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“Eco della sua terra”:
il cingolano Ivo Batocco
espone a Filottrano

ARTE - La mostra resterà aperta fino al 2 giugno nel complesso monumentale San Francesco.

L’inaugurazione della mostra

Il cingolano Ivo Batocco protagonista della mostra “Eco della sua terra” , inaugurata lo scorso 14 aprile a Filottrano nel complesso monumentale San Francesco (ex scuole elementari). La mostra curata da Alberto Mazzacchera e promossa dal Comune è patrocinata da Regione Marche e Accademia di Belle Arti di Macerata. Resterà aperta fino al 2 giugno dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 12,30, dalle 17 alle 20. L’ingresso è libero.

L’ARTISTA – La storia di Ivo Batocco (Cingoli, 1944) come il suo lungo itinerario d’artista sono inscindibilmente legati all’Adriatico e alla pittura figurativa che nelle Marche e attraverso le Marche tocca vette rare e assolute, temperature inusitate. Pressoché autodidatta apprende i rudimenti dell’arte pittorica grazie al cugino filottranese Raul Batocco (1934 – 2011), che Valeriano Trubbiani definisce “artista colto e dotato di fiuto straordinario”.
Gli anni della svolta prenderanno corpo solo quando, in maniera del tutto casuale, giunge a Cattolica nel 1975 dove apre il suo atelier che tiene fino al 1994.
Folgorato dal linguaggio di Pietro Annigoni (1910 – 1988) che ha l’opportunità di frequentare, ne conserva una traccia indelebile e vibrante nella sua pittura seppure decisamente rielaborata. Notevoli sono le sanguigne, contigue alla lezione del maestro milanese, che denotano una raggiunta padronanza della tecnica accanto ad una preservata freschezza ed immediatezza di tratto e che testimoniano una radicata predilezione per il vero abbinata alla capacità di saper cogliere e racchiudere nei ritratti mai accademici il dato psicologico. Il ritratto è uno dei punti di forza della sua pittura. Ne rimaneva incantata la scrittrice e poetessa Gabriela Melinescu (1942) che con acutezza annotava “ho visto Ivo Batocco all’opera davanti a modelli sciocchi o intelligenti. Si concentrava sul loro viso, denudava l’epidermide finché, dietro le apparenze, poteva scorgere il chiarore dell’anima”.
Le mostre personali di Batocco si susseguono in Italia e la sua pittura si fa apprezzare specie all’estero dove espone in Svizzera, Austria, Lussemburgo, Francia, Spagna e a San Marino. Ad Hesperange nel 1995 viene inoltre insignito della cittadinanza onoraria. Gradatamente le sue opere varcano l’ingresso di musei e pinacoteche italiane e straniere.
IL RITORNO A CINGOLI – Nel 1994 Batocco fa rientro a Cingoli manifestando l’esigenza di confrontarsi con una pittura che non sia solo quella da cavalletto. Un’aspirazione che trova negli anni successivi adeguato compimento. Nasce in tale differente angolatura nel 2003 Terra madre, opera polimaterica su tela (140 x 400 cm) collocata nella Sala Verdi del Palazzo Comunale di Cingoli. L’anno dopo una nuova prova l’attende con l’esecuzione del poderoso polittico polimaterico su tela Il suono di Euterpe nel cielo (3,75 x 12 m) per l’École de Musique ArcA di Bertrange. Per entrambe, come anche per la più piccola tela Le Phénix de Neumünster per la città di Lussemburgo (156 x 240 cm) Batocco fa ampio ricorso alle esperienze del periodo informale – materico che aveva affinato sul finire degli anni ottanta. Ampie campiture in cui egli dispiega un felice polimaterico dagli effetti a tratti tridimensionali, ricco di richiami simbolici e senza rinunciare (eccezion fatta per Il suono di Euterpe nel cielo) quasi si trattasse di una sua irrinunciabile necessità, all’inserimento della figura umana o di parti di essa. Una commistione tra parti dipinte con certosina abilità e superfici di derivazione materica che a tratti scuote i puristi ma che esprime la poetica di Batocco e il suo modo di intendere l’opera d’arte.
LE PALE D’ALTARE – Perché in lui la pittura sgorga priva di sovrastrutture. Senza che ciò assurga a teoria più o meno illusoria questa idea di purezza, questo modo fanciullesco di approcciare il mondo e di trasportarlo nella pittura è in Batocco una certezza piantata in profondità nel suo essere. Il suo sguardo francescano sulle cose del mondo si fa inevitabilmente pittura per pale di altare e opere chiesastiche di devozione: per la chiesa La Santa Famiglia di Collina di Santa Maria Nuova (Ancona); per la Sala Conferenze della Pinacoteca Internazionale d’Arte Francescana contemporanea di Falconara Marittima ; a Macerata dapprima per la chiesa di San Francesco e poi per quella dei Cappuccini; nell’auditorium Divina Pastora a Collina di Santa Maria Nuova (AN) mentre altri suoi dipinti entrano nella Curia Generale dei Frati Minori a Roma e poi a Bonn (Germania); per il Convento dei Cappuccini di Fermo.
In questa differente fase di Batocco che si sviluppa a mano a mano dopo il suo rientro a Cingoli, dove alcuni elementi dominanti del periodo cattolichino tendono a ridurre la loro portata due mostre in particolare contrassegnano una produzione che alimentata da una crescente vena spirituale si è addensata attorno a tematiche sociali di formidabile attualità: la povertà, materiale e culturale, che trasforma in clochard o in migranti.
Quando nel 2008 si presenta la mostra “Le vie della solitudine. Umanità senza traccia” nella sede della restaurata Villa Salvati in Monte Roberto, Batocco era più e più volte andato ad incontrare i clochard nelle grandi stazioni ferroviarie italiane. Con una visione romantica egli riporta sulla tela una realtà volutamente filtrata, edulcorata. Da un lato, infatti, vagheggia che dietro la “maschera” del barbone possa celarsi in fondo un naufrago eroe alla ricerca della propria Itaca. Dall’altro i confronti dialettici con i padri francescani e il tempo consacrato al lavoro attorno alle opere dei santi dell’Ordine hanno rafforzato la sua visione il che gli consente di calarsi nel pozzo di questa umanità senza traccia con lo sguardo poetico di San Francesco che, dal Duecento, trasporta in una dimensione dove la povertà (come la morte) può essere chiamata senza paura dall’uomo con il nome di sorella.

Seguendo il filone della povertà, e ancor più di una pittura vera a costo di dipingere soggetti non convenzionali, era inevitabile che l’artista si spostasse a scandagliare l’esodo caratterizzato dall’emigrazione italiana avendo quale elemento comune la povertà seppure con esiti e accenti diversi. Per il particolare tema trattato l’artista utilizza la forza della sua pittura figurativa, qui accentuata da evidenti contrasti luminosi, per creare attraverso sapienti campiture cromatiche un’efficace quanto opportuna decontestualizzazione di scene di storie individuali che ormai appartengono ad un vissuto più vasto, ad una memoria collettiva. La mostra è stata esposta tra il 2012 ed il 2014 in prestigiose sedi museali dalla città di San Marino a quelle di Grenoble, Lussemburgo, Roma, Assisi ed infine Cattolica.

LA MOSTRA DI FILOTTRANO – La mostra antologica realizzata nella città di Filottrano (a ventidue anni di distanza dalla precedente, per lodevole volontà dell’odierna Amministrazione Comunale) in occasione dell’inaugurazione dei restaurati spazi del complesso monumentale San Francesco destinati a pubblica biblioteca e centro culturale, è articolata in sezioni in grado di abbracciare larga parte della produzione di Ivo Batocco. Per motivi anche dimensionali non è stato possibile portare le citate opere di committenza francescana e pubblica.

Al contempo la mostra chiude con un’ampia sezione in larghissima parte inedita di opere di linguaggio informale – materico. Occorre precisare che non si tratta affatto di una novità poiché Batocco ha già con successo sin dalla fine degli anni ottanta, come peraltro testimonia anche una notevole mostra al Palazzo dei Congressi di Lugano del febbraio 1990 a cura di Armando Ginesi, affrontato un’articolata ricerca su questo fronte. Una produzione astratta, tra anni ottanta e novanta, che per Ginesi ha la forza di riassumere le precedenti esperienze rinvenendovi “il ‘sapore di egittologia’, la ‘misura’ rinascimentale, le seduzioni barocche, la sinuosità sfaldante della pittura tardo-impressionista che avevano caratterizzato la precedente produzione figurativa, una pittura ‘alfabetica’ che faceva riferimento a un substrato litico e nutriva le proprietà della scultura”.
Una fase, quella astratta, con la quale poi Batocco ha contaminato una porzione della sua pittura figurativa specie quella a destinazione pubblica.
La sequenza di opere (polimaterici su tela ma anche alcune sculture in bronzo che sono, queste sì, una novità per Batocco) ricompresa sotto il titolo Corrosioni cerca di portare sulla tela suggestioni ed emozioni che scaturiscono dinanzi alla distruzione sia dell’armonia che tiene in equilibrio il rapporto dell’uomo con il mondo naturale e sia degli elementi basilari per la vita umana ed animale. All’interno di questa serie di opere è anche un tentativo di scandagliare la trasformazione del mondo sociale e culturale sulla spinta della poderosa rivoluzione scientifica.
Si tratta di una fase, che come in precedenza non sostituisce le altre che tendono a vivere in parallelo, e che è una sorta di continuazione della precedente inseribile nel filone storico dell’Informale materico senz’altro come metodo di lavoro e come liberazione degli strati profondi della psiche. Perché a ben vedere Batocco in tutta la sua pittura porta anche quella sua insopprimibile esigenza di libertà mista ad una dose di ribellione più o meno trattenuta che ha più volte marcato la sua vita.

(I testi sono tratti dal catalogo di mostra Ivo Batocco: eco della sua terra a cura di Alberto Mazzacchera)

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