età. Poi mano a mano che i dettagli emergevano i dubbi si sono dissipati e la rabbia ha preso il posto dello stupore. Tutti increduli nell’apprendere che proprio lui, Claudio Pinti, potesse essere l’untore delle cronache.

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