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Galli e Scarafoni al gip:
«Inviato qualche amico al Paolinelli
ma non abbiamo preso soldi»

INDAGINE EURO GREEN PASS - Interrogatori di garanzia per alcuni degli indagati dell'inchiesta della procura di Ancona. Due dei presunti intermediari hanno risposto alle domande. Il legale recanatese Paolo Padovano che avrebbe ottenuto la certificazione senza fare la dose ha detto che non conosce nè la romena Zelieniuschi, nè Luchetti e di essere vaccinato. Il difensore: «Non emerge nessun contatto tra lui e i presunti reclutatori». Scena muta per il poliziotto in servizio a Civitanova, Leonardo Della Mora, il suo legale: «Qual è la motivazione della misura cautelare? Farò ricorso al Riesame»

 

di Gianluca Ginella e Federica Serfilippi

Nuova giornata di interrogatori per la fase due dell’indagine Euro Green pass della procura di Ancona. L’imprenditore Stefano Galli di Ancona, il fabrianese Edmondo Scarafoni, ritenuti due degli intermediari che avrebbero trovato le persone che erano interessate ad ottenere il Green pass simulando la vaccinazione al Paolinelli di Ancona, hanno deciso di rispondere alle domande e hanno confessato  di aver veicolato amici dall’infermiere Emanuele Luchetti, negando di aver preso soldi. L’avvocato recanatese Paolo Padovano, ritenuto uno dei clienti che avrebbero ottenuto il Green pass bypassando il vaccino, ha pure lui risposto alle domande, negando però ogni contestazione e spiegando che lui non conosce nessuno dei presunti “reclutatori” e che non ha avuto mai contatti con qualcuno di loro.

C’è anche chi oggi si è avvalso della facoltà di non rispondere: si tratta dell’avvocato Gabriele Galeazzi e della banconista romena Maria Daniela Zeleniuschi, entrambi ai domiciliari così come Galli e Scarafoni (tutti e quattro per la procura avrebbero fatto da intermediari tra chi voleva il Green pass senza fare il vaccino e l’infermiere corrotto Emanuele Luchetti).

Emanuele Luchetti

Tornando a chi ha parlato, abbiamo Galli, difeso dagli avvocati Paolo Mengoni ed Eleonora Tagliabue, che ha ammesso di essersi fintamente vaccinato da Luchetti, con cui era legato da un rapporto di conoscenza, addirittura a fine agosto «ma senza pagare». In quell’occasione, la dose non sarebbe stata sprecata: non ci sarebbe infatti stata la messinscena dello stantuffo premuto all’interno dell’agobox, ma solo l’applicazione di un cerotto. L’imprenditore, inoltre, si è mostrato collaborativo, ricostruendo il filone delle persone indirizzate all’hub vaccinale. «Ma io non ho mai preso i soldi» ha detto Galli, riferendo anche di aver iniziato «per aiutare alcuni amici», gravati da problemi di salute e per questo spaventati dal vaccino anti Covid. Lui non si sarebbe vaccinato perché in quel momento, a fine agosto, non lo riteneva necessario. «Il mio assistito non è un corriere di clienti» ha detto al termine dell’interrogatorio l’avvocato Vincenzo Carella, difensore di Scarafoni. Quest’ultimo avrebbe ammesso di aver indirizzato all’hub solo due amici, senza peraltro ricevere soldi, arrivati direttamente nelle mani di Luchetti (50 euro per la prima dose, 50 per la seconda). Muti davanti al gip Carlo Masini l’avvocato Galeazzi, difeso dal collega Riccardo Leonardi, e la Zeleniuschi, assistita dal legale Germana Riso. Anche nel primo interrogatorio si erano avvalsi della facoltà di non rispondere.

L’avvocato Gabriele Cofanelli

Ha risposto alle domande del giudice anche l’avvocato Paolo Padovano che sarebbe, per la procura di Ancona, una delle persone che ha ricevuto il Green pass senza vaccinarsi. «Non ho corrotto nessuno e mi sono vaccinato. Non conosco né Luchetti né la donna romena che avrebbe organizzato la finta vaccinazione» ha detto il legale. Padovano lunedì è stato sottoposto, così come gli altri indagati della seconda tranche dell’inchiesta Euro green pass ad una misura cautelare, nel suo caso si tratta dell’obbligo di dimora.

Assistito dall’avvocato Massimiliano Cofanelli (in sostituzione dell’avvocato Gabriele Cofanelli), Padovano ha voluto chiarire la sua posizione dicendo in maniera netta che lui con questa vicenda non c’entra niente. Il legale recanatese ha spiegato di non conoscere Maria Daniela Zelieniuschi, la donna romena che secondo la procura di Ancona l’avrebbe aiutato ad ottenere il Green pass con la falsa vaccinazione. «Non la conosco e non conosco Luchetti. Il 23 dicembre sono andato al Paolinelli di Ancona e mi sono vaccinato. Perché sono andato al Paolinelli? Da dove abito è il centro vaccinale che mi è più vicino» ha detto il legale. «Padovano in questa indagine viene fuori dal nulla – dice l’avvocato Gabriele Cofanelli, legale di Padovano -. Non emergono dall’indagine collegamenti che facciano presupporre che lui fosse in contatto con queste persone. Con la signora Zelieniuschi non c’è una chiamata, non c’è un contatto. Lo stesso vale per le altre persone indagate. Inoltre su di lui non c’è una immagine, non c’è un video. Niente».

L’avvocato Alessandra Perticarà

Scena muta davanti al gip Carlo Masini per l’avvocato Galeazzi, difeso dal collega Riccardo Leonardi, e Zeleniuschi, assistita dal legale Germana Riso. Anche nel primo interrogatorio si erano avvalsi della facoltà di non rispondere. Tra chi ha deciso di non rispondere c’è anche il poliziotto in servizio a Civitanova Leonardo Della Mora, 49 anni, residente a Porto Recanati. Indagato anche un secondo agente in servizio a Civitanova, Alessandro Romagnoli, 59 anni, residente a Tolentino. Entrambi sono in servizio, ma gli è stata tolta la pistola.

Il legale di Della Mora: «Al mio cliente è stato notificato l’avviso dell’interrogatorio un’ora prima di farlo – dice l’avvocato Alessandra Perticarà che assiste il poliziotto -, non la vedo come una cosa eccellente, così come non vedo come cosa eccellente che le misure cautelari vengano emesse per una questione di equità e giustizia rispetto a quelle emesse un mese fa. Nell’ordinanza infatti si legge che la misura viene emessa “anche al fine di evitare disparità di trattamento rispetto ai soggetti nei cui confronti sono state applicate misure cautelari”, questa la motivazione per cui il pm propone le misure cautelari a due mesi dal compimento dei fatti imputati. Allora dico, uno: dov’è il pericolo di inquinamento delle prove e due dove sta il pericolo di reiterazione? Detto questo, faremo ricorso al Riesame».

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