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Coperti tagliati, obbligo di prenotazione
e distanza di sicurezza nei locali:
«Ma è difficile rispettarla»

IL CORONAVIRUS rivoluziona anche gli accessi nei bar e ristoranti. In alcuni posti si deve prenotare mentre in altri i tavoli sono stati distanziati a discapito del numero dei tavoli. Poi c'è chi lavora con la clientela affezionata e punta «soprattutto sulla pulizia perché è impossibile non avere un contatto»

Federica Carbini

 

di Alberto Bignami

Baci e abbracci vietati. Distanze di sicurezza da mantenere e altre regole per limitare la diffusione del Coronavirus che vanno a incidere sui nostri comportamenti quotidiani.
Basti pensare che il ristorante pizzeria ‘Napoli’s’ di via della Loggia, si è trovato a postare l’annullamento di un evento, scrivendo sulla bacheca Facebook che «A seguito dell’ordinanza emanata dalla Regione Marche sull’emergenza Coronavirus siamo spiacenti di comunicare che l’evento per la festa della Donna è stato annullato! Anche non essendo una manifestazione, ecc.. la Siae non rilascia permessi!». Altri locali, come il ‘Bàgolo Caffetteria’ di via Catelfidardo ha invece postato un invito a seguire le regole, ma anche a «non sovraffollare il locale, se c’è già parecchia gente aspetta che la massa si diradi. Prenota in anticipo, così ci organizziamo per evitare la calca» mentre Giuseppe Cingolani di ‘Qualità e Amore – Carni & Food’, proprio oggi ha reso noto che: «Il ristorante resterà aperto tutti i giorni a pranzo e cena, adottando i provvedimenti nel rispetto delle disposizioni del decreto di sicurezza in vigore, riducendo così parte dei tavoli e dei coperti per mantenere la distanza minima di un metro tra i commensali. Tali restrizioni resteranno attive fino a nuove disposizioni ministeriali».

Francesco Barzillona

Ogni locale si trova quindi costretto a cambiare quella che potrebbe essere la routine quotidiana ed è difficile far rispettare i consigli diramati dal Ministero della Salute. «Qui ci vediamo come fossimo tutti una famiglia – dice Federica Carbini della ‘Trattoria del Piano’ in piazza d’Armi – e tutta questa distanza di sicurezza non c’è perché ci si conosce tutti e, inevitabilmente, si tende a salutare come si è sempre fatto. La pulizia delle superfici, e non solo, è però continua. Vi è invece meno lavoro, calato del 20 o anche 30%. Il rappresentante ad esempio – spiega – passa molto di meno rispetto a prima e le famiglie, essendoci le scuole chiuse, pranzano a casa. Anche il giro dei caffè è minore poiché sono saltati i concorsi in Marina e il distaccamento si trova proprio al Piano. Stare poi distanti per uno o due metri è impossibile se si pensa che un contatto deve esserci per forza quando servo un caffè o altro». «Tendiamo ad avere un rapporto normale – dice Francesco Barzillona del bar pasticceria ‘L’angolo del Dolce’ di corso Carlo Alberto -. Puliamo di continuo le superfici, abbiamo vari detergenti antibatterici ma il contatto tra le persone avviene per forza, anche perché la clientela è quella affezionata: la conosciamo noi, si conoscono tra loro. Mantenere la distanza poi non è facile: basta pensare a quando si dà il resto. Capiamo la prevenzione, ma è un’arma a doppio taglio perché così facendo è calata ancora di più l’economia».

Elis Marchetti

«I clienti abituali, quando entrano si sentono a casa – afferma Elis Marchetti de ‘L’osteria della Piazza’ in piazza Ugo Bassi -. Non hanno questa paura di non stringerti la mano o di non salutarti affettuosamente perché ti vedono come una persona di famiglia. Noi, come azienda, siamo comunque ancora più scrupolosi del solito circa la pulizia e così è anche il cliente. Tutto ciò, a dir la verità, avviene soprattutto pur di avere questo contatto umano. Il rapporto umano infatti sovrasta una pandemia come può essere il Coronavirus. Ognuno poi ha le proprie precauzioni – prosegue – ma è anche vero che con il cliente non stiamo seduti a tavolino: si va a prendere l’ordinazione, si va alla cassa per pagare… è una sorta di cane che si morde la coda. Chi sa comunque di non stare bene o sa di giungere da zone rosse, è ovvio che di propria volontà dovrebbe stare a casa o controllarsi per il bene di se stesso e del prossimo. Sotto l’aspetto economico – conclude – si tratta di una situazione che certamente ha portato un flusso di persone in meno, e lo ha fatto in maniera grave. Noi ne risentiamo meno rispetto ad aziende che stanno a Milano, ma ne risentiamo ugualmente a nostro modo. In molti mangiano a casa ad esempio. In Germania, tramite amici, so che non c’è questo allarmismo che qui sta facendo morire l’economia».

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